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9 Settembre 2015, 12:28 pm CET

The Future Generation Art Prize di Eugenio Viola

di Eugenio Viola 9 Settembre 2015
Katerina Šedá, Huyndai: Visitors Day, 2011.

 

Katerina Šedá, Huyndai: Visitors Day, 2011.
Katerina Šedá, Huyndai: Visitors Day, 2011.

Evento collaterale tra i più interessanti della 54ma Biennale di Venezia per qualità della proposta, il “Future Generation Art Prize” nasce per volontà della Victor Pinchuk Foundation, che opera a Kiev sotto l’egida dell’omonimo collezionista ucraino. La scrittura espositiva presenta, nella splendida cornice di Palazzo Papadopoli, il lavoro di diciannove artisti. Numerosi i momenti felici: How To Disappear Completely di Clemens Hollerer è un lavoro di grande impatto visivo, che invade la tromba delle scale del palazzo modificandone la percezione e allo stesso tempo ne risemantizza lo spazio. Hyundai: Visitors Day di Katerina Šedá è un’installazione rappresentativa della ricerca dell’artista, che da sempre indaga le relazioni interpersonali e il cortocircuito tra la dimensione pubblica e le varie forme di alienazione. Un motivo che qui diviene catalizzatore di dibattito attraverso l’interazione con il pubblico. BAM-Construction of the Century di Hector Zamora è lo scheletro di un’arca che non può essere completata: lo spazio fisico è insufficiente a contenerla. L’artista riflette sul modello socio-economico del socialismo e sui relitti della storia; la forma della monumentale installazione rimanda a una vasta simbologia, pregna di valenze ideologiche, sociali, storiche e soprattutto politiche, come nel lavoro della brasiliana Cinthia Marcelle, vincitrice dell’edizione di quest’anno. I video presentati, e particolarmente Cruzada, sono emblematici del suo modus operandi strettamente legato all’atto performativo (l’artista ha vinto, nel 2006, il Premio per la Performance di Trento) e alla reiterazione delle azioni all’infinito che sfociano sovente nell’inutilità, salvo poi rivelarsi come meri ipertesti che sottendono un’indagine sulle strutture politico-economiche della società. Una pratica impegnata che informa anche la ricerca di Ziad Antar, sempre ispirata alla situazione odierna del Libano: Terres de pomme de terre parte da una riflessione sull’economia globalizzata che ridefinisce le identità regionali. L’indagine di stampo documentario sulle locali coltivazioni intensive di patate e il raffronto con la situazione europea intercetta temi economici, politici e culturali che dal particolare acquistano valore universale. Untitled Horizons di Nico Vascellari svela invece una serie di collage, profili raffinatissimi che la semioscurità rende evanescenti, complice il gioco di colori generato da una diaproiezione in un suggestivo gioco di luci e ombre, di ambiguità percettiva e dimensionale che restituisce, sublimate, le ossessioni dell’artista. E ancora, la pittura dell’ucraino Artem Volokytin, popolata da presenze umane silenti, monumentalizzate su fondi monocromi memori della tradizione delle icone, le strutture enigmatiche del pluriesposto sudafricano Nicholas Hlobo, sospese tra pubblico e privato, storia personale e memoria collettiva; l’installazione straniante di Cao Fei, le favole gotiche di Nathalie Djurberg. Emozioni e sintomi diversi che riflettono, attraverso le rispettive poetiche, sulle lacerazioni e le inquietudini della contemporaneità suggerendo contesti interpretativi molteplici, dove gli artisti rielaborano consapevolmente e in maniera spregiudicata i codici all’interno dei quali operano. Uno spaccato intrigante e ricco di stimoli della giovane ricerca internazionale che risponde alla mission del premio, rivolto a talenti under 35 e a cadenza biennale, teso a incoraggiare, con l’assegnazione di una cifra cospicua (100 mila dollari), la produzione di nuovi progetti e lavori, per favorire l’ingresso o il consolidamento in un sistema, come quello dell’arte, sempre più frenetico, difficile e fagocitante.

Palazzo Papadopoli, Venezia.

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