Debora Hirsch Galleria PACK – SPAZIO 22, Milano

18 Aprile 2016

donotclickthru (non cliccare) è un imperativo impossibile, che contrasta con l’abituale richiamo della comunicazione digitale. L’accelerazione e la proliferazione degli stimoli hanno determinano un mutamento percettivo e cognitivo basato sull’iperstimolazione dell’attenzione che spinge a uno spostamento veloce e continuo, alla ricerca di nuovi contenuti, spesso a scapito di una ridotta capacità di elaborazione emozionale e critica del messaggio.

Nel flusso dell’eccedente sovraesposizione mediatica non cliccare è quasi un gesto oppositivo e sovversivo che Debora Hirsch ci invita a fare, costringendoci a riflettere sui meccanismi – e gli automatismi – comunicativi. Da sempre interessata all’analisi delle dinamiche della comunicazione massmediatica intesa come modello di visione e come veicolo e filtro della realtà e al rapporto tra l’immaginario creato dai media e il vissuto individuale, l’artista affronta questi temi operando con la pittura, utilizzando una tecnica iperrealista di grande raffinatezza. Partendo da un progetto on line, che dà il titolo alla mostra – www.donotclickthru.com – presenta una serie di messaggi verbovisivi che replicano con una dose di ironico cinismo quelli che fruiamo quotidianamente in rete e sui quali, incuriositi, clicchiamo istintivamente, quasi senza pensarci, trovandoci poi di fronte a un altro messaggio che non approfondisce ma ci stimola a continuare il gioco. Sono dirette citazioni, disclaimer o manipolazioni di avvisi pubblicitari, notizie vere o infondate create seguendo le regole del marketing comunicativo. Gli stessi disegni, esposti a parete in galleria, invitano a una lettura più lenta e riflessiva, che rende coscienti della bulimia connettiva cui siamo quotidianamente sottoposti, in cui i rimandi si mescolano, perdono i loro riferimenti primi in una catena infinita, mutando lo statuto delle immagini e ridefinendo concetti quali originale e copia, verità e finzione. Confini liquidi e identità situate dominano nel rizoma comunicativo che Hirsch rappresenta come un albero secolare, con un inestricabile groviglio di rami in donotclickthru (tree). Le immagini, apparentemente leggibili, sono in realtà luoghi di complessità, ben prima della loro riproducibilità tecnica, in quanto interpretazioni soggettive del reale: pure apparenze lontane dalla verità dell’oggetto, distanza che la rete ha amplificato esponenzialmente. Verità o menzogna dell’immagine? Con un omaggio alla propria cultura d’origine, il Brasile, in donotclickthru (colonial tiles) Hirsch dipinge un noto mosaico del ciclo di azulejos della chiesa e convento di San Francesco di San Salvador di Bahia con uno scarto rispetto al modello che, ispirato alle stampe del fiammingo Otto van Veen, a sua volta ne è una variazione. La finzione ontologica dell’immagine si rende evidente anche in donotclickthru (Santo Expedito) dove la riproduzione di un popolare santino comunemente distribuito per celebrare una grazia ricevuta, mostra il santo con effigi diverse, metafora dell’identità fluida che contraddistingue la nostra epoca. Cosa rimane? Il dubbio, di fronte allo schermo del computer spento, donotclickthru (black rectangle), un rettangolo nero, omaggio al gesto finale di Malevič, grado zero della comunicazione e della figurazione.

by Rossella Moratto

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