Sempre più spesso, negli ultimi anni, agli alti e altissimi livelli (musei cult, grandi rassegne internazionali come Manifesta, documenta, Biennali principali ecc.), vediamo il genere pittura emarginato o ghettizzato. A parlare di pittura con i più importanti curatori (Obrist, Enwezor, Bonami, Gioni, Biesenbach, Bourriaud, Hoffmann, ecc.), si corre il rischio di apparire anacronistici. Eppure, tra le pieghe del mercato alto o basso, la pittura ancora persiste e in alcuni casi impazza, batte i suoi propri record per stabilirne sempre di nuovi. Che si tratti solo di collezionismo grossolano e poco colto, oppure anche i grandi collezionisti di tendenza si circondano di pittura? La pittura vive e feconda solo tra collezionisti bauscia e artisti di livello medio basso? Non dimentichiamo, infatti, la frase attribuita a Duchamp che spesso ritorna: “Stupido come un pittore”.
Forse veramente possiamo parlare di pittura come lingua morta? Si tratta di terrorismo culturale da parte di alcuni curatori snob oppure di una obsolescenza storica di una disciplina che ormai mostra le rughe?
Flash Art ha interpellato alcuni critici, curatori e artisti.
Massimiliano Gioni
Direttore artistico della Fondazione Trussardi di Milano e Direttore dei Progetti Speciali al New Museum di New York
Credo che molti curatori stiano difendendo la pittura. Si pensi a Hans Ulrich Obrist e alla sua dedizione a Gerhard Richter: non ricordo nemmeno quanti libri Obrist abbia pubblicato su di lui. Laura Hoptman ha sempre incluso la pittura nelle sue mostre e si è appena occupata di grandi mostre dedicate a pittori quali Elizabeth Peyton e Tomma Abts. Senza parlare di un curatore come Francesco Bonami, che è un grande sostenitore di questo medium: alla Biennale di Venezia del 2003 organizzò una sezione intitolata “Pittura: da Rauschenberg a Murakami” che fu il fulcro della mostra. Parlando della mia generazione, penso che il dibattito “pittura vs non-pittura” sia diventato abbastanza sterile. L’unico problema che vedo in questo momento è tra buona e cattiva arte. Questa distinzione basata su qualsivoglia medium o tecnica sembra appartenere al passato.
Jens Hoffmann
Direttore del CCA Wattis Institute di San Francisco
Ancora una volta si parla della morte della pittura. Quante volte l’abbiamo fatto finora? Nulla è cambiato. Vedere una mostra di pittura è come assistere alla danza della morte. Non voglio scartare la pittura in toto, nutro solamente seri dubbi circa la sua capacità di contribuire al progresso dell’arte. La sua popolarità è dovuta a: 1. La pittura rappresenta ancora nella mente di chi si trova al di fuori del mondo dell’arte ciò che le arti visive dovrebbero essere. 2. Il mercato ama i quadri poiché i collezionisti amano i quadri; per loro è arte comprensibile e per certi versi funziona anche come decorazione d’interni. 3. Molti artisti amano la sfida di lavorare con qualcosa di così storicamente ricco, di cui apparentemente non può essere detto niente di nuovo. La mia conclusione: la pittura è morta, lunga vita alla pittura!
Hou Hanru
Direttore del San Francisco Art Institute
La questione non ha mai rappresentato un problema per me. Nella mia pratica critica e curatoriale ho sempre trattato le opere pittoriche e i pittori in modo non depenalizzante. Se è vero che, in quanto “arte tradizionale”, la pittura è stata vista dalla nostra generazione come un linguaggio conservatore e reazionario, ci sono pittori che continuano a sfidare i canoni stabiliti che la pittura comporta attraverso l’apertura dei suoi limiti spaziali e temporali, enfatizzandone la componente performativa o mixandola con altri media. Fare pittura oggi è difficile perché molte possibilità legate al suo potere d’espressione si sono esaurite nel corso della Storia. Inoltre ha troppi legami con l’attuale confusione tra valore artistico e valore di mercato. Ma non penso sia morta, l’importante è non isolarla come un sistema chiuso che dovrebbe essere feticizzato o condannato. I grandi quadri oggi sono rari, ma quando si presentano sono delle vere meraviglie.
Kelley Walker
Artista
Non mi sono mai considerato un pittore, dovrei?
Beatrix Ruf
Direttrice della Kunsthalle di Zurigo
Non vedo questo “terrorismo culturale” da parte di curatori snob o l’obsolescenza storica di una disciplina che ormai “mostra le sue rughe” quanto, piuttosto, una emancipazione del medium pittorico dai suoi doveri storici e conservativi di rappresentare l’“arte”. C’è quindi più un uso e una discussione critica della pittura nel contesto della produzione dell’arte contemporanea che si afferma in vari media de-gerarchizzati. Molti artisti intelligenti usano il supporto pittorico come un modo per creare immagini del presente, ma ci potrebbe essere, per riprendere le parole di Duchamp, una “stupidità della ricezione”.
Dan Attoe
Artista
Questi tipi di discorsi li sentivo quando lavoravo al Walker Art Center di Minneapolis, alle conferenze che si tenevano. Sembrava sempre solo un modo per mettersi in mostra da parte del critico o del curatore di turno, in concomitanza di una mostra di pittura. La gente del mondo dell’arte potrebbe aver l’impressione di non vedere mai un quadro che tratti temi importanti o che proponga qualcosa di nuovo. Questa è una giusta valutazione. In ogni caso, dire che la pittura è “morta” per me equivale a innalzare solo una bandiera rossa sul giudizio di quella persona. Ogni idea deve assumere un qualche tipo di forma e la pittura viene ancora usata per comunicare idee. Dunque anche queste idee sono morte? Non possiamo guardare le cose senza doverci preoccupare di quanto la forma sia nuova abbastanza? D’altra parte, anche a me a volte piace dire cose scioccanti. La gente può dire “la pittura è morta” tutte le volte che vuole. Non mi importa.
Anselm Franke
Curatore
Ogni forma d’arte ha legami intimi con un “progetto”. La “pittura” non esiste, esistono solo questioni di pittura, che compongono quello che chiamo progetto e che può riferirsi a qualcosa di collettivo o di individuale e idiosincratico. Ogni progetto negozia il presente attraverso un accordo e un’analisi radicale del passato e del contesto sociale, e una forma d’arte si mantiene viva finché c’è un’ulteriore radicalizzazione di tale progetto. Ecco perché la pittura di Gerhard Richter avrà sempre valore, a differenza di molta altra pittura attuale. È vero che, se la pittura esplode nel mercato, la negoziazione del passato e del contesto sociale si sta in realtà verificando altrove. L’odierna crisi economica potrebbe aiutare. A lungo andare non sarebbe una buona idea identificare totalmente il successo nel mercato con la rilevanza storica, perché non dovremmo seguire quelli che credono che la storia dell’arte sia scritta dai grafici delle tendenze di vendita. O nel frattempo abbiamo rinunciato all’idea di Storia? Sarebbe davvero deprimente, perché rinunceremmo alla migliore delle discussioni!
Kirstine Roepstorff
Artista
Non vedo i media indipendenti l’uno dall’altro, per me sono strumenti diversi. Nulla è stabile, le questioni e i problemi vanno e vengono. Tutto passa di moda, altrimenti ogni cosa perderebbe il suo dinamismo.
Gianni Jetzer
Direttore dello Swiss Institute di New York
Marcel Duchamp diceva anche: “Non credo nell’arte. Credo negli artisti”. Personalmente non credo nella piattura, nel video o nella scultura. Credo negli artisti. Le mode (o il loro contrario) sono solo intrattenimento, e a cadenza regolare predicono la predominanza di questo o di quel medium. Questo non è molto interessante. Ci sono grandi pittori là fuori! Dobbiamo smettere di isolare la pittura dagli altri media. Manteniamo le diversità ed evitiamo le monoculture.
Kika Karadi
Artista
Il linguaggio è il linguaggio. Dipingere è dipingere. Probabilmente l’abuso di gesti ripetitivi da parte di artisti che abbiamo scelto di apprezzare e la loro integrità concettuale sono diventati meno stimolanti. Quello che è inquietante è la mancanza di evoluzione in tutte le forme d’arte. Per me la pittura è un medium vivo e molto prossimo al mio destino fisico come essere umano. Mi interessa un sistema organico, che erediti l’intelligenza dalla persona che osserva, una sorta di regno non-informato dove l’illusione è interpretata e il suo percorso intuitivo coinvolge l’esperienza di vita. Nella mia ricerca l’utilizzo di un medium non dipende da un’“astrazione dalla realtà” o da un’“astrazione dall’astrazione”. Costruisco uno spazio semi-naturale che attiva degli inneschi emozionali.
Laura Cherubini
Critica d’arte e curatrice
Così come il computer non ha ucciso il libro ma gli si è affiancato, altre tecnologie si sono affiancate alla pittura, senza mai soppiantarla. È vero che la pittura è ghettizzata, che vola nel mercato basso? Conosco grandi collezionisti che comprano pittura e grandi galleristi che la mostrano e la vendono. Sono da poco tornata da New York dove Gagosian esponeva Cecily Brown, una delle migliori pittrici americane della sua generazione. Ero a New York per allestire al P.S.1 la mostra di Gino De Dominicis, artista a 360°, che nella pittura profondamente ha creduto e ci ha fatto credere. I più importanti curatori internazionali, Obrist, Bonami, Gioni, Biesenbach, Bourriaud amano molto De Dominicis. Kounellis si è sempre ritenuto un pittore, Bill Viola anche. Abbiamo appena visto alla GNAM di Roma il talento pittorico di Mario Schifano e alla Tate Modern uno dei più grandi pittori di tutti i tempi: Cy Twombly. Sulla scena internazionale sono vitali le presenze di artisti che vanno da Polke e Richter a Francesco Clemente, Salle e Ackermann. In Italia ci sono Carla Accardi, Salvo, Mimmo Paladino, Nicola De Maria… Ma anche tra i più giovani la qualità non manca: Simone Berti, Stefania Galegati, Valerio Carrubba, Rossana Buremi… La qualità è il problema. La pittura è talmente poco “lingua morta” che artisti come William Kentridge o Vanessa Beecroft, più noti per video o performance, hanno alla base del loro lavoro la pittura e il disegno. La pittura può essere energia generatrice. E poi come si fa a parlare di “pittura lingua morta” quando c’è Anselm Kiefer?
(Traduzione dall’Inglese di Francesca Cogoni)