Chi entra nella sede di Gavin Brown a Roma, la ex-chiesa di Sant’Andrea de Scaphis, per visitare la mostra di Laura Owens potrebbe cadere nell’errore di pensare che sia una mostra semplice. La chiesa è fresca e vuota, un’oasi dal caldo sole romano. Ma è proprio questo sole che illumina l’esperienza gioiosa e spiritualmente potente che Owens ha allestito.
All’entrata tre specchi, poggiati a terra, lasciano presagire una sorta di aura mistica suggerendo ai visitatori di prestare attenzione allo spazio tutt’intorno. Guardando verso l’alto si possono ammirare dipinti contenenti molteplici rimandi, sia realistici che immaginari: brillanti costellazioni, animali ibridi con occhi umani, una renna che sorride, un unicorno a pois, Diana con il suo daino, Cerere con il suo grano d’oro e una Madonna con una corona di stelle, tutto dipinto in tinte vibranti. I pannelli di gatorfoam, perfettamente allestiti, ricoprono il soffitto della chiesa formando un cielo notturno pieno di azzurri, rosa, arancio, verdi, oro. Volgendo ancora qua e là lo sguardo, ci si sente un po’ storditi da questo immaginario così variegato, fino al momento in cui la visione si concentra su tre schermi digitali, dove una serie di animazioni appaiono una dopo l’altra, per poi svanire.
Una di queste è proprio un occhio che fissa a sua volta lo spettatore e gli indica qual è il prossimo punto da guardare. Seguendolo si troveranno dei delicati fiori in ceramica, dai toni verde, blu e bianco, sparpagliati tutt’intorno all’altare della chiesa. Sembra che i fiori siano caduti direttamente dal soffitto – mi fanno pensare a un brano della poetessa Lisa Robertson, dal libro 3 Summers (2016)… “the flowers just pour upwards / to be organized towards sugar / why not”. “i fiori diluviano in su/ per essere ordinati verso lo zucchero/ perché no.”
Come molti lavori di Owens, questa mostra è un’esperienza del luogo vissuta attraverso dipinti site-specific. I colori accesi sono in forte contrasto con l’aspetto antico e polveroso della chiesa, e tuttavia si inseriscono nell’ambiente con naturalezza e generano un senso di familiarità, configurandosi come uno spazio quasi ultraterreno. È particolarmente appropriata la mostra allestita in estate in uno spazio come questo a Roma, straborda di mitologie come la città stessa. L’artista è nota per la capacità di lasciarsi ispirare da molteplici influenze, e per il desiderio di confrontarsi con tante storie diverse – è questo lo spirito che sentiamo in questo lavoro. Owens ha creato un mondo infernale e sacro, da scrutare, esplorare e vivere.