Maurizio Cattelan: Ciao Seth, sto pensando a qualcosa di diverso. Probabilmente sai che a volte i lettori mandano le loro domande rivolte agli artisti ai giornali… e io ne ho alcune per te.
Seth Price: Non immaginavo che l’avresti fatto, così direttamente. Pensavo che me ne avresti scritte alcune o addirittura avresti copiato un’altra intervista, insomma qualcosa del genere.
MC: Divertente, sì. Ma questa volta è un po’ diverso. Alcuni pensano che il mio lavoro sia apolitico, e non ho mai capito perché! Dunque ho qui pronte alcune domande politiche per te.
SP: Domande politiche? Sono dei lettori?
MC: No, non sono di Flash Art, in realtà non sono nemmeno delle vere domande, né probabilmente politiche. Ma stavo pensando: tu sei americano e la rivista europea…
SP: Okay.
MC: Allora iniziamo. “A Milano, Raymond Aron ha da poco decretato ‘la fine dell’Era delle ideologie’. Ci si potrebbe chiedere se il tempo è dalla sua parte”.
SP: È interessante. Beh, chiunque si trovava al di là della Cortina di ferro sarebbe stato d’accordo. Anche nell’Europa occidentale negli anni Cinquanta… Il fatto è, e lui parla in un contesto socialdemocratico, che bisogna comprendere qual è il sistema più compiacente. I socialdemocratici che spadroneggiano dagli anni Sessanta, la generazione che è cresciuta durante gli anni Trenta o quella della Seconda guerra mondiale? Tutti anelavano alla sicurezza e si sono ribellati alla mobilitazione politica, girandogli le spalle. Conoscevano solo la pace, la stabilità politica e il welfare. E se questi principi sono stati dati per scontati, allora si è creato maggiore stress rispetto ai “passi falsi”.
MC: Ai passi falsi?
SP: Da un lato, i decenni postbellici in Europa sono economicamente paragonabili alla gloriosa Età dell’Oro, ma in termini storici le città europee hanno sofferto in maniera tremenda. Le città più grandi come Francoforte, Bruxelles e Londra sono state completamente ricostruite secondo una pianificazione urbanistica incredibilmente sconsiderata. Così c’erano l’aumento delle nascite e gli immigrati dalle campagne in cerca di lavoro, che venivano ammassati in enormi edifici fuori dai confini della città; per esempio le Grands Ensembles in Francia o le Tower Block in Inghilterra.
MC: Conosci Philippe’s piece?
SP: … che sono praticamente slum. Non c’è attenzione ai servizi, al lavoro, nessuna presenza di aree per lo svago, né certamente alcuna prevenzione dell’eventuale alienazione dei residenti, cosa che fa parte della vita civile.
MC: Va bene. Eccone un’altra: “Quando ero bambino a Milano e guardavo una Lancia pensavo quanto fosse bella. Crescendo, quando sono stato in grado di comprarne una, ho capito che lo stile può nascondere un telaio di cattiva qualità”.
SP: E allora? Devo commentare questa affermazione?
MC: Se ti va.
SP: Beh, l’intero concetto di stile europeo era particolarmente nuovo. Le macchine italiane, il cioccolato belga, gli utensili da cucina francese. Tutto ciò che viene “feticizzato” dagli americani, e che indossava Jackie Kennedy. I mobili danesi. Ma ciò non succede se guardi alle generazioni predenti, per esempio a quelle degli anni Cinquanta.
MC: A me interessano gli anni Cinquanta. Una decina d’anni prima che tu nascessi. Conosci Il Conformista di Alberto Moravia?
SP: Sì, anche se non l’ho letto. Comunque gli anni Cinquanta erano strepitosi in Europa da un punto di vista culturale. Parlando di libri c’erano La caduta di Albert Camus, Il tamburo di latta di Günter Grass: testi coraggiosi. Oppure L’amante di Lady Chatterly di D.H. Lawrence, che addirittura viene portato in tribunale intorno al 1960, e altri ancora. L’assoluzione di Lawrence segna praticamente l’inizio del declino dell’autorità morale dell’establishment inglese.
MC: “Israele ora ha legato la sua fortuna a quella dell’Occidente e il diavolo ci mette lo zampino”.
SP: Questo mi fa pensare anche all’Inghilterra, specialmente alla luce dell’Iraq. In un certo senso tutti questi legami vengono a galla a quel tempo… L’Inghilterra e Israele hanno stabilito delle relazioni politiche con l’America durante la crisi di Suez.
MC: Potresti spiegarmi meglio? Non sono così…
SP: L’Inghilterra, praticamente ormai priva di qualsiasi velleità imperialistica, si era sottomessa a Washington. Anthony Eden si era dimesso. Eisenhower penso che avesse perfino minacciato di compromettere la sterlina, che doveva essere mortificata. Israele, di conseguenza, da allora si è completamente allineato a Washington. Per loro era abbastanza chiaro che se vuoi ingannare la comunità internazionale e invadere di nascosto i paesi limitrofi, non vuoi avere alle spalle i francesi o gli inglesi, quello che vuoi sono gli americani. Tutto ciò è stato avallato e loro ovviamente ne sono soddisfatti.
MC: Okay… “Gli anni Sessanta sono stati certamente gli anni della ‘Rivoluzione degli Intellettuali’”.
SP: Sinceramente non lo so. Gli anni Sessanta certamente non sono stati nulla se paragonati al 1848. Non ho idea di che cosa voglia dire “Rivoluzione degli Intellettuali”, mi sembra un’interpretazione perdente. Invece direi che la lotta per i Diritti Civili ha rappresentato negli Stati Uniti un movimento rivoluzionario… Dipende da che punto di vista si osserva la questione. Il ’68 è l’anno in cui i carri armati hanno invaso la Cecoslovacchia. Ma sono lo specchio degli europei occidentali, di Leszek Kołakowski? Probabilmente no.
MC: “Croissant con ordinazione a parte di Mao: cosa mangiano gli studenti europei?”.
SP: Nel dopoguerra c’è stata l’esplosione demografica, una enorme quantità di giovani, tutti all’improvviso. Ma allo stesso tempo, la maggior parte delle università ha cambiato i criteri di ammissione in modo da far entrare tutti quanti. Si è arrivati alla cifra di 60 mila studenti, e il sistema non li può supportare. Specialmente in Italia.
MC: Sì. Me lo ricordo, mi ricordo la folla. C’era anche il sesso, o almeno se ne parlava.
SP: Nonostante gli “Swinging Sixties’” siano probabilmente noiosi rispetto agli anni Venti o alla fine del 1800. Ma torniamo alla tua domanda: Mao probabilmente ha esercitato un certo fascino più in Italia che in Francia. Dunque, invece dei croissant…
MC: Scusa se ti interrompo, questa è stupenda: “I nostri genitori si esprimevano con i cappelli, noi con i capelli!”.
SP: Sono certo che hai visto le foto di Tarsia, i dimostranti italiani con i copricapo di Kossuth e quelli di Lenin. E i baffi. Tutto look proletario. Penso che la mania per i capelli sia più americana, forse per via della cultura hippy. Per qualche ragione, se guardo agli europei, penso a Carnaby Street, a Street Fighting Man. Suppongo sia inglese.
MC: I Rolling Stones.
SP: Sììì! Che comunque sono abbastanza codificati. I Rolling Stones provengono dalla classe media londinese, e i Beatles da quella operaia di Liverpool. E questa differenza li ha portati a utilizzare differenti strategie di marketing. Per quanto concerne la loro immagine, sono andati in direzioni opposte. Si dice inversamente proporzionale, no?
MC: Dunque, questa è politica.
SP: Sì, ma non rinneghiamo il lato frivolo degli anni Sessanta. Tutti questi cambiamenti culturali sono stati un modo per i giovani di dare un taglio netto alla generazione precedente ancora al potere. Adenauer, De Gaulle, Macmillan, persino Khrushchev sono nati nel XIX secolo.
MC: Sì, va bene, ora le cose sono molto più veloci. “Prima Linea, Lotta Continua, Potere Operaio, Autonomia Operaia, Avanguardia Operaia, Nuclei Armati Proletari, Nuclei Armati Rivoluzionari, Formazioni Comuniste Combattenti, Unione Comunisti Combattenti, Potere Proletario Armato”.
SP: Non ti capisco, ma penso siano gruppi politici di sinistra. Sono nati negli anni Settanta?
MC: Sì, hai vinto il primo premio!
SP: Tutti questi gruppi… suonano come una ninnananna. Si può dire, forse anche per i nomi, che in Italia avete alleanze molto più serie fra studenti e lavoratori. In Francia, ogni cosa che viene da Nanterre è degna di attenzione, ma c’erano anche orribili relazioni lavorative. E non intendo solo la Renault, ma anche la ORTF (Office de Radiodiffusion-Télévision Française, ndr). In tutta Europa. Forse non in Scandinavia, ma abbastanza negli altri paesi. Basta paragonare le Brigate Rosse alla RAF tedesca. Ci sono così tanti punti di contatto con il mondo operaio.
MC: “Che cos’è successo da poco a Helsinki?/Potresti pensare che i Rossi siano troppo rumorosi/Ma ora che hanno vinto/Lo vedrai in tempo/L’orso diventerà paccottiglia”.
SP: I sovietici hanno tratto dei benefici dagli Accordi di Helsinki all’epoca.
MC: Lo hanno già fatto, no?
SP: Ne hanno tratto benefici tutti. Ma Helsinki ha gettato le basi per i gruppi dei dissidenti europei occidentali, come Solidarność o similari. Perché, certamente, questo vuol dire che in Occidente sono stati accettati Potsdam, i confini, gli Stati sovietici satelliti, ma allo stesso tempo l’Occidente ha il limite di non avere posto attenzione — voglio dire che li hanno visti come specchietto per le allodole — alla più generica affermazione dei diritti umani: come la libertà di religione o di pensiero. E Brežnev si impegna in questo riconoscimento nel 1975. Probabilmente in modo cinico, come fosse parte di un pacchetto. Mi immagino che l’abbia rinnegato subito dopo: quando tutti i dissidenti bloccavano questo documento, il mondo intero lo vedeva firmare.
MC: “Nove mesi dopo il Big Bang, la Thatcher fra i Laburisti — No”.
SP: Vai avanti.
MC: Esiste la parola limite.
SP: Eh sì. A metà degli anni Ottanta il mercato inglese era completamente deregolato, i sostenitori di Friedrich Hayek andati. Lo hanno definito il “Big Bang”. L’intero programma della Thatcher era basato sulle parole “privatizzare, privatizzare”, anche se penso che tutta l’Europa fosse privatizzata. Mitterand avrebbe dovuto applicare una sorta di programma nazionalista socialista, ma in un anno ha fatto completamente marcia indietro, è ha dovuto restituire tutto ciò che aveva preso.
MC: “Unione Europea, te la sei voluta. Fantastico!”.
SP: E arriviamo immediatamente agli anni Novanta.
MC: Hai assolutamente ragione, tutto questo proviene direttamente dal periodo postbellico.
SP: Negli anni Novanta, per certi aspetti l’Unione Europea somigliava agli Stati Uniti, in maniera particolare per quel che concerne una sorta crescente di sottoproletariato, purtroppo trascurato, in mezzo a una ricchezza senza precedenti. Ti rendevi conto che ci avvicinavamo all’era in cui il concetto di welfare cominciava a tramontare. Inizia a circolare in sordina una sorta di pessimismo. È qui, nella tua affermazione. L’intero concetto di Europa, o al limite di Unione Europea, potrebbe avere vita breve, specialmente se la Destra ultranazionalista raccoglie maggiori consensi.
Cioè, ad un certo punto l’FPO (Partito della Libertà, ndt) in Austria è stato il più votato dalla generazione under trenta, mentre il Fronte Nazionale miete successi nei distretti a maggioranza comunista. Il che sembra riflettere una logica grottesca. E lo sai cosa succede se la Turchia alza gli scudi…
MC: (Fa finta di spararsi).
SP: Noo! Divertente, stavo pensando al tuo scoiattolo che tenta il suicidio in una piccola cucina europea. Comunque bisogna sottolineare che durante gli anni Settanta in Italia c’erano molti meno suicidi rispetto al resto degli altri paesi, per esempio la Danimarca, l’Austria o la Finlandia. Chi sa perché?
MC: Io lo so.