Qualunque cosa si dica di Fluxus è probabilmente vera in un modo o nell’altro o, se non è ancora vera, senza dubbio lo sarà un giorno o l’altro. Similmente, qualunque cosa si dica di Fluxus può essere, in un modo o nell’altro, falso. Descrivere brevemente i Fluxus richiede un discorso fenomenologico a volta continua piuttosto che una serie di descrizioni: descrivere Fluxus consiste nel compito di descrivere centinaia di fenomeni distinti e interessanti. Si aggiunge alla difficoltà del compito il fatto che molti di questi fenomeni hanno avuto un’enorme influenza su tutte le forme e i mezzi artistici, e si sono ulteriormente impressi su tendenze più vaste della cultura generale e persino su aree specifiche delle scienze sociali e fisiche, tecnologia e cultura dei materiali. La ricchezza e la complessità che costituiscono Fluxus, il suo essere e significare, tanto difficili da descrivere, sono la fonte del suo interesse e della sua vitalità. Quando fui introdotto o iniziato a Fluxus da Dick Higgins e George Maciunas, mi fu presentato sia come un fare che come un essere. In quel tempo circolavano molti manifesti e documenti sulla natura dell’attività artistica come pratica sociale. Naturalmente io, e non in modo incorretto, vidi Fluxus come un gruppo che aveva come uno dei suoi più importanti punti focali la trasformazione della cultura e dell’ideologia. In quell’epoca, nel 1966, pensavo di entrare nel corpo diplomatico ed ero seriamente occupato nel conseguimento di una laurea in scienze sociali e comportamentali. Mi parve che gli interessi di Fluxus fossero molto vicini ai miei interessi in un cambiamento sociale e culturale, così mi associai. Gli spazi aperti di Fluxus mi permisero inoltre di aggiungere il mio rilievo sull’esperimento terapeutico, l’uso dell’arte come mezzo per lo sviluppo psicologico e l’espansione della coscienza.
Durante quegli anni, assistei e scopersi, partecipandovi, ciò che Fluxus aveva offerto al mondo. Quelle offerte abbracciano un’incredibile gamma di idee e di media. Fluxus e i suoi membri sono stati impegnati a livelli significativi nell’invenzione, sviluppo e teorizzazione di una quantità di problemi importanti dell’arte e della cultura contemporanee, tra i quali: intermedia, arte per corrispondenza, libro opera, libri d’artista, nuovi spazi artistici, spazi alternativi, sviluppi del museo, azione politica della Nuova Sinistra, movimento contro la guerra, sviluppo di abitazioni cooperative per artisti, termini giuridici per l’arte, legislazione per le arti, performance, azioni, film, Arte Concettuale, video, poesia concreta, nuova musica, partiture musicali d’artisti, partiture visive di compositori, nuovi periodici d’arte, pubblicazioni alternative, l’Underground Press Syndicate, progetti per musei galleggianti, i musei circolanti (su cappelli, autobus e kit di musei portatili), multipli, arte dei timbri, festival, televisione, radio, la Neuer Sensibilitat, Nouveau Réalisme, diritti degli artisti, sviluppo di SoHo a New York, sviluppo di importanti archivi d’arte contemporanea ora situati in molti grandi musei, università o biblioteche, e molti altri. Nessun singolo artista Fluxus si è occupato di tutte queste attività. Tuttavia, nel nucleo più impetuoso dei membri di Fluxus, quasi tutti furono coinvolti in molte di queste attività. Mentre nessun membro Fluxus ha gli stessi interessi e attività degli altri, la maggioranza dei membri forma gruppi d’interesse con molti altri in punti d’intersezione che, se sviluppati in grafici, apparirebbero complessi quanto i diagrammi tridimensionali di Venn. L’unica cosa che la gente di Fluxus ha in comune è un atteggiamento aperto nei confronti dell’arte, la volontà di innovazione, e un rispetto reciproco in quanto persone e colleghi. Fluxus è stato spesso paragonato allo Zen. Questo paragone per coloro che conoscono la storia dello Zen è estremamente appropriato. Fluxus è molto simile allo Zen per la sua crescita e per la sua diffusione. Mentre nessuno firma una tessera per “associarsi” a Fluxus, Fluxus ha avuto un preciso numero di soci e di partecipanti, specialmente se si considera il concetto di “associazione” nel più vasto senso antropologico o sociologico della parola.
I soci di Fluxus aumentarono tramite tre processi: congregazione, agglutinazione, e trasmissione lineare approssimativamente equivalente all’accordo tra alcuni soci di lavorare insieme su questo o quel progetto, dopodiché, una o due volte, molte persone si aggiungono a quelle congregate per il progetto rimanendovi coinvolte, e infine un gruppo di discepoli che si uniscono a membri singoli durante i loro viaggi e lavori, e che più tardi entrano nell’area Fluxus grazie a un processo non conclamato simile a quello della successione apostolica. Fluxus non è stato costituzionale, ma è stato democratico. È stato un gruppo che non era propriamente un gruppo. È stato definito una scuola d’arte o di pensiero sull’arte eppure, come molte “scuole” significative, tra i suoi membri non vi furono mai sufficienti tratti comuni per giustificare questa definizione. È stato definito una filosofia, eppure non vi fu una piattaforma ideologica o filosofica comune. È stato definito un movimento, eppure non vi fu mai un’azione coesiva, salvo per alcuni progetti specifici, temi o mostre in momenti specifici nel tempo e nello spazio. Fluxus è stato tutte queste cose e nessuna. Alcuni membri Fluxus sono dei mistici nella loro idea della vita e troveranno assurde tutte le cose che ho appena scritte.
Altri membri di Fluxus hanno una mente scientifica e sperimentale, e se s’interessano alla tassonomia e alla storia troveranno interessanti alcune delle cose che ho scritto e nello stesso tempo ci saranno tanti motivi di controversia quanti di accordo. Alcuni membri Fluxus hanno alternativamente stati d’animo mistici e sperimentalistici, altri non se ne curano. Mi affascina il fatto che uno dei più importanti studi condotti su Fluxus non fu scritto da uno storico dell’arte, ma da un antropologo. Mi affascina il fatto che talvolta psicologi e fisici abbiano avuto maggior considerazione per Fluxus dei membri del mondo artistico, che Fluxus ha cosi vistosamente influenzato fin dall’inizio degli anni Sessanta. Esistono solo pochi individui anche tra quelli interessati a Fluxus che abbiano tentato di sviluppare un’analisi storica di Fluxus o di fare su di esso una ricerca approfondita. Di questi, solo pochissimi erano membri Fluxus. Nel mio caso, ho finito per accorgermi chiaramente di essere interessato ad aspetti di Fluxus che sono totalmente insignificanti per altri membri Fluxus. Alla fine ho capito che ciò che prediligo deriva dalla mia educazione e vita come scienziato socio-comportamentale. Ciò appare nel corso normale delle mie attività quotidiane, quando per lunghi periodi di tempo lavoro come artista e fabbrico cose e processi, e per altri, smetto ogni lavoro artistico ed espositivo per mesi (una volta anche per un anno e mezzo), e pratico semplicemente la sociologia dell’arte, la sociologia della conoscenza e l’antropologia estetica come uniche discipline che m’interessano e mi preoccupano. Sono felicissimo che in Fluxus esista lo spazio per entrambi i tipi di essere e fare, e se studio Fluxus come oggetto della mia analisi, be’, in Fluxus c’è spazio anche per questo.Sappiamo che nello Zen c’erano le scuole Settentrionale e Meridionale, più tardi seguite da varie sette in Giappone, Vietnam e altrove. Una parte dello Zen era altamente rituale e formale, un’altra era austera, un’altra ancora diretta e rozza. Nello Zen c’erano studiosi che producevano incredibili documenti di ricerca e traduzione, c’erano cucinieri che a giusto titolo erano considerati i maestri del loro tempo, c’erano grandi abati e umili praticanti laici. In Fluxus ritroviamo tutto questo e altro. La chiave di questa ricchezza di diversità e influenze è il fatto che per qualche fortunata coincidenza, Fluxus era il luogo d’energia e di attrazione per una quantità di artisti importanti. Ognuno di essi ha avuto un’influenza significativa sull’arte, alcuni sono considerati tra i maggiori artisti viventi. La lista dei nomi degli artisti Fluxus compilata da Harald Szeemann e Hans Sohm per “Fluxus and Happening” del 1970 parla chiaramente: Eric Andersen, Ay-O, Joseph Beuys, George Brecht, Phil Corner, Robert Filliou, Henry Flynt, Hi Red Center, Jo Jone, Per Kirkeby, Ken Friedman, Bici Hendricks, Dick Higgins, Milan Knizak, Alison Knowles, Addi Koepke, Takehisa Kosugi, George Maciunas, Yoko Ono, Nam June Paik, Benjamin Patterson, Tomas Schmit, Mieko Shiomi, Daniel Spoerri, Ben Vautier, Wolf Vostell, Bob Watts, Emmett Williams e La Monte Young. Con i nomi di altri membri non inclusi nella mostra per varie ragioni, principalmente perché la lista dell’esposizione fu stabilita secondo il principio di una data limite storica, cioè la metà degli anni Sessanta, che quindi includeva membri che si erano staccati (come Flynt e Schmit) ed escludeva nuovi significativi membri che s’erano uniti più tardi (come Shigeko Kubota, David Mayor, Geoff Hendricks e Peter van Riper), l’impatto di questi artisti è evidente. Se si aggiungono quegli individui che divennero membri del circolo Fluxus in senso sociologico, come André Tot, John Armleder, Don Boyd, Tommy Mew o Maurizio Nannucci, e tanti altri che riconoscono apertamente l’influenza dei membri Fluxus o di Fluxus come gruppo sul proprio lavoro, diventa sorprendente il fatto che pochissima attenzione fu prestata a Fluxus come fenomeno. Inoltre bisogna includere, in un più vasto senso di partecipazione a Fluxus, quegli artisti che hanno interagito profondamente con membri Fluxus in varie occasioni su progetti specifici, senza però unirsi al gruppo.
Questi includono o inclusero Robert Morris, Dieter Roth, Simone Forti, Walter de Maria, Ray Johnson, Stanley Brouwn, Willen de Ridder, il gruppo spagnolo Zaj, il gruppo Aktual cecoslovacco, molti membri del gruppo ECBS della California, Bengt af Klintberg, Jackson Mac Low, Jerome Rothenberg, Allan Kaprow, Richard Maxfield, e alcuni individui i cui rapporti con Fluxus furono saltuari un po’ dentro e un po’ fuori come Davi Det Hompson, Paul Sharits, Greg Sharits e alcuni altri. Bisogna dire che a dispetto dell’assenza di attenzione per Fluxus, esiste una grande quantità di materiale su ognuno di questi individui.
Su alcuni, il materiale stampato è sorprendente: è probabile che oggi esista più materiale stampato su Joseph Beuys che su ogni altro artista vivente; che siano in circolazione più libri di Dick Higgins di quelli di ogni altro artista-autore vivente, e così via. Con pochissime eccezioni, quasi ogni artista o membro Fluxus è segnalato in molti testi importanti su artisti, autori, compositori contemporanei, ecc. Una cosa che ho notato circa l’identificazione dei membri Fluxus come gruppo è la seguente: molti si identificano più fortemente con Fluxus quando le loro carriere stagnano e meno fortemente quando le loro carriere s’innalzano. Ciò è causato dal fatto che nello spazio giornalistico individuale dato agli artisti nei momenti di “alta”, raramente essi pongono l’accento sulla loro affiliazione al gruppo, il che è dovuto al generale fenomeno sociologico dell’identità di gruppo come servizio prestato a coloro le cui identità non sono ancora chiaramente definite (come quando si tratta di principianti), o le cui identità, in punti trasformativi della carriera, sono sottoposte a una rivalutazione della loro situazione. Ciò vale per la maggior parte dei gruppi e non è meno valida per Fluxus, tranne che per quei membri Fluxus il cui senso del contratto sociale e il cui senso di Fluxus in quanto istituzione per un cambiamento sociale furono sempre forti. Questi artisti (in particolare Higgins, Maciunas, e una manciata di altri, tra i quali io stesso) hanno sempre segnalato la loro “membership” perché essa era stata un’asserzione di convinzione quasi politica più che di pratica artistica. Proprio per questo, però, Fluxus rimane un mistero nella letteratura critica e storica del mondo artistico. Quando si chiede a qualcuno “Cos’è Fluxus?”, la risposta può ogni volta essere diversa e ugualmente valida. La giustezza e la validità delle molte risposte sono quanto meno delineate nei problemi sollevati e nei nomi fatti in precedenza. Quando si chiede a qualcuno, “È morto, Fluxus?”, le risposte possono essere altrettante diverse. Pur considerando coloro che abbandonarono Fluxus molto tempo fa e per i quali Fluxus è forse morto da tempo, Fluxus ha attraversato una quantità di incarnazioni. Il primo fu il “periodo delle riviste”, quando George Maciunas organizzò le prime pubblicazioni Fluxus. Poco dopo, segui il grande periodo dei festival e delle tournée europee quando si riunì la maggior parte della prima generazione Fluxus. La terza vita avvenne al tempo dei multipli e della produzione di film, quando si unirono a Fluxus gli altri membri più antichi, molti dei quali ne avevano sentito parlare durante le tournée. Nel 1966 Fluxus sembrò acquistare per un breve momento una stabilità organizzativa, indicata dalla carta intestata fatta stampare da Maciunas che elencava la testata organizzativa e dirigenziale di Fluxus, dove Fluxus Nord era Per Kirkeby a Copenhagen, Fluxus Sud Ben Vautier a Nizza, Fluxus Est Milan Knizak a Praga, Fluxus Ovest io in California, e George stesso nel quartier generale di Fluxus a New York. Inoltre esisteva, benché non elencata, Fluxus Zona Ovest con Beuys e Wolf Vostell, in Germania, rispettivamente a Düsseldorf e a Colonia. Verso la fine degli anni Sessanta, le cose si spensero, per riaccendersi grazie a due attività. Una di queste fu determinata dai lunghi viaggi di Fluxus Ovest, che diedero vita a pubblicazioni, azioni, festival e attività in quasi ognuno degli Stati Uniti. Per una serie di circostanze fortuite principalmente il coinvolgimento di Fluxus nell’Underground Press Syndicate tramite Fluxus Ovest fu creato un centro Fluxus a Exeter, Inghilterra, nel 1969/1970; Fluxus Ovest in Inghilterra sotto la direzione di David Mayor e Mike Weaver. La principale attività di questo gruppo fu, per un anno intero, una sequela di mostre e festival intitolati Fluxshoe, preceduta da un anno di progettazione, e seguita da un altro anno che incluse la nascita e la morte della Beau Geste Press. Più o meno nello stesso periodo, la Koelnischer Kunstverein incaricò Harald Szeemann — dopo Documenta — di organizzare una grande retrospettiva collettiva, la mostra “Fluxus and Happening”. Benché quella mostra sarebbe dovuta essere ospitata da una serie di importanti musei europei, crebbe rapidamente, forse troppo rapidamente divenne troppo grossa e turbolenta, spaventò tanto i musei che si spense dopo l’unico completo e controverso raduno con una breve e parziale esposizione alla seconda tappa, prima di chiudere definitivamente. Questi due avvenimenti permisero a molta gente d’incontrarsi di nuovo, almeno brevemente. Il Fluxshoe sotto la guida di Mayor lanciò tante pubblicazioni, compreso un numero speciale di Art and Artists, e portò a termine tante attività connettive che la sua influenza come forza coibente ebbe una durata un po’ più lunga. Ebbe un’influenza particolare nel presentare molti nuovi artisti a Fluxus e nell’informare molti artisti che avevano usato materiale Fluxus sulle fonti dei loro interessi e media. Le cose stagnarono di nuovo per un certo periodo all’inizio degli anni Settanta. Poi, verso la metà dei Settanta, una nuova generazione di artisti interessati a Fluxus cominciò a sfornare progetti completamente nuovi, spesso senza, legami diretti con la gente di Fluxus se non dopo che i progetti erano stati proposti. Anche così, questi progetti furono, identificati come progetti Fluxus: i progetti di Terry Reid, Kraham Kerr e Phil Dadson in Australia e Nuova Zelanda, di Peter Below in Germania, di John Armleder e il gruppo Ecart a Ginevra, e altri. Altri progetti come l’“Artists Directory” della rivista File, o il gran numero di mostre d’arte per corrispondenza della metà degli anni Settanta attinsero a progetti e dati Fluxus senza una chiara identificazione, prima di spostarsi verso altre direzioni.
Certi derivati di Fluxus sono diventati molto tempo fa delle grosse imprese indipendenti, come la Something Else Press. Altri si trasformarono in nuovi progetti: lo stesso Fluxus Ovest si separò per diventare un’istituzione formalizzata che ora si occupa di ricerca e consulenza, organizza mostre e pubblicazioni, e interagisce a livello di scambio con molte importanti istituzioni come l’lnstitute for Advanced Studies in Contemporary Art. IASCA ha ora un college di laureati che sono principalmente studiosi e ricercatori operanti sia in modo indipendente, sia nelle facoltà e nel corpo di molte università e musei, ed esistono progetti di scambio con gli Smithsonian Institution’s Archives of American Art, dove gli archivi sono microfilmati; il La Jolla Museum of Contemporary Art, dove si conserva una vasta collezione di oggetti; e una quantità di altri progetti di uguale importanza. IASCA ha inoltre aiutato a formare e a sviluppare organizzazioni e progetti come l’Associated Art Publishers, o è attiva nella collaborazione con altri gruppi come le Coalition of Women’s Art Organizations. Un gran numero di lavori sono largamente usati nel mondo dell’arte tramite progetti di consulenza costituiti da informazioni incanalate in libri di consultazione. Nel frattempo, Fluxus Ovest continua, e ha continuato a sfornare importanti progetti, come la rivista Contemporary Art/Southeast, la prima importante rivista d’arte uscita negli Stati Uniti del Sud-Est che prese impeto da una serie di progetti e di visite che Tommy finanziò e organizzò. Something Else Press, forse il più grosso e potente rampollo di Fluxus, è pure passata ad altre forme. La Press chiuse nel 1974. Ma nello stesso tempo, Dick Higgins lanciò Unpublished Editions per operare la tipografia della Press con un nuovo criterio. Unpublished Editions è ora una piccola e stimolante casa editrice cooperativa che ha fra i suoi titoli lavori di John Cage, Phil Corner, Geoffrey Hendricks, Dick Higgins, Alison Knowles, Jackson Mac Low e Pauline Oliveìros. Anche la Beau Geste chiuse, ma le sue azioni divennero il primo grande holding di Other Books and So di Asterdam, una delle migliori librerie di libri d’artista del mondo. Terry Reid girovaga lungo la costa del Pacifico promuovendo importanti progetti in dozzine di musei, università e spazi vuoti. E la lista potrebbe continuare. Ho citato casi che mi venivano in mente e mentre mi venivano in mente secondo i miei interessi e coinvolgimenti: sono casi tipici. Fluxus è storia. Almeno questo è certo. Ha persino importanti archivi, tra i quali il leggendario Archiv Sohm in Germania, The Tyringham lnstitute e l’Archive Jean Brouwn nel Massachussets, il nuovo Backworks Archive and Documentation Center a New York che ora vende anche documenti Fluxus esauriti e gli archivi conservati o organizzati dall’Institute for Advanced Studies in Contemporary Art in California. Il fatto che Fluxus sia storia non significa che Fluxus sia morto. Se Fluxus è, in fondo, una sensibilità e uno spirito, basato sul rispetto, l’interesse reciproci, l’affetto di gruppo, Fluxus è forse più vivo che mai. La sua influenza e i suoi lavori continuano a girare il mondo generando nuove idee, progetti e diramazioni in una quantità di modi, sempre nuovi e riveduti secondo le circostanze dei casi. Il processo della diffusione culturale è diventata la fonte di energia che permette a Fluxus di vivere e di crescere nel suo modo singolare. L’ambiguità e le energie divergenti che hanno sempre avviluppato Fluxus ne hanno reso difficile la definizione. Proprio quelle energie l’hanno fatto ricco e vitale com’era e continua a essere. In definitiva che si dica di Fluxus che è morto o vivo non ha nessuna importanza, fintanto che le sue utili funzioni in esperienza umana continueranno.