Le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino presentano Unseen Stars, mostra personale dell’artista americano Trevor Paglen (Maryland, 1974), a cura di Ilaria Bonacossa con Valentina Lacinio. Dal 10 ottobre 2020 al 10 gennaio 2021, il progetto occuperà il Binario 1 delle OGR Torino, con un nuovo tassello di quel processo di riqualificazione che in meno di tre anni ha convertito l’ex officina ferroviaria in un centro di produzione e sperimentazione culturale tra i più produttivi e dinamici a livello europeo.
La mostra, creata per gli spazi delle OGR, si inserisce in una più ampia riflessione sullo spazio e il suo controllo che l’artista porta avanti da quasi dieci anni avvalendosi di collaborazioni scientifiche di altissimo livello, dalla NASA al MIT di Boston. Per l’occasione Trevor Paglen trasforma le OGR in uno pseudo-laboratorio aerospaziale: tre “satelliti non funzionali” e una serie di strutture sopraelevate — simili alle impalcature su cui sono soliti operare tecnici e ingegneri — scandiranno l’intera navata del Binario 1, dando vita a uno spazio astratto da un’illuminazione fortemente teatrale e poliforme che amplifica lo sdoppiamento dell’architettura riflessa sulle superfici specchianti dei satelliti.
Sviluppati in collaborazione con ingegneri aerospaziali, i satelliti di Paglen sono sculture concepite nella loro leggerezza per poter orbitare nel cosmo senza una specifica funzione, se non quella di trasformarsi in stelle temporanee. Questi satelliti non funzionali, con le loro forme concave e convesse, diventano sculture minimali, evocative di un nuovo rapporto tra arte, scienza e poteri contemporanei.
In collaborazione con il Nevada Museum of Art e il Global Western, nel dicembre 2018 Paglen ha lanciato in orbita con il razzo Falcon 9 di Space X il satellite Orbital Reflector: una scultura gonfiabile prismatica, lunga una trentina di metri e larga circa un metro e mezzo, che raggiunta la distanza prescelta si sarebbe gonfiata per orbitare intorno alla terra per la durata di tre mesi illuminando la volta celeste con un nuovo astro visibile a occhio nudo. Lo shutdown dell’amministrazione pubblica degli Stati Uniti, che ha coinvolto anche i dipendenti della NASA e che è durato dal 22 dicembre 2018 al 25 gennaio 2019, ha interferito con l’attivazione e il monitoraggio del satellite di cui, ad oggi, si è persa traccia ma che forse, nel suo viaggio siderale, continua a illuminare le nostre notti.
Come negli Anni Venti l’artista costruttivista russo Kazimir Malevich immaginava la creazione di Sputnik come opere d’arte in orbita attorno alla Terra per raggiungere altri pianeti, così Paglen crea satelliti non funzionali come esperimenti scultorei, dispositivi evocativi del nostro rapporto con lo Spazio e la politica che ne governa la colonizzazione. La ricerca sulla forma di queste opere è una possibile risposta a come l’ingegneria aerospaziale potrebbe evolvere se i suoi metodi fossero dissociati dagli interessi militari. Evidenziando le connessioni interdisciplinari tra i campi della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e dell’arte, Paglen invita tutti noi a prendere parte a una conversazione sul nostro futuro collettivo e sulle modalità di controllo dei governi internazionali.
Se dal punto di vista scultoreo Paglen crea mondi potenziali e alternativi a quelli in cui viviamo, re-immaginando — come nel caso del progetto per le OGR — lo Spazio come un luogo di possibilità, il resto della sua produzione si articola nell’incontro tra fotografia, geografia, installazioni, giornalismo investigativo e conoscenze scientifiche, per dare così vita alla rappresentazione visiva di ciò che lui stesso definisce “trasformazioni della società contemporanea spesso invisibili a noi cittadini”. Le sue immagini vanno oltre la semplice documentazione, per riflettere sulle raffinate dinamiche di controllo, occultamento e manipolazione proprie dei governi dei Paesi industrializzati e delle loro agenzie di intelligence. Con l’intenzione di rendere visibile l’invisibile, il lavoro di Paglen mira a stimolare un grado di consapevolezza sempre maggiore nei confronti delle condizioni in cui viviamo e operiamo, mostrando i meccanismi di sorveglianza e controllo a cui siamo soggetti per interrogarci sulla possibilità di immaginare attraverso l’arte futuri alternativi.
La mostra in OGR presenta una risposta alle discussioni sull’indagine spaziale di Paglen ripensando il rapporto tra arte contemporanea e scienza, spingendo il pubblico a re-immaginare lo Spazio come un luogo di possibilità.