Tra il 1975 e il 1976 la galleria Christian Stein affidò per un anno i suoi nuovi spazi torinesi a Michelangelo Pistoletto; per l’occasione l’artista ideò una serie di interventi ambientali –forse tra i suoi lavori meno noti – che oggi, grazie alla stessa galleria, sono stati riallestiti in sequenza uno accanto all’altro negli spazi tra Pero e Corso Monforte a Milano.
Si tratta di dodici mostre (al tempo proposte con una cadenza mensile) imperniate sulla struttura interna della galleria, allora divisa in tre ambienti, da cui deriva il titolo della serie: “Le stanze”. Pistoletto lavorò sulle aperture, allineate su un asse centrale, proponendo riflessioni sul tempo di percorrenza, la moltiplicazione e la percezione dello spazio, servendosi anche di uno degli strumenti a lui più cari: lo specchio. I risultati appaiono ancora oggi stupefacenti – come ne Le stanze numero tre o La sesta mostra delle stanze.
La mostra allestita è un’operazione per certi versi museale che presenta opere storiche e molto note e che ha il grande merito di aver riproposto questo lavoro altrimenti difficilmente esperibile, accompagnandolo dai testi originali dell’artista. La sede di Pero propone un percorso attraverso quelle che sono alcune delle tappe fondamentali della carriera di Pistoletto: dagli immancabili quadri specchianti, all’esperienza stilisticamente destabilizzante degli Oggetti in meno – a questi fanno da contraltare gli specchianti che li rappresentano in un curioso gioco di rimandi e riflessi –, all’esperienza dell’Arte Povera (con la celeberrima Venere degli stracci del 1967, ma anche opere come Riflessi dello stesso anno), all’attraversamento del Labirinto (1969), per finire con Le stanze e i Mobili capovolti (1976). In Corso Monforte invece è presentata una nuova serie di quadri specchianti intitolata Scaffali in cui la figura umana è totalmente scomparsa per lasciare posto a uno spazio sfondato dove l’osservatore ha la sensazione di muoversi contemporaneamente su entrambi i lati delle scansie ingombre di oggetti.