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Recensione

28 Dicembre 2019, 10:00 am CET

Sublimi Anatomie Palazzo delle Esposizioni / Roma di Julia Draganović

di Julia Draganović 28 Dicembre 2019
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Teatro anatomico. Veduta dell’installazione in “Sublimi Anatomie”, presso Palazzo delle Espo-sizioni, Roma, 2019. Fotografia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.
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“Sublimi Anatomie”. Veduta della mostra presso Palazzo delle Esposizoni, Roma, 2019. Foto-grafia di Monkeys Video Lab. Courtesy Palazzo delle Esposizioni, Roma.

“Sublimi Anatomie” è una mostra ai confini tra scienza, arte e educazione o meglio, un progetto che abbraccia tutti e tre gli approcci al corpo umano. Con Andrea Carlino, Philippe Comar, Anna Luppi, Vicenzo Napolano e Laura Perrone, fra gli altri, il team curatoriale della mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma è vasto e composto da artisti, curatori, storici della medicina, antropologi e divulgatori scientifici. Oltre a preziosi reperti anatomici che provengono dal Museo di Storia Naturale di Firenze (per la prima volta esposti), a manichini e tavole anatomiche ottocenteschi, nella mostra si dipanano i lavori di ben cinquantatré artisti contemporanei e di quindici fra curatori, studiosi e enti educativi con un public program fittissimo. Non solo i numeri indicano quanto sia ambizioso il progetto, ma già il titolo accenna a uno spaccato straordinario. Possono le anatomie essere sublimi? Dal romanticismo abbiamo ereditato l’idea che il sublime ci lasci intravvedere qualcosa che, se non divino, è comunque più grande o potente dell’essere umano. L’anatomia, al contrario, è un metodo d’indagine proprio dei biologi e degli studiosi di medicina, una pratica che sembra sfidare il concetto del venerato, dell’adorato e del sacro e che per tanto tempo è stata considerata blasfema.
Attraversando le sublimi anatomie il visitatore può essere investito dallo stupore che suscita non solo il corpo stesso ma anche quella capacità di oltrepassare il confine della pelle, del dolore, del ribrezzo e dell’angoscia, sensazioni imprescindibili quando pensiamo all’anatomia. Questo stupore è rafforzato dal fatto che il visitatore non è solo osservatore ma altrettanto oggetto della mostra, è scrutato come lo è il corpo come topos: una forma ibrida tra teatro anatomico e atelier del disegno per lo studio del corpo dal vivo è collocata al centro dello spazio, creando un dispositivo curatoriale che genera di fatto la relazione fra osservatore, corpo, opere.
Il pubblico è invitato a guardare persone che si prestano come modelli per gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti e dell’Istituto Europeo di Design di Roma che due volte a settimana tengono le loro lezioni di disegno al Palazzo delle Esposizioni. Lavagne a misura d’uomo invitano tutti a lasciare in mostra bozze di disegni. Sic transit gloria mundi… la vanità esposta consolida il concetto del sublime quale momento di riconoscimento della propria finalità e una sorta di epifania di un “di più”. A evitare che questo diventi interamente un concetto epistemologico, basato sulla conoscenza di sé stimolata dallo studio del corpo umano, aiutano sia le opere contemporanee esposte sia una serie di performance. Queste ultime legittimano un legame fra le riflessioni biologiche e le questioni sociali offrendo l’occasione di visionare anche vestimenti e architetture le cui forme sono direttamente suggerite dal corpo umano.

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