Emily Jones “TILT-ELK-LUCK-WARM” VEDA / Firenze di

di 20 Ottobre 2020

La parola asilo funge da àncora polisemantica nella personale di Emily Jones “TILT-ELK-LUCK-WARM” presso VEDA a Firenze. Qui l’artista costruisce lo spazio come un’intima tassonomia, in cui la cura è concepita quale attività trasversale e interspecifica. L’apparente assenza umana, allusa da una corda da passeggio per bambini abbandonata nella sala secondaria della galleria, è un monito alla sistemica invisibilità del lavoro riproduttivo, nonché alle pratiche di allevamento e mantenimento filiale che gravano sulla figura femminile. Sulla parete sinistra della sala, in un calendario dipinto a mano su cotone campeggia un premuroso imperativo sulla custodia del pianeta e lo scorrere dei suoi giorni è un invito a riaccordarsi a ritmi, cicli e tempi organici. Una struttura verticale che poggia su due blocchi di calcestruzzo è visibile attraverso la vetrina principale della galleria. Si tratta della riproduzione di un coral nursery composto da otto corde da ognuna delle quali pende una nomenclatura di circa una dozzina di frammenti di corallo realizzati all’uncinetto iperbolico. Questo ricetto marino artificiale intende riflettere sul fenomeno dello sbiancamento delle barriere coralline, causato dall’innalzamento della temperatura delle acque. Gli spazzolini che Jones aggiunge all’estremità di alcune delle corde alludono all’azione delle comunità di salvaguardia marina di frizionare e curare a più riprese i frammenti di corallo prima di innestarli nelle barriere.

Anelando la possibilità di ristabilire forme di co-evoluzione mutualistiche, Jones intona la propria pratica sulla capacità di riproduzione asessuata del corallo ridistribuendone l’agentività a ciascuna delle sue piccole ramificazioni – “and they knew themselves to be as one in 7,673,452 forms” scrive l’artista stessa nel testo poetico che accompagna la mostra – al fine di superare la relazione binaria tra soggetto e oggetto, tutore e accudito. La pratica dell’uncinetto iperbolico, con la quale Jones realizza le merlature coralligene cromaticamente ripopolate da microalghe diverse, le permette di confrontarsi non soltanto con un lavoro ad alta intensità di manodopera ma anche di fare propria una scuola di conoscenze incorporate e una grammatica di attenzioni condivise. In un raffinato paradosso d’intenti, Jones – così come prima di lei aveva fatto la scienziata Daina Taimiņa – punta a sussumere la gestualità quotidiana nell’investigazione di questioni ecologicamente e matematicamente complesse, riscattando uno degli esercizi manuali canonicamente relegati alla sfera domestica e femminea: il cucito. L’artista fa proprio quel realismo occupazionale delineatosi in campo performativo a partire dagli anni Settanta, concependo l’abitare consapevolmente il lavoro giornaliero quale forma d’arte – come definito da Julia Bryan Wilson.

Questa attitudine permette al visitatore di accedere a ecosistemi più profondi, condonando a Jones quegli accostamenti semiotici che potrebbero risultare prevedibili, come ad esempio la presenza in mostra di fredde fiamme su uno schermo a LED a simboleggiare la crisi ambientale globale. Ciononostante, nella restituzione e nell’osservazione del lavoro, i riverberi luminosi producono una drammaticità teatrale che apre a una riflessione sulla interrelazione intrattenuta con il digitale, ripresa anche dal titolo della mostra. “TILT-ELK-LUCK-WARM” è un elenco di parole d’ordine dalle suggestioni ritualistiche che Jones ricava in realtà da un CAPTCHA – test computerizzato per determinare in rete se l’utente sia un umano o un bot. È proprio quest’ultimo a performare mansioni definite nel linguaggio tecnologico semplici e ripetitive, in una parola riproduttive. Memori del principio di ibridazione tramandatoci da Mary Shelley e cavalcando le più o meno recenti formulazioni cyberfeministe, ci si congeda dal lavoro di Jones abbracciandone il quesito che pone: arrivati a un tale livello di potenziale interazione trans-essente, è ancora necessario cercare un fittizio ‘rifugio’ nelle codificate determinazioni del reale?

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Giulia Colletti