Da Balice Hertling a Parigi, lungo tre pareti adiacenti tre tele grezze cadono sui muri a cui sono fissate. Su ognuna è dipinto un drappeggio. Con le sue pieghe in stile tie-dye e i colori schizzati, i drappeggi ci ricordano la tenda di un circo. La tecnica non sembra volerci impressionare, suggerisce invece il più glorioso senso di libertà.
All’interno si vede un elefante che, come il drappeggio, è traslucido. L’effetto è quello di un alone di luce e i colori ricordano i primi effetti visivi dei film muti. L’elefante è truccato, è decisamente pronto per esibirsi. Mentre aspetta il suo turno, si ricorda di sollevare la proboscide e si posiziona sulle due zampe posteriori – esattamente come gli ha ordinato il suo addestratore.
Il massimo che è in grado di fare è stare in bilico su una palla e andare in bicicletta. Ma questo elefante è un dipinto, ci aspettiamo che parli, magari dell’ultimo libro letto, o che esprima soddisfazione per il suo trucco verde-giallo-viola. Vogliamo che emani la contentezza di essere stato dipinto con tale gloria velata di timidezza da Enzo Cucchi – o forse preferirebbe essere il primo animale a raccontarci una barzelletta sentita da qualche altro animale del circo.
Parlerà anche degli altri due elefanti, quelli che sono sono stati addomesticati insieme a lui (come quello con gli occhi di un blu marino, spalancati e chiusi allo stesso tempo). Ma non parleranno più delle zanne che non posseggono più. Sul dipinto della parete centrale, quello più scuro e severo, l’elefante evita l’argomento, per lui il passato non ha valore e non perché gli ricorda il dolore, ma perché questo sentimento non ha più importanza. Per un elefante da circo, il dolore è interiorizzato, come una routine acrobatica. Il dolore diventa concetto e viene rimandato al passato, anche se il presente e il futuro rimangono dolorosi.
Perché il passato in questi dipinti sembra essere così recente? Troppo spesso parla di morte. Come la terracotta smaltata in mezzo al dipinto con un teschio e un camaleonte: ecco, quella è la morte. Quella terracotta rappresenta un coraggio assoluto. I drappeggi e le terrecotte possono essere state dipinte solo da un pittore che ha vissuto tutta la sua vita da pittore, un’intera esistenza leale al medium stesso. La ceramica smaltata è un fossile lasciato alla storia da un pittore, mentre è ancora vivo. Un pittore che dipinge la sua storia con il proprio pennello e non si fida del futuro. Magari domani dipingerà una nuova storia.
Per un artista come Cucchi, reinventarsi non è così difficile come lo è per noi.