BoCS Art, inaugurata nel 2015 da Alberto Dambruoso, come parte del processo di rigenerazione urbana della città di Cosenza, ha visto, in tre anni, la partecipazione di oltre trecento artisti provenienti da diverse realtà italiane e straniere, contribuendo con le loro opere a formare la collezione del BoCs Art Museum e alla diffusione dell’arte visiva sul territorio.
Sulla scia delle precedenti edizioni, ma con tante novità e differenti energie, quest’anno è stata avviata la nuova fase di BoCs Art, curata da Giacinto Di Pietrantonio, intitolata “La città del sole”, in omaggio alla visionarietà utopica di Tommaso Campanella. Già nella prima fase del progetto, svolta tra il 20 giugno e il 5 luglio scorso, Di Pietrantonio ha avanzato una rinnovata visione multidisciplinare della residenza, che ha già coinvolto e coinvolgerà in futuro autori di discipline differenti, con una particolare attenzione o relazione alle arti visive. In questa seconda sessione estiva Di Pietrantonio oltre a chiamare il collettivo artistico Apparatus 22 (Erika Olea, Maria Farcas, Dragos Olea e Ioana Nemes) ha chiesto a quattro giovani curatori, Roberta Aureli, Simone Ciglia, Caterina Molteni e Alberta Romano di invitare, ognuno di loro, quattro artisti. Una scelta che ha permesso al progetto di raggruppare punti di vista diversi e di costituire una piattaforma d’aggiornamento sulle recenti pratiche.
Gli artisti invitati – Veronica Bisesti, Alessandra Calò, Mattia Pajè, Dario Picariello (da Roberta Aureli); Paola Angelini, Marco Giordano, Davide Mancini Zanchi, Luisa Mè (da Simone Ciglia); Benni Bosetto, Giulia Cenci, Alessandro Di Pietro, Alice Visentin (da Caterina Molteni); The Cool Couple, Luca Loreti, Giulio Scalisi, Alessandro Vizzini (da Alberta Romano) hanno poi presentato nei loro rispettivi box le opere prodotte in residenza, che successivamente oltre ad essere esposte presso il BoCs Art Museum saranno ospitate in comodato d’uso nelle abitazioni di alcuni cittadini di Cosenza, che diventeranno “custodi” e “divulgatori” d’arte con l’obiettivo di realizzare un museo diffuso pubblico-privato.
Roberta, Simone, Caterina e Alberta, siete tra i primi curatori invitati da Giacinto Di Pietrantonio a partecipare alla residenza Bocs Art. Come riassumereste la vostra esperienza?
Roberta Aureli: Sono state settimane molto intense. Cosenza è una città complessa sotto tanti aspetti, ce ne siamo accorti subito. Per questo ho trovato molto stimolante scoprirla insieme agli artisti e riflettere con loro su quale fosse il modo migliore per raccontarla senza giudicare. Senza pressioni, ciascuno è riuscito a trovare il proprio ritmo di lavoro.
Simone Ciglia: Ho vissuto questa residenza come un periodo di studio e riflessione sul lavoro artistico – momento privilegiato per la pratica curatoriale – e un’occasione di confronto con gli altri artisti e curatori partecipanti, con cui si è creata una sintonia professionale e umana. L’incontro è stato arricchente per la varietà di provenienze e di percorsi individuali, occasione di conoscenza e stimolo alla ricerca. Condividendo i ritmi della vita in comune, si sono generate belle interazioni di gruppo, che hanno offerto anche momenti di divertimento. L’esperienza si è svolta in un territorio che non conoscevo e ho avuto modo di scoprire con interesse.
Caterina Molteni: La residenza, guardando alla qualità dei servizi e degli spazi offerti, ha il potenziale per diventare un punto di riferimento per la produzione e la formazione di artisti. Da una parte incoraggia il lavoro individuale permettendo all’artista di dedicarsi alla propria ricerca in studio, dall’altra incentiva la relazione tra i partecipanti attraverso momenti di convivenza. L’aspetto più positivo è infatti poter consolidare dei rapporti, crearne di nuovi, basando queste relazioni sulla stima verso la ricerca artistica dell’altro e non sulla competizione.
Alberta Romano: Senza ombra di dubbio è stata un’esperienza intensa che ha consolidato in me molte certezze, ma che mi ha anche dato l’opportunità di conoscere persone con le quali sviluppare un confronto costruttivo. Mi ha colpito il senso di comunità che si è sviluppato gradualmente durante i giorni della residenza. Inoltre stimo moltissimo Giacinto Di Pietrantonio, ammiro la dedizione che ha da sempre dimostrato nei confronti dell’arte contemporanea italiana sostenendola dal suo interno e BoCs Art ne è l’ennesima dimostrazione.
Quali criteri avete adottato nella scelta degli artisti e qual è il filo conduttore che lega le opere realizzate per BoCs?
RA: Al di là delle specificità di ognuno, tutti e quattro hanno realizzato opere che non avrebbero immaginato altrove. Bisesti e Picariello hanno entrambi riflettuto sullo stato di abbandono del centro storico, Calò è ricorsa a un’antica tecnica di stampa fotografica eseguendo il fissaggio nelle acque del fiume che scorre accanto ai BoCS, Pajè ha concepito un’installazione site specific per la facciata di vetro del suo studio.
SC: In accordo con gli altri curatori, le scelte si sono orientate sulla generazione artistica italiana nata fra gli anni Ottanta e primi anni Novanta, secondo criteri individuali. Se alcuni fra gli artisti invitati condividevano delle tangenze biografiche, non esiste tuttavia un filo conduttore che leghi le opere realizzate, che riflettono le singole pratiche e testimoniano l’incontro con il territorio.
CM: Ho scelto artisti che sapevo avrebbero potuto rispondere positivamente agli stimoli della residenza, il cui lavoro si potesse impressionare nonostante il periodo breve di permanenza. Abbiamo perciò pensato di declinare il concetto di ‘località’ più condividendo un modo spontaneo di osservare e farsi toccare dal contesto di Cosenza, che nell’individuare un filo conduttore tematico legato al luogo.
AR: Gli artisti che ho selezionato hanno in comune un forte stimolo alla riflessione culturale. Credo che un approccio poetico possa risultare più piacevole di un approccio relativamente impegnato, ma sono altrettanto sicura che oggi non ci sia bisogno solo di poesia, al contrario è presente la necessità di riflettere criticamente sulla realtà che ci circonda. A mio avviso leggere criticamente il contesto storico e politico in cui si opera rientra pienamente nelle responsabilità di un artista e di un curatore.