Allestita nell’edificio che Achille e Pier Giacomo Castiglioni riconvertirono a showroom per l’azienda di arredi di Dino Gavina, la mostra “Universo futurista” suggerisce che un radicamento della liaison tutta italiana tra le arti visive, il disegno industriale e l’imprenditoria può essere individuato proprio nell’esperienza del Futurismo.
La vicenda di Gavina è nota: allestitore teatrale, si avvicina al mondo del design incoraggiato da Lucio Fontana; la sua azienda sarà una fucina di oggetti che ibridano i linguaggi delle avanguardie artistiche con la funzionalità degli elementi di arredo e le tecnologie industriali più avanzate. La scelta dei coniugi Massimo e Sonia Cirulli di eleggere l’ex-Gavina Spa a sede della neonata fondazione risulta dunque esemplare del loro interesse collezionistico verso opere d’arte, oggetti e documenti che testimoniano un’evoluzione della storia creativa italiana del XX secolo all’insegna dell’integrazione delle arti.
Curata da Jeffrey T. Schnapp e Silvia Evangelisti, “Universo futurista” attesta come l’immaginario meccanico e tecnologico del movimento non si esaurisse sul piano della rappresentazione attraverso le arti tradizionali, ma si attualizzasse nell’impiego di mezzi squisitamente moderni (e industriali), come la fotografia, la grafica e il design. Per il Futurismo che si racconta in questa mostra, del resto, la prospettiva avanguardista di fusione tra arte e vita implicava che i linguaggi artistici sposassero la produzione industriale e le dinamiche sociali che ne convenivano. Così, la “moltiplicazione” in formati e materiali diversi del noto ritratto scultoreo di Mussolini realizzato da Renato Bertelli (Profilo continuo, 1933), ad esempio, rispecchia la fede dei futuristi nella “riproduzione tecnica” dell’opera d’arte – e, al tempo stesso, ne rimarca l’agenda d’infiltrazione del messaggio avanguardista nelle arti commerciali.
La grafica “futurista”, infatti, è la vera protagonista di questa mostra – che si apre con un magniloquente “muro dei manifesti”. Altre sono, però, le applicazioni più inedite e quindi preziose che “Universo futurista” offre: pattern disegnati da Nicolay Diulgheroff per gli involti di alcune pasticcerie (c. 1930) e altri suoi studi di packaging per la Cinzano (c. 1930); inserzioni pubblicitarie progettate da Xanti Schawinsky; il progetto di Enrico Prampolini di un padiglione fieristico per la Fernet-Branca (1927); studi di tarsie dello Studio Boggeri (c. 1930); collage, poster, vignette elaborate da Bruno Munari nel contesto dello studio R+M o come direttore artistico delle riviste L’Ala d’Italia e Tempo; ecc. Tutte espressioni di una modernità progettuale, programmaticamente trasversale alla compartimentazione delle discipline artistiche – forse, la vera specificità della cultura creativa italiana.