Per Kirkeby Museo d’Arte / Mendrisio

18 Gennaio 2017

L’ultima prestigiosa mostra dedicata a Per Kirkeby risale al 2012, alla Philips Collection di  Whashington, “Per Kirkeby: Paintings and Sculpture”, un percorso che, per estensione rievocava la sua più visitata retrospettiva allestita alla Tate Modern di Londra nel 2009.
A Mendrisio, nelle sale lunghe del Museo d’Arte, l’allievo proteiforme della Scuola d’arte sperimentale di Copenaghen, offre all’ex convento, perfettamente restaurato, una trentina di lavori su carta, altrettanti dipinti di grandi dimensioni e quattro sculture, fra le quali, un enorme Ercole (Herakles, 1991-92, bronzo (2/3), 370 x 230 x 80 cm) in bronzo, posto all’ingresso del chiostro principale  un paesaggio simbolo, sintomo e segnale di uno spirito che non ha mai contrapposto a un infinito estraneo la vita, rappresentandone al contrario la fissità attraverso infinite catene causali. Nella struttura compositiva, nei carotaggi cromatici di Kirkeby, la finitezza è l’espressione dell’infinità delle concause che compongono una vita di visioni, tra poesia, arte, scienza, sceneggiatura e cinema.
A Mendrisio, il curatore Simone Soldini, con la collaborazione di Barbara Malacrida, ripercorre con nettezza i paesaggi esplorati durante i lunghi viaggi di Kirkeby, lavori che solo in parte annunciano il richiamo inevitabile per l’arte minimalista e un iniziale avvicinamento a Fluxus e alla Pop Art. La visceralità carnale, anaerobica e geologica di territori costretti tra pennellate e tele – riquadri segnati dalla molteplicità di livelli invisibili – trova, infatti, pace e soavità negli acquerelli esposti. Trenta finestre spalancate su onde dalle ombre lievi, carte poco note, documenti aperti sulla perfetta fusione tra cielo e terra, assorbiti dalla loro stessa immagine come “ricordi trovati”, in Groenlandia, Messico, Egitto, Nuova Zelanda. La mostra, in quest’ultima serie di lavori, si concede preziosa, presentando una scomposizione sensuale di ogni pretesto paesaggista, fonte sotterranea che ricongiunge la soggettività di un artista molteplice alla sua incontrollabile singolarità.

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