Dice Daniel Birnbaum che le lune di Saturno sono numerosissime, estremamente variabili per forma, dimensione e origine. Sono uno specchio del suo progetto per T2, la Triennale di Torino di cui ha curato la seconda edizione intitolata proprio “50 lune di Saturno”, dedicata all’astro della melanconia, quel sentimento ambivalente che da sempre viene avvicinato alla dimensione della creatività e del genio. Artisti, musicisti e pensatori hanno avuto fin dall’antichità la loro natura più intima ispirata da Saturno e dalla sua melanconia, un impasto di sentimenti contrastanti quanto produttivi, raccontati da Aristotele a Baudelaire, Freud, Agamben. L’animo saturnino può essere cupo e depresso quanto ribelle e radioso, secondo Birnbaum, apolitico e individualista quanto impegnato nelle tematiche ecologiche e sociali. T2 vuole riattualizzare un mito antico con cui mappare il mondo dell’arte contemporanea internazionale, osservandolo attraverso lo spirito saturnino che lo pervade.
Il progetto si articola nelle tre sedi della Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Castello di Rivoli, con una grande collettiva composta da cinquanta artisti, nell’ambito della quale si collocano le personali dedicate a Olafur Eliasson e a Paul Chan. Si tratta di due giovani artisti già maturi e affermati, che incarnano le idee di scienza e spiritualità uno, e di cinica critica sociale l’altro. L’islandese Eliasson a Rivoli ha realizzato una magica installazione che simula astri e costellazioni, giocando con la percezione e la visionarietà attivata dalla luce e i suoi riflessi. Il sinoamericano Chan alla Fondazione Sandretto presenta, invece, i suoi cartoon dissacranti, animazioni dove l’umanità in corso appare un incubo crudele, inimmaginabile anche per Goya e De Sade. Il progetto è molto intellettuale e poetico, in un giusto dosaggio di tutti i linguaggi, che mette sulla stessa bilancia passato e futuro. Emergono tanti bei lavori, come quelli di Giuseppe Pietroniro, Zoulikha Bouabdellah, Andrea Geyer, Koo Joeng-a, Rivane Neuenschwander, Robert Kusmirowski, Lara Favaretto e Pehiman Rahimi. A volte, però, si percepisce un calo della tensione, con una labilità di tessuto connettivo e di linea tematica. L’insieme è fatto da momenti diluiti che sfuggono tra le dita, e altri che invece funzionano. Il rischio è di perdere il contatto emotivo tra pubblico e opere.