GP: Nancy, Giorgio, come è nata la vostra passione per l’Arte Povera?
GS: Nei primi anni Novanta viaggiavamo molto in Italia in cerca di vetri di Murano, una delle nostre passioni, ma Nancy aveva iniziato a coltivare un particolare interesse per l’arte contemporanea. Chiedemmo allora a Sauro Bocchi, un caro amico e art advisor – che purtroppo in tempi recenti ci ha lasciati – quali artisti poteva suggerirci per una collezione. Ci diede un piccolo pamphlet e ci consigliò di visitare il Castello di Rivoli e poi tornare da lui per parlarne. Questo è stato l’inizio.
NO: Quando abbiamo visitato Rivoli c’era questa meravigliosa mostra di Arte Povera che ci ha profondamente ispirati. È stato allora che abbiamo capito che era su questa corrente che volevamo concentrarci. Non si trattava semplicemente di acquistare delle opere, ma iniziare un processo di educazione e di apprendimento di qualcosa che non conoscevamo.
GP: Quali sono le prime opere che avete acquistato?
GS: La prima artista che abbiamo incontrato a Roma è stata Carla Accardi, una persona meravigliosa, e da lei abbiamo preso alcuni lavori.
GG: Qual è l’identità alla base di Magazzino of Italian Art, il centro dedicato all’arte italiana del dopoguerra e contemporanea che avete fondato quest’anno?
GS: Vorrei innanzitutto precisare che Magazzino non è né una fondazione né un museo, ma un vero e proprio magazzino di cui vorremmo preservare le caratteristiche. La nostra idea è che Magazzino diventi, con il tempo, un luogo capace di attirare visitatori e ricercatori, sia per i suoi programmi di lecture e performance, che per un’estesa biblioteca adibita alla consultazione e allo studio. Stiamo cercando di tradurre in inglese alcuni testi d’arte che per ora si trovano solamente in italiano.
NO: Nostro desiderio è attirare le generazioni più giovani e mostrare loro quanto l’Arte Povera sia contemporanea, poiché riguarda i processi di vita – basti pensare alle opere di Merz. Magazzino rappresenterà l’arte e la cultura italiana “at large”.
GG: La mostra inaugurale è dedicata a Margherita Stein. Perché non a Christian Stein, ovvero lo pseudonimo per cui Margherita era nota e con cui ha battezzato la sua galleria?
NO: Margherita ha fondato la galleria Christian Stein nel 1966 a Torino. Per noi era importante fare una mostra usando il suo nome di battesimo. Essere una gallerista donna, in quei tempi e in Italia, non deve essere stato affatto semplice e lei si è sempre mossa con grande intelligenza e consapevolezza.
GS: Iniziando a schedare la nostra collezione – con l’aiuto della storica dell’arte Laura Conte – abbiamo scoperto che il 90% dei lavori di Arte Povera di nostra proprietà sono appartenuti a Margherita Stein. Anche un pezzo acquistato all’ultima edizione di Miart, una bellissima opera di Kounellis, era parte della sua collezione.
NO: Margherita era una tale forza e aveva un occhio incredibile. Tutte le storie che abbiamo sentito su di lei parlano di come riuscisse a cogliere la natura degli artisti. La mostra ha anche un sottotitolo: “Rebel with a Cause”. Questo perché sapeva assolutamente quello che stava facendo, aveva carisma.
GS: Recentemente abbiamo avuto questa bellissima conversazione con Giulio Paolini in cui ci ha descritto Margherita come una mamma, capace di andare a fondo delle vite di quella comunità artistica e proteggerla. La nostra intenzione è fare un sincero tributo a lei, non al suo lavoro da gallerista, ma a lei in quanto persona.
GP: Com’è nato il programma di residenza “Olnick Spanu Art Program”?
GS: Il programma è nato da una fortuita coincidenza. Nel 2003 invitammo Giorgio Vigna a soggiornare nella nostra proprietà a Garrison, nello stato di New York. In quei giorni ci fu un blackout che lo costrinse a rimanere più di quanto aveva preventivato. Nel nostro giardino Giorgio trovò quello che secondo lui era il perfetto piedistallo per una possibile scultura: si trattava della superficie di una cisterna, sulla quale poi posò sette sfere dalla struttura leggera e reticolare in bronzo (La Radura – A Glade of One’s Own [2003-05]). Non avevamo mai pensato di inserire dell’arte nel parco, ma poi ci siamo detti: perché non iniziare? Era così bello invitare qualcuno ed essere coinvolti nel processo di creazione.
Abbiamo poi ospitato Massimo Bartolini, Mario Airò, Domenico Bianchi, Remo Salvadori, Stefano Arienti, Bruna Esposito, Marco Bagnoli, Francesco Arena e Paolo Canevari.
NO: Avere dei lavori site specific per noi è molto importante. È incredibile come ognuno legga lo stesso luogo con diverse sensibilità. Arienti, ad esempio, con Biblioteca (2011-12) ha creato una libreria composta da duecento mattoni in terracotta, che riflette il backgrond culturale della nostra famiglia. Tra le letture selezionate c’è anche una copia di Flash Art!