Entro dipinta gabbia Casa Masaccio / San Giovanni Valdarno (AR)

12 Settembre 2017

“Entro dipinta gabbia” è l’evocativo titolo impiegato dalla curatrice Rita Selvaggio per la bipersonale di Enrico David ed Enzo Cucchi ospitata nello spazio di Casa Masaccio a San Giovanni Valdarno (AR) come evento correlato alla rassegna fiorentina “Ytalia”. Il verso, tratto dall’incipit di un componimento giovanile di Giacomo Leopardi, L’Ucello, vuole innescare un parallelo tra la freschezza e la libertà creativa della lirica leopardiana e i lavori lievi e quasi metafisici dei due artisti, descrivendo al contempo un medesimo substrato culturale insito nella comune origine marchigiana. Un numero limitato di opere inedite si articola negli spazi fortemente connotati della dimora masaccesca, evidenziandone l’architettura, le sue caratteristiche storiche così come gli innesti più recenti. I grandi arazzi di David – Untitled (2017) – scendono dal soffitto galleggiando nel vuoto, come una sorta di pareti mobili riconfigurano le sale del museo innervandole di colori sgargianti e forme astratte, a riprodurre immagini stilizzate di animali ed elementi naturali. Cucchi presenta invece una serie di sculture installate sia all’interno del museo che nel chiasso retrostante a Casa Masaccio, bonificato e restaurato per l’occasione. Rifacendosi alla storia della formazione di questi elementi urbani tipici dei borghi toscani, Cucchi vi inserisce due sculture di bronzo e ceramica, Sotto la coda, nessuno (2016) e Lo zoccolo (2016), ibridando forme antropomorfiche e animali al fine di innescare una nuova e fantasmagorica vitalità dello spazio.
Pur appartenenti a una generazione diversa, i due artisti sono accumunati da uno stesso preponderante ricorso alla manualità e dall’uso del disegno come punto di partenza, matrice di sviluppo strutturale per l’impiego di materiali disparati come carta, lana, bronzo, ceramica, tela. Il tempo prolungato della produzione delle opere riecheggia nell’atmosfera rarefatta della mostra, che nei suoi snodi discreti sembra raccontare, secondo le parole della stessa curatrice “tutte le vite o tutte le storie che ci sono in una storia sola, che poi è la storia di questa casa”.

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