Fluxus è stato uno di quei movimenti che si è spezzato in favore dell’unità. Il movimento internazionale degli anni ‘60 e ‘70 dissolse le categorie artistiche in favore di ciò che l’artista, editore e teorico, Dick Higgins coniò sotto la definizione di Intermedia, formulando progetti sperimentali che privilegiassero il processo a discapito del resto. In “Sense sound / Sound sense”, la Fondazione Bonotto — la più grande collezione di documentazione Fluxus in Italia —incontra la Fondazione Musica per Roma con lo scopo di portare alla luce la proliferazione di spartiti musicali e album prodotti rispettivamente dai movimenti Fluxus e ZAJ.
All’interno di un’accurata selezione di sculture, manifesti, copertine di vinili e opere sonore, sono le partiture e le tecniche notazionali – quando si incontrano nelle varie vetrine – a essere le più illuminanti per un occhio contemporaneo. I fogli di Piano Album: Short Piano Pieces (1980) di Higgins presentano spartiti musicali e istruzioni per l’esecuzione. In Touch # 1 for Piano i-maestoso, forse in eco al compositore Johannes Brahms, una grande foglia di Sicomoro è sovrastampata su una partitura vuota, come se la sua fibra striata e delicata e la sua forma planare potessero risvegliare la profondità del maestoso stesso. E ancora, in ii – erotico un uomo nudo e una donna nudi stanno tra una frase che recita: “scegli una di queste”. Questi spartiti si allontanano dalla notazione musicale predefinita, trasmutando la chiarezza mediante la cacofonia – sia essa trasandata o elegante.
“Sense sound / Sound sense” affronta l’imposizione alla chiarezza come una foschia, sintomo che annebbia le possibilità di comunicazione. Le sculture in mostra sono indice della capacità di generare significati attraverso una manipolazione rudimentale. Ad esempio, il Music Kit Xylophone (1975) di Joe Jones contiene tutti gli elementi separati per costruirsi il proprio strumento, mentre Mieko Shiomi in Bottled Music (1993) mostra dieci fiale di vetro all’interno di un mobile, ognuna contenente piccole compresse o cristalli. La numero 9 è Ready to Blend Expressions, che recita una stravagante direttiva: “prendi tutte le compresse insieme”.
La Caccia. Quartetto No.2 (1997) di Walter Marchetti è una registrazione in loop nella quale i performer eseguono richiami per uccelli mentre azioni silenziose sono rese reali attraverso la visione, il gusto, il profumo, il tatto; la vetrina di accompagnamento mostra le diverse espressioni facciali necessarie a evocare tali richiami. I mormorii agitati si intrecciano con An Embryo of Music (1995) di Shiomi – una bottiglia di vetro con sei tappi su cui sono incise le lettere che compongono la parola “minuet” e riempita con una cassetta srotolata del Minuetto di Mozart – che risuona nella galleria. Quella di Shiomi è la marcia indietro della notazione musicale, contenente la partitura finale spiegazzata all’interno del suo contenitore di vetro.
Inevitabilmente, gli ephemera presentati suggeriscono che Fluxus è servito vero solo se dal vivo. La Piccola musica notturna (a modo de meditacion profunda) (2002) di Marchetti, composta da candele votive bianche soffuse all’interno di una custodia di violino vuota, è animata tanto quanto un’impronta sulla sabbia. Contiene la partitura scritta che indica ai partecipanti di accendere e spegnere le candele in qualsiasi ordine, o tutte insieme, fino al raggiungimento dell’illuminazione. Allo stesso modo, il materiale documentario è meno efficace se letto come mero materiale esplicativo – è migliore invece quando è poetico e grafico, quasi come un contro-progetto.
Ritorno per un momento a Higgins e alla sua The Thousand Symphonies (1981–91) che attraversa le sinfonie della storia come un atto di violenza e imposizione, in qualche modo incarnato dalla figura del direttore d’orchestra. Qui Higgins ha sparato sulle pagine del pentagramma, facendole circolare tra alcuni performer. Ognuno di loro ha dovuto interpretare gli strappi così come apparivano — con l’angolazione e la profondità che ne determinavano il timbro e l’orario —, altrimenti col silenzio. Come bruciature di sigarette le strisce di carbone e le macchie cremisi trasformano il foglio in una nuova parodia, un’altra abrasione tattile e contenuta sulla coerenza.