Sempre più spesso, negli ultimi anni, agli alti e altissimi livelli (musei cult, grandi rassegne internazionali come Manifesta, documenta, Biennali principali ecc.), vediamo il GENERE PITTURA emarginato o ghettizzato. A parlare di pittura con i più importanti curatori (Obrist, Okwui Enwezor, Bonami, Gioni, Biesenbach, Bourriaud, Hoffmann ecc.), si corre il rischio di apparire anacronistici. Eppure, tra le pieghe del mercato alto o basso, la pittura ancora persiste e in alcuni casi impazza, batte i suoi propri record per stabilirne sempre di nuovi. Che si tratti solo di collezionismo grossolano e poco colto, oppure anche i grandi collezionisti di tendenza si circondano di pittura? La pittura vive e feconda solo tra collezionisti bauscia e artisti di livello medio basso? Non dimentichiamo, infatti, la frase attribuita a Duchamp che spesso ritorna: Stupido come un pittore.
Forse veramente possiamo parlare di PITTURA COME LINGUA MORTA?
Si tratta di terrorismo culturale da parte di alcuni curatori snob oppure di una obsolescenza storica di una disciplina che ormai mostra le rughe?
Flash Art ha interpellato alcuni critici, curatori e artisti. L’inchiesta continuerà anche nel prossimo numero, soprattutto con contributi di critici e curatori stranieri.
Una domanda non è mai una risposta, né un assioma. Eppure, da non crederci, tantissimi (soprattutto alcuni pittori) hanno confuso il mio interrogativo (anche imbarazzato) con un’affermazione. Invece la nostra inchiesta vuole essere un interrogativo, un tentativo di chiarimento sul fatto che la pittura, tanto amata da molti e spesso protagonista del mercato, è ancor più spesso espulsa o ghettizzata dalle grandi rassegne internazionali, come documenta, Manifesta e sovente anche la Biennale di Venezia, nonché dai musei cult. Insomma, negli ultimi trent’anni la pittura ha avuto una vita sofferta. Perché? Mi chiedo io. Pochi o nessuno hanno capito il senso della mia domanda provocatoria. Inutile indignarsi. Io ho posto una domanda su un tema di attualità, ma tanti nostri pittorelli della domenica, quelli del “solo mani e tecnica ma niente cervello” si sono risentiti per la mia inchiesta.
Si sa che il 99% della gloriosa fauna artistica (italiana e di tutto il mondo) è formata da pittori. Pittori della domenica, del sabato, di ogni giorno. Imprenditori pittori, disoccupati pittori, reclusi pittori. Ma anche nonne, zie, sorelle, cugine. Capi ufficio e dattilografe. Chi non dipinge un paesaggio o un tramonto, per necessità, piacere o terapia, scagli la prima pietra. Ovviamente la nostra inchiesta non si riferisce a questi rispettabili (e da me invidiati) amanuensi. Ma ai livelli delle grandi collezioni, delle grandi esposizioni e musei cult, la pittura è vista con sospetto. Ricordo che, alla fine degli anni Settanta, grandi pittori con Mimmo Paladino e Francesco Clemente erano costretti a camuffarsi da fotografi, terrorizzati dal clima postconcettuale operante. Lo stesso dicasi di Sandro Chia, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, che esponevano peculiari opere fotografiche. Senza parlare del pittore esimio, Gino De Dominicis, dubbioso artista concettuale sino all’affacciarsi della Transavanguardia che gli diede coraggio e slancio per affrontare la pittura. E oggi? Mi vengono in mente due ottimi pittori, anche amici miei: il rumeno Victor Man che si costringe, per non perdere il treno, a nascondere la sua pittura dietro a elucubrate costruzioni o installazioni. O anche il bravissimo Pietro Roccasalva, anche lui, come De Dominicis, costretto talvolta a negarsi come pittore, per non apparire banale ai curatori o collezionisti dittatori. Dunque il problema c’è, almeno da tre decenni e a certi livelli, da quando l’arte concettuale e minimal tentarono di spazzare via la pittura, per relegarla nella categoria dell’artigianato o del passatempo terapeutico. Ma come potrei affermare io, come qualcuno sostiene, che la pittura è morta quando Flash Art, fra le riviste più autorevoli (con Artforum e Frieze, appunto) è quella che si occupa maggiormente di pittura? E quando la Biennale di Praga, tra le grandi rassegne internazionali, da sempre riserva un notevole spazio, non solo fisico, alla pittura?
Sfogliate questo numero: vorrebbe essere un inno alla grande pittura.
È ovvio, come in tutte le cose, c’è pittura e pittura. E quella buona, quella intelligente, quella che non mostra solo i muscoli della tecnica, è sempre più rara e rarefatta, mentre abbonda la pittura di tutti i giorni, quella che fa gola ai collezionisti della Brianza, agli avvocati internazionali, a certi notai e taluni commercialisti del Sud. Nel pieno rispetto di chiunque dipinga, parlando di pittura intendo altra cosa. E chi dipinge a certi livelli, e con certe intenzioni, lo ha capito.
Giancarlo Politi
giancarlo.politi@tin.it