Il termine Imagology, scelto dall’artista come titolo della mostra, presso la Galleria Mario Iannelli di Roma, è stato coniato da Milan Kundera, precisamente nel romanzo “Immortalità”. Ma cosa intende Kundera con questo termine, di cui Tom prontamente si appropria? Probabilmente è il termine più azzeccato, tra i tanti, per definire la nostra bella modernità. La società dell’imagologia per Kundera è lo stato successivo a quello dell’ideologia. Una società in cui “il sistema logico di idee” viene rimpiazzato da una semplice “serie di immagini e slogan suggestivi”. In cui vengono creati ad hoc “sistemi di ideali e anti-ideali, che hanno breve durata…ma che influenzano il nostro comportamento”. Una società dove le classi dominanti sono “le agenzie pubblicitarie, gli esperti d’immagine…i designer,le star dello show business”. Se questa sia una società giusta o meno, Tom non ce lo dice, non prende posizione esplicitamente. Non sappiamo se la sua è una condanna o un’idolatria, ne tanto meno io ho intenzione di dare una mia lettura che potrebbe influenzare il visitatore. Quello che è sicuro è l’intento dell’artista di raggiungere il più ampio pubblico possibile, non solo di addetti ai lavori, per farlo riflettere attivamente sul nostro momento storico-sociale. E per farlo utilizza il linguaggio che tutti ormai oggi siamo abituati a recepire, il linguaggio a noi più familiare e quotidiano: Quello pubblicitario. Uno stile caratterizzato da immediatezza linguistica (lo slogan, il motto, la citazione breve) e immagini schiette e d’impatto, fortemente accattivante. Il processo di realizzazione delle opere consiste nell’appropriarsi interamente delle immagini pubblicitarie delle più famose multinazionali e sostituirne sia l’immagine di fondo, inserendone una che ritrae se stesso, sia le frasi slogan, ripensandoli in chiave sarcasticamente cruda e riflessiva, lasciando invariati soltanto alcuni piccoli particolari in grado di ricordare quale fosse la pubblicità originaria.
by Giovanni Luigi Damiani