
Tra il 2005 e il 2006 Rossana Buremi realizza una piccola serie di opere a tema erotico: cinque teche di 25 centimetri per lato, e profonde 4, che contengono esplicite scenette in costume, abilmente modellate con plastiline multicolori. In Questo amore moderno, per esempio, una signorina intrattiene contemporaneamente tre esuberanti gentiluomini; mentre in Sogni di protagonismo i partner della fanciulla di turno si riducono a due ma al festino prende parte anche un compiacente barboncino, mentre intorno svolazzano rubicondi falli alati. L’impiego di un materiale destinato a giochi infantili come il pongo, e il suo conseguente contrasto con i contenuti “vietati ai minori”, nonché la scelta di titoli improbabili, tratti dalla serie di romanzi rosa Harmony, contribuiscono a provocare un sorriso come prima reazione di fronte a queste opere. Esse appaiono come oggetti proibiti provenienti dalla collezione privata di un signore d’altri tempi dissacrati dall’irriverenza di un adolescente contemporaneo. In realtà i lavori di Buremi sono il sintomo di una monomania che di dilettevole ha ben poco. L’artista stessa si definisce “una monomane e questo perché trovo vi sia in tale definizione tutta l’essenza di una vera e propria malattia. Ma una malata che non crede a nessuna possibile forma di salvezza, di cura”. Quale sia la malattia che l’affligge non ci è dato di sapere (ma a tratti si intuisce possa essere l’ossessione per l’umana mortalità). Ciò che conosciamo è l’opera, interfaccia tra l’artista e il suo pubblico, e probabile veicolo di trasmissione della malattia, in cui vengono messi in scena spazi “con un margine di sopravvivenza limitatissimo con soggetti che reagiscono tra loro in modo monotono” dove il tormento per l’impossibilità di riscatto viene visualizzato in una bidimensionalità coercitiva e claustrofobica. Infatti, guardando attentamente le scene erotiche si vedono i corpi premuti contro la lastra di vetro che sigilla le teche. Uno schiacciamento che caratterizza anche i lavori più recenti che, pur essendo prevalentemente pittorici e avendo trasceso l’angusto perimetro 25 x 25 cm, insistono sulla sottolineatura della bidimensionalità — attraverso l’impiego di inserti di plastilina sempre compressi dal vetro — come sul tema erotico scelto perché in esso “si sente quel sentimento di caparbietà che è di ogni esigenza, quella colpa, quel non voglio perché non posso”.