“Ecco i negozi!” è una rubrica di Anna Franceschini ideata per “In Residence”. Negli episodi che comporranno la rubrica, Franceschini approfondirà il tema del display, interrogandolo nelle sue diverse accezioni e traduzioni (dalla vetrina di negozio alla messa in mostra di opere d’arte), con l’obiettivo di tracciare delle connessioni tra l’atto del mostrare e quelli del guardare ed eventualmente comprare e consumare.
Nel quarto episodio di “Ecco i negozi!”, Franceschini osserva le vetrine del celebre negozio milanese Formenti dei F.lli Bulgarelli, specializzato nella vendita al dettaglio e all’ingrosso di materiale elettrico.
Formenti dei F.lli Bulgarelli affaccia con due vetrine a mezza altezza su via Panfilo Castaldi, nel cuore del quartiere di Porta Venezia, al numero 38.
La mia prima visita al negozio, circa un anno fa, è stata dettata dalla curiosità, come accade a molti passanti. Le vetrine sono infatti allettanti e inducono a un’ulteriore esplorazione degli interni, che si preannuncia altrettanto gustosa.
L’attività è gestita da Michele e Paolo Bulgarelli, che con grande gentilezza e disponibilità me ne tratteggiano la storia: un groviglio di patronimici, nomi di battesimo e iniziali puntate, degno delle genealogie meneghine di gaddiana memoria. Mi raccontano che la licenza e le mura vengono acquisite dalla nonna, nata Gommi e sposata Bulgarelli, nel 1948. In realtà la licenza pertiene al civico 40 ed è di proprietà del signor Formenti, mentre al 38 si trova un rivenditore di ricambi per auto General Motors. La signora Gommi, per denominare la nuova attività, mantiene il nome del vecchio possessore e integra quello del marito, Remo Bulgarelli, un perito elettromeccanico già impiegato presso l’Officina Elettrotecnica Vittorio Arcioni, ditta responsabile della realizzazione di gran parte dell’illuminazione pubblica della città. Il negozio apre i battenti come Ugo Formenti di Remo Bulgarelli, per poi diventare, con la generazione successiva, Formenti di R. Bulgarelli e Figlio, e quindi mutare in Formenti di R. (non più Remo bensì Roberto) e Figli e, acquisire infine la sua attuale nominazione: Formenti dei F.lli Bulgarelli.
Molto della struttura originaria è rimasto, molto è cambiato, non solo nel negozio e nelle vetrine, ma nella viabilità di via Panfilo Castaldi – mi vien detto. Originariamente via di corrieri a cavallo, che prelevavano le merci dalla vicina Stazione Centrale e le smistavano per la città, passando da questa via probabilmente acciottolata, via Panfilo Castaldi ha una numerazione “al contrario”, ovvero i numeri sono crescenti in ordine opposto a quello normale, dal centro alla periferia. Non me ne ero mai accorta, pur avendo abitato al 29 che, in effetti, è piuttosto distante dal centralissimo Corso Buenos Aires. La ragione mi viene svelata da Paolo Bulgarelli: la Stazione Centrale, prima di diventar lo splendido molosso fascista che è ora, una volta si trovava in Piazza della Repubblica, via Vittor Pisani ne costituiva, in parte, il delta di binari che vi confluivano, e via Castaldi, piccola emissaria della stazione, ricevette la sua numerazione a partire dalla Grande Stazione.
Quello che è rimasto identico al negozio del 1948 è gran parte dell’interno. Le scaffalature sono costituite da pile di scatole di legno che venivano utilizzate per movimentare la merce al posto degli odierni scatoloni di cartone e furono già riutilizzate dalla nonna per l’arredo. Il bancone di legno e formica turchese è ancora quello del rivenditore della General Motors. Molti strumenti per la misurazione dell’elettricità in tutte le sue dimensioni fisiche fanno mostra di sé, ma giacciono inutilizzati, appesi alle pareti o sparpagliati nel negozio, a scopo decorativo. L’interno è fitto di matasse di fili colorati, scintillanti fili metallici, supporti per resistenze in ceramica refrattaria in centinaia di fogge e misure diverse, rotoli di materiale isolanti, canaline per fili elettrici. Negli anni il settore merceologico si è ristretto e di conseguenza il negozio si dedica a un mercato di nicchia e non più alla grande industria e distribuzione. Sono tramontati gli affari che riguardavano i motori elettrici e il filo di rame smaltato per avvolgimento, mentre rimane forte il settore del materiale refrattario, anche grazie alla grande competenza tecnica dei proprietari che ben conoscono le diverse resistenze al calore dei materiali, dato imprescindibile per la sicurezza degli impianti e dell’attrezzatura elettrica. Cionondimeno il negozio e le sue vetrine attraggono ancora molti curiosi, italiani e stranieri, che durante il periodo del Salone del Mobile, climax di internazionalizzazione e fermento per la città, lo visitano, alla stregua di una casa museo, o di un eccentrico negozio di anticaglie.
L’ultimo allestimento delle vetrine risale agli anni Novanta ed è stato curato e realizzato collettivamente dai proprietari e da alcuni impiegati i cui nomi, per un attimo, volteggiano nell’aria: Ermanno, Ciro, ecc. In realtà, nel corso degli anni, per volere dei condomini, l’affaccio su strada del negozio è stato alterato. Mentre originariamente i colori dominanti della facciata, l’arancione e il verde delle insegne, coprivano interamente la superficie muraria, per tutta l’altezza delle vetrine, fino a terra e anche le intercapedini di stucco e granito, in seguito si è dovuto ritornare alla severità della pietra e allo stucco rosato per adeguarsi a un più mite clima cromatico che domina la totalità della via. I colori sono rimasti a coprire il ferro che incornicia i vetri piombati. Questi, come cabinet di un museo archeologico di una qualche provincia italiana, custodiscono molte meraviglie obsolete, alcune novità, oggetti senza tempo e quelle che a prima vista sembrano vere e proprie antichità, ma che, a uno sguardo ulteriore si rivelano essere i trofei di prestigiosi premi al lavoro. Nelle vetrine a più ripiani si possono ammirare le meraviglie del mondo elettrico: il campionario dei materiali isolanti dai nomi esotici, gli opalescenti fogli di mica dai bordi dentellati, portalampada tra i più svariati, interruttori di porcellana istallati su pannelli trompe l’œil di finto marmo, finti mattoni, finte piastrelle, fili elettrici in gomma colorata e un display di supporti in ceramica refrattaria dai toni pastello, dal beige, al biscotto fino al color nocciola, che paiono frammenti di templi perduti e che per primi, tempo fa, avevano attirato la mia attenzione, fino a diventare gli enigmatici protagonisti di una mia recente produzione video ispirata a Il mondo sommerso di J. G Ballard (1969), un romanzo di fantascienza distopica dove centrale è la contemplazione, da parte di uomini e donne costretti all’abbandono del mondo civile, delle rovine delle moderne città europee sommerse dall’acqua. Nel video gli oggetti di ceramica funzionano come reperti archeologici non propriamente identificabili, che potrebbero appartenere alla storia dell’umanità ma anche a una civiltà aliena e che vengono rimessi in gioco da un ignoto e ipotetico “custode” invisibile che ne percepisce l’importanza cultuale e simbolica, pur non avendo le conoscenze necessarie per svelane completamente il segreto.
Con i fratelli Bulgarelli ci lasciamo con un’ultima visita al loro personale “mondo sommerso”. Il magazzino interrato dove custodiscono l’approvvigionamento di materiale refrattario. Stoccati in casse e cassetti si trovano cumuli di bacchette dal diametro di spaghetti, grandi piastre scanalate, cilindri estrusi simili a colonne doriche, interi fornetti refrattari per la cottura della ceramica. Un emporio geometrico in penombra, che attende di essere riportato in vita da alti calori e forti energie elettrizzanti.