La pratica di Nari Ward, concentrata a cercare nell’objet trouvé nuove potenzialità scultoree e semantiche, si innesta facilmente nei processi di trasformazione che caratterizzano il distretto industriale di Santa Croce sull’Arno, popolato da numerose concerie e suolifici.
L’indagine estetica degli strumenti di lavorazione del pellame è tradotta in opere scultoree che sviluppano la propria materia di studio in racconti oggettuali aperti a future interpretazioni.
Così le forme arcuate dei cavalletti di legno utilizzati dai conciatori per appoggiare le pelli – “capre” in gergo – si traducono in un sculture in plexiglass tutt’altro che limpide (Limpidus Goats, 2018): le loro superfici trasparenti sono oscurate con polveri vegetali comuni nel processo conciario, qui colate da molteplici contenitori incollati al loro interno come tante piccole mammelle. Pur nell’assenza di pelli, tali sculture zoomorfe evidenziano l’incessante metamorfosi oggettuale a cui sottoponiamo così abitualmente i prodotti animali da finire per dimenticarne le origini viventi.
L’interesse dell’artista per l’opacità ritorna con palloncini realizzati in resina, la cui membrana è resa torbida con l’aggiunta di una polvere inerziale nera, derivata dalla depurazione delle acque conciarie, che rende difficile la lettura degli indizi nascosti al loro interno – oggetti raccolti da fabbriche dismesse – ma ne recupera il potenziale narrativo (Ballast of Miracles, 2018).
Il tema delle pelli ritorna nella serie di fotografie Immigrist e nel video Holding Patterns (2018), dove due giovani sono ritratti mentre sorreggono sulle loro spalle vistose pelli colorate che, oltre a servire da ornamento, suggeriscono ulteriori funzioni simboliche. I due soggetti condividono una postura dal significato ibrido: le loro braccia alzate emergono da questa collezione di pelli, mostrando i palmi delle mani aperti, superfici verticali su cui proiettare le nostre letture speculative. Indagando anche le loro espressioni, possiamo leggere in tale gestualità sia un atto di fierezza sia la ricerca di protezione da un pericolo invisibile. L’origine di tale postura ci viene raccontata da Ward stesso, che in una didascalia, forse fin troppo rivelatoria, indica come i due modelli stiano reinterpretando il gesto ormai comune dei turisti in posa di fronte alla Torre di Pisa, lasciando però sempre aperto il campo a future riflessioni sociali e possibili rimandi alla storia dell’arte.