Raffaello Sanzio, “stimolato da’ prieghi d’un cameriere di papa Giulio, dipinse la tavola dello altar maggiore di Araceli, nella quale fece una Nostra Donna in aria […], un S. Giovanni ed un S. Francesco e S. Girolamo ritratto da cardinale ”. E inoltre “si conosce nella figura del S. Giovanni quella penitenza che suol fare il digiuno, e nella testa si scorge una sincerità d’animo e una prontezza di sicurtà, come in coloro che lontani dal mondo lo sbeffano, e nel praticare il pubblico odiano la bugia e dicono la verità. Similmente il S. Girolamo ha la testa elevata con gli occhi alla Nostra Donna, tutta contemplativa, ne’ quali par che ci accenni tutta quella dottrina e sapienzia che egli scrivendo mostrò nelle sue carte”. Con queste parole Giorgio Vasari nelle sue Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti descrive la Sacra Conversazione, nota usualmente come Madonna di Foligno. Il pontefice è Giulio II; il “cameriere”. Sigismondo de’ Conti, segretario papale e umanista; l’opera era stata destinata all’altare maggiore della chiesa francescana di Santa Maria in Aracoeli, dove sarebbe rimasta fino al 1565, quando, per volontà degli eredi del de’ Conti, venne trasferita a Foligno, città natale del committente.
Il dipinto costituiva originariamente un ringraziamento di Sigismondo alla “madre di Cristo” che avrebbe protetto il suo corpo e la sua casa dalla caduta di un proiettile celeste sulla città umbra. Il gioco delle simmetrie fa del quadro una vera e propria struttura architettonica i cui elementi sono le figure umane: segni visibili di una sottesa armonia dell’invisibile. Il senso di tutta la composizione è così colto ancora dal Vasari: Francesco “con la testa elevata guarda in alto la Nostra Donna, ardendo di carità nell’affetto [ovvero nell’espressione] della pittura, la qual nel lineamento e nel colorito mostra che ei si strugga di affezione, pigliando conforto e vita dal mansuetissimo guardo della bellezza di lei”. Raffaello realizza con questa scelta figurativa e stilistica la concezione neoplatonica per cui le forme belle sono armonia di linee e di colori. Francesco de Sanctis: scrive nella Storia della letteratura italiana a proposito della figura femminile nei dipinti di Raffaello che qui si trattava di rendere l’armonia con purezza e riposo di forma. Il grande critico letterario citava opportunamente la lettera che Raffaello aveva scritto a Baldassarre Castiglione dopo aver dipinto la Galatea (1514): Le dico che per dipingere una bella mi bisogna veder più belle con questa condizione, che V.S. si trovasse meco a far scelta del meglio. Ma essendo carestia e di buoni giudici, e di belle donne, io mi servo di certa idea che mi viene nella mente. Se questa ha in sé alcuna eccellenza d’arte, io non so: ben mi affatico di averla”. Non stupisca, dunque, che un’analoga “fatica” da parte di Raffaello operi nella Madonna di Foligno per rappresentare la bellezza di “Nostra Donna”, ciò della genitrice di Gesù. L’intelligenza soprasensibile è resa visibile con un’armonia di linee e colori che traduce in cose visibili una teologica invisibile armonia. Potentemente “l’artefice” (cioè Raffaello stesso) realizza tutto ciò sullo sfondo di un Sole contro cui si staglia la figura della madre di quel “figliuolo” dotato di “vivezza e bellezza”, come scrive ancora il Vasari. Per dirla con Plotino, ciò che è intelligibile si manifesta da un luogo invisibile e sorge lassù sopra le realtà terrene, inondando tutte le cose coi suoi raggi. Alcuni sono incapaci di sopportare [quella] luce, come avviene col Sole; ma altri sanno reggerla e guardano tutte verso l’Intelligenza e verso il suo Mondo. […] Questa illumina ogni cosa e inonda di luce coloro che si trovano in quei luoghi, col risultato che loro stessi divengono belli. Più sobria e incisiva è l’altra probabile fonte dell’icona realizzata da Raffaello. Il bagliore solare non abbacina lo sguardo di chi, dotato appunto di plotiniana intelligenza o di agostiniana fede che è premessa della comprensione stessa, è in grado di contemplare quell’intreccio di virtù che è costituito dall’insieme di Maria (“Nostra Donna”) e del Figlio suo, vera forma dominante che conferisce armonia celeste a una scena che altrimenti potrebbe sembrare puramente terrestre: l’amore di una madre, la postura di un bambino che scherza col manto di lei, le altre figure umane, troppo umane, che completano la composizione. Ovviamente, il dipinto di Raffaello è anche tutto questo; ma il fatto di offrire una visione dell’invisibile è ciò che ne fa una prova d’armonia.