Pepi Marchetti Franchi sui dieci anni di Gagosian, Roma

5 Febbraio 2018

Per celebrare i dieci anni di Gagosian Roma avete scelto di organizzare una mostra di Andreas Gursky in galleria, da cosa è nata questa decisione?

Gursky, il cui lavoro ha rivoluzionato il concetto di fotografia, è uno dei talenti importanti della nostra scuderia e da tanto tempo desideravo portare una sua mostra a Roma. Il progetto che presentiamo, “Bangkok”, è incentrato sull’acqua, intesa come riflesso della complessità e delle contraddizioni del nostro tempo. Per Bangkok, come per Roma, il fiume che scorre in mezzo al reticolato cittadino restituisce l’anima metropolitana più profonda e, allo stesso tempo, il rapporto spesso teso tra uomo e natura.

Quale pensi sia stato il cambiamento più determinante per la crescita dello spazio romano? 

La scelta della città di Roma è stata dettata dall’intuizione di Larry Gagosian, che mi affidò l’incarico di trovare uno spazio espositivo speciale per istituire la prima e unica sede Gagosian in Italia. Gli artisti, dai più giovani a quelli ormai affermati nel circuito internazionale, sono attratti e affascinati da una città antica e ricca d’arte come Roma: i tesori architettonici e artistici, insieme alla luce, agli scorci e ai panorami della città, sono unici al mondo e contribuiscono a rendere irresistibile l’invito a un progetto nella galleria romana. Un ruolo fondamentale per il successo di questo progetto lo ha svolto la peculiarità dello spazio stesso: l’ambiente dalla forma ovale è frutto della ristrutturazione di Firouz Galdo ed è amatissimo dagli artisti.

Quali sono state le mostre più impegnative e ambiziose a livello progettuale che avete organizzato a Roma finora?

Ad oggi abbiamo presentato 46 mostre, alcune con i nomi più grandi della scena internazionale. Gli artisti, come è ben riconosciuto, hanno spesso personalità piuttosto impegnative e non è una caratteristica legata all’età o alla notorietà! L’impegno e l’avventura sono situazioni che siamo abituati a gestire e che sono quasi sempre più che bilanciate da grandi soddisfazioni. Ricordo quando abbiamo dovuto escludere l’impianto di areazione per venire incontro a un’esigenza di allestimento. O quando abbiamo sostituito il nostro sistema elettrico da 220 a 110 volt per poter utilizzare dei fari particolari. Ma sono molte di più le emozioni che i grattacapi e credo che un ingrediente fondamentale del successo Gagosian sia proprio la disponibilità completa nei confronti dell’artista e delle sue esigenze.

Negli ultimi anni a Roma e in varie location in Italia, hai organizzato mostre off-site degli artisti della galleria: si pensi a Cy Twombly in Villa Malaparte a Capri o Penone al Museo Fendi, oltre che alle mostre in istituzioni e musei. Pensi di proseguire con il coinvolgimento della città? 

Le nostre collaborazioni con le istituzioni museali pubbliche e private in Italia e all’estero sono da sempre un punto di forza fondamentale che intendo continuare a sviluppare. Fa parte delle nostre responsabilità trovare spunti e occasioni di dialogo per i nostri artisti: spesso da questi connubi nascono i progetti più sorprendenti e in qualche modo emozionanti, penso a Glenn Brown o John Currin al Museo Bardini di Firenze per esempio o a Twombly a Ca’ Pesaro a Venezia.

Avete mai pensato di aprire una seconda sede in Italia?

Una è più che sufficiente!

Come vedete Gagosian Roma tra dieci anni?

Volendo rimanere su una prospettiva a breve termine, in primavera parteciperemo per la prima volta a una fiera italiana, Miart  con un dialogo tra l’artista americano Sterling Ruby e Alberto Burri. Ho seguito con attenzione la crescita di Miart sotto la sapiente direzione di Vincenzo De Bellis che stimo molto, ora portata avanti da Alessandro Rabottini, e credo che sia il momento giusto. Il 28 marzo invece dopo Gursky porteremo in galleria una bravissima artista giapponese di base a Los Angeles Shio Kusaka che sta facendo parlare molto di sè con le sue straordinarie opere in ceramica. Insomma tra dieci anni mi vedo… al lavoro!

Diverse gallerie internazionali hanno aperto a Roma negli ultimi anni. Come trovi cambiata la scena romana, se la trovi cambiata? 

Il legame della galleria con Roma è stato profondo fin dal primo momento, e anche per questo sono molto felice della maggiore predisposizione della città all’arte contemporanea rispetto a dieci anni fa (basti pensare all’installazione permanente di Giuseppe Penone a Largo Goldoni). Detto ciò in un’epoca di forte globalizzazione e omologazione la forza di Roma sta proprio nell’essere impermeabile al cambiamento. Ma è partendo da Roma che ci siamo aperti anche a collaborazioni con partner straordinari pubblici e privati nel resto dell’Italia.

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