Giuseppe Stampone CIAC / Foligno

29 Agosto 2018

Una riflessione etica sulla modernità mediale e sulla politica delle immagini ammanta la produzione di Giuseppe Stampone, la cui poetica si distingue per un originale processo di riappropriazione del “fare” artistico e del tempo nello spazio dell’opera mediante un lento lavoro di disegno a penna bic, fatto di numerose stratificazioni e velature.
L’artista si definisce una “fotocopiatrice intelligente” che crea una sola copia (un nuovo originale, quindi) da un’immagine iconica presa dal web; il détournement consiste nel prendersi la libertà di un tempo intimo, lento, manuale nel lavoro di ri-creazione grazie al disegno che, a differenza dei linguaggi mediali, riattiva il tempo umano del pensiero sulle cose e la loro conoscenza diretta.
Dalla quadreria dei venti ritratti raffiguranti i dittatori del Novecento (Global dictature, 2012) ai centoquattordici disegni di bandiere delle diverse nazioni vincitrici del Premio Nobel (P-W Peace and War, 2014) – di cui in mostra ne ha esposte cinquantatrè – l’artista esibisce una storia delle icone del Ventesimo e Ventunesimo secolo che nutrono l’immaginario sociale rivelando significati occulti. Accanto alla visione critica di una contemporaneità senza più ideologie, Stampone presenta anche una sua reinterpretazione di quadri storici (come La Tempesta di Giorgione o il Polittico di Donna Brigida di Nicolò Alunno), in cui i personaggi delle celebri iconografie sono rappresentati da uomini e donne di ceti sociali poveri, denunciando i fenomeni migratori e lo sfruttamento dei popoli non occidentali.
“Perché il cielo è di tutti e la terra no?” dà il titolo a questo percorso visivo composto da geografie concettuali, mappe e abbecedari: una parafrasi dei disequilibri sociali tra autorità e informazione, globalizzazione e geopolitica, in cui l’arte mantiene il potere della libertà di espressione. Come nell’opera relazionale Global Education Project (2004-2018), frutto di assemblee partecipative condivise con bambini delle scuole elementari, in cui l’immaginazione del noi prevale sulla demagogia dell’io.
Marinella Paderni

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