Fin dagli esordi, negli anni Settanta, della sua straordinaria carriera, il fotografo Thomas Ruff ha partecipato — e spesso anticipato — all’evoluzione del medium, cominciando con le classiche composizioni incorniciate della metà del XX secolo e avventurandosi, con i suoi ultimi lavori, nell’avanguardia dell’astrazione e dell’appropriazione. Oggi Ruff è andato oltre le sue radici che affondano nella Scuola di Düsseldorf, caratterizzata da uno sguardo asettico a soggetti familiari, volta a indagare i misteri dell’universo con affascinanti fotografie che catturano le stelle e i candidi balletti della scienza.
Andrew M. Goldstein: La tua fotografia esplora la gamma del medium, variando dai ritratti ai paesaggi architettonici, da un immaginario esistente ad astrazioni digitalmente manipolate. Cosa ti ha spinto verso la fotografia?
Thomas Ruff: La macchina fotografica SRL di un amico. Avevo 16 anni all’epoca.
AMG: Quale è stata la tua prima esperienza con l’arte veramente significativa?
TR: Non c’era arte significativa nella piccola città in cui sono cresciuto, per cui il mio primo incontro con l’arte contemporanea è stato all’Accademia di Düsseldorf.
AMG: È risaputo che hai studiato con Bernd e Hilla Becher alla Kunstakademie di Düsseldorf, dove la coppia di fotografi ispirò una generazione di artisti attraverso il loro approccio tipologico al medium. Cosa ti ha portato a studiare lì e cosa del loro insegnamento ti è stato di ispirazione?
TR: Nel 1977, l’Accademia d’arte di Düsserdorf era l’unica in Germania in cui c’era un corso di fotografia che poteva essere paragonato a un corso di pittura. Questo mi ha fatto decidere di iscrivermi. Non conoscevo il lavoro di Bernd e Hilla Becher, e non sapevo che stessero insegnando lì. A 19 anni, venendo da una piccola città, ho semplicemente pensato che le più belle fotografie dovevano essere fatte in un’Accademia d’arte dove venivano dipinti i quadri più belli.
AMG: Hai anche detto che grande influenza per te hanno avuto le lezioni dello storico dell’arte Benjamin Buchloh. Dove erano i corsi e cosa hai imparato da lui?
TR: Come ho detto prima, non sapevo nulla dell’arte, così durante il primo anno all’Accademia ho frequentato il seminario di Benjamin Buchloh, in cui egli introdusse gli studenti al mondo del Minimalismo e dell’Arte Concettuale — ne fui affascinato e mi piacque immediatamente.
AMG: Hai ottenuto l’attenzione internazionale prima con la serie di ritratti che hai fatto ai tuoi amici, colleghi, studenti, posizionandoli contro uno sfondo monocromo scelto da loro e catturando la loro espressione senza un minimo di emozione. A cosa si ispirava questo approccio fotografico?
TR: Volevo tornare a un livello zero con i miei ritratti, per portar via tutte le cose inutili che ci sono nel genere della ritrattistica. Volevo veramente realizzare ritratti “nudi”.
AMG: Prima hai detto che la tua tecnica ritrattistica è simile a quella della polizia tedesca impiegata negli anni Settanta — una connessione che hai ulteriormente esplorato nei primi anni Novanta con le foto che hai realizzato con la Minolta Montage Unit, uno strumento che la polizia utilizzava per combinare ritratti multipli in una composizione credibile. Nello stesso periodo circa, durante la Guerra del Golfo, hai anche utilizzato lenti infrarosse del tipo utilizzato dall’esercito in Iraq per catturare paesaggi urbani per la tua serie “Nacht”. Cosa ti ha spinto a usare tecniche di lavoro impiegate dalla polizia e in guerra?
TR: Direi che le fotografie “artistiche” occupano solo il 5% del prodotto del medium. Ci sono altri utilizzi fatti dalla polizia, dai militari, nella scienza, nell’astronomia, in medicina, nella vita di tutti i giorni, eccetera eccetera. Penso che molte di queste fotografie siano più interessanti di quelle artistiche, per cui diventa ovvio per me investigare questo genere di fotografie.
AMG: Sei celebrato anche per le tue foto di edifici, che sembrano trarre ispirazione direttamente dai Becher. Come hai selezionato gli edifici che hai immortalato, e cosa speri lo spettatore elimini da essi?
TR: Di norma cercavo edifici “normali”, edifici in cui era cresciuta la mia generazione. Principalmente architettura del Dopoguerra, veloce ed economica, realizzata negli anni Sessanta e Settanta. Erano collegate all’architettura della Bauhaus, ma erano cattive imitazioni di quell’idea, e persino brutte. Volevo mostrare l’errata interpretazione di un’idea visionaria.
AMG: Più recentemente hai utilizzato nel tuo lavoro immagini trovate, ingrandendo e spesso distorcendo alcune figure come paesaggi stellari da un osservatorio cileno per “Sterne”, foto della NASA di pianeti per “Cassini”, scatti dalla pornografia su Internet per i tuoi “Nudi” e immagini documentaristiche del web per “Jpegs”. Cosa ti ha portato a cominciare a usare queste immagini trovate nel tuo lavoro, e come le hai selezionate?
TR: Tutto è cominciato con le stelle. Volevo fare fotografie super intense, veramente precise, del cielo stellato, ma abbastanza in fretta ho realizzato che anche se ero professionalmente formato ed equipaggiato, non ero in grado di scattare quelle foto da solo. Avevo bisogno dell’aiuto di un osservatorio con un grande telescopio. Per la prima volta, ho dovuto abbandonare l’autorialità per scattare queste immagini. A quel tempo l’appropriazione era già una comune pratica artistica. Dopo questa esperienza è diventato più facile per me abbandonare la paternità e richiedere l’aiuto di altre persone.
AMG: Prima hai usato il termine “fotografia immaginaria” parlando del tuo lavoro. Puoi spiegarci come questa idea è presente in quello che fai?
TR: Ho usato questo termine in relazione al mio lavoro M.a.r.s. — fotografie scattate da una macchina fotografica ad alta risoluzione dall’orbita di Marte. Colorando e comprimendo queste immagini, ho creato vedute del paesaggio marziano che gli astronauti vedranno quando atterreranno su Marte tra 20 o 30 anni. Per questo questi lavori sono immaginari, e appaiono realistici allo stesso tempo.
AMG: Diresti che c’è un interesse nascosto o una ricerca che attraversa il tuo lavoro?
TR: Mi interessa la fotografia nel complesso, e l’influenza che ha sul nostro cervello e nella percezione del mondo.
AMG: Hai recentemente cominciato a fare incursioni nell’astrazione pura, distorcendo immagini manga per Substrat, illustrando equazioni elettromagnetiche per i tuoi “Photograms”. Cosa ti interessa della fotografia astratta a un livello concettuale?
TR: Il mondo è astratto. Guarda le foto scientifiche di particelle atomiche in collisione scattate al CERN di Ginevra.
AMG: Collezioni qualcosa, arte o oggetti?
TR: Colleziono molte cose diverse — arte, oggetti, tutto quello che mi attira.