Iniziare una storia partendo dal finale è come barare al gioco, ma, durante il percorso di una mostra, si può fare. Soprattutto se il fruitore ha piena libertà di lettura all’interno di una storia non semplice, perché fatta di vuoti e di sottrazioni. Résonance è una narrazione lineare e pulita che termina con un’opera sospesa: una tenda che cela un evento misterioso.
Si tratta di Interlude, l’ultimo lavoro realizzato da Davide Allieri, l’artista che a Placentia Arte ha creato delle “risonanze” visive e ideali tra le sue opere degli ultimi due anni. Interlude è un fantasma che obbliga l’immaginazione a lavorare per noi: è un sipario appeso dietro al quale non c’è alcun spettacolo, richiamando quel nulla di cui scriveva Carmelo Bene come “rappresentazione del teatro senza spettacolo”. Ma qui lo spettacolo c’è: in parte è tracciato dall’artista, e il resto lo dobbiamo immaginare a ritroso, ritornando alla prima opera in mostra, 0,651 Cubic Meters, un’elegante teca vuota con rifiniture in legno che non contiene nulla. Una presenza immaginaria di un’opera che esisteva e che “serviva” da contenuto. Forse una scultura? Fatto sta che la teca ha predominato ed è rimasta. Come sono rimaste le tracce a terra di un perimetro di un’architettura antica che Allieri ha ripreso attraverso un calco in gesso e grafite e lasciato sul suolo come macerie di un passato sospeso. All’artista interessa la forma delle cose che ha visto e toccato, perché il contenuto è un risultato effimero e inutile. E non esiste più. O ne esisterà uno nuovo. Questo scambio tra nuovo e passato, o tra esistente e applicato, avviene anche in Until the end of the world (Ellipse-Point-Line): pagine strappate da libri sul Rococò dove l’artista è intervenuto modificandone l’aura e rendendola cupa e contemporanea abbassando i toni con la grafite; e poi la serie 1:22:20, alcuni frame di “Melancholia” di Lars Von Trier dove Allieri ha disegnato elementi sublimi e irreali di fenomeni atmosferici anonimi come una stella cometa, l’eclissi, o due soli rappresentati insieme. Un Apocalisse che delinea uno spazio svuotato di significato.
by Rossella Farinotti