In che modo una capra può relazionarsi con una scultura? Quali connessioni, aldilà di quelle strettamente legate ad un bisogno biologico, possono innescarsi tra un animale ed un oggetto? Può esistere qualcosa come l’arte nella prospettiva animale?
Dichiarare un accesso esclusivo all’arte potrebbe definitivamente segnare una linea di separazione tra noi e le altre specie. Come se la nostra vanità non ci permettesse di fermarci dall’aumentare il divario e separarci definitivamente dagli altri esseri viventi. In questo senso, dovremmo ricordare quel vecchio proverbio che dice che l’uomo è in grado di costruire qualsiasi cosa, a parte un nido d’uccello.
Un tempo uomini e animali vivevano in simbiosi. Un esempio ne è la transumanza, alla quale è ispirato il titolo della mostra : un annuale pellegrinaggio dei pastori praticato per millenni nel Mediterraneo e nel resto del mondo, che si svolgeva solitamente nel periodo primaverile. Attraversando i territori e i villaggi in una gioiosa manifestazione di vita, i pastori erano soliti dislocare le greggi viaggiando per centinaia di chilometri dalle steppe alle verdi radure per assicurare cibo ai loro animali durante i mesi più caldi dell’anno. Questa pratica così come era originariamente condotta è progressivamente scomparsa nei paesi occidentali nel corso del ventesimo secolo, raggiunta dalla modernità, dall’espansione delle aree urbane e dalla restrittiva burocrazia riguardo lo spostamento di animali attraverso i territori, aumentando la distanza che separa gli umani dagli altri esseri viventi.
In occasione della sua prima mostra presso ZERO… Alex Ayed ha deciso di inaugurare l’apparentemente semplice gesto di attraversare la galleria accompagnato da un gregge di capre e galline utilizzando l’idea del passaggio come pretesto per la realizzazione di eventi e incontri in un determinato periodo di tempo, nel corso del quale gli elementi della mostra si sarebbero spontaneamente generati. Durante la settimana precedente l’inaugurazione, lo spazio espositivo è stato preparato a ricevere gli animali nel frattempo in transito. Come risultato le opere esposte sono state pensate principalmente come oggetti che potessero accogliere il bestiame nello spazio, come le mangiatoie e il pollaio installato nel montacarichi.
L’installazione e gli oggetti sono emersi dalla necessità del prendersi cura, mentre la funzione primaria della galleria è passata in secondo piano. Le sculture sono state posizionate più in alto per evitare che le capre le danneggiassero; un modo semplice per risolvere il problema della gestione estetica dello spazio. Un altro aspetto ha coinvolto la presenza di Beppe, un uomo la cui funzione consisteva nell’occuparsi delle capre e del pollame durante la giornata. In qualche modo anche Beppe è diventato parte della mostra attraverso la sua sola presenza e interazione con gli animali e i visitatori. Sfortunatamente le sue intenzioni hanno incontrato delle difficoltà misurandosi con l’energia di una capra che nel tentativo di fuggire ha forzato il recinto provvisorio. Poiché ci si aspettava che le galline avrebbero deposto uova, il pollaio è stato più volte adattato e migliorato per agevolare la produzione quotidiana tramite un habitat più confortevole. Ma la domanda rimane, quante galline può ospitare un montacarichi?
Il proposito di Ayed di creare una situazione che potesse generare l’energia necessaria per scatenare azioni imprevedibili ed eventi destabilizzanti è diventato un aspetto ricorrente nella sua pratica artistica degli ultimi anni, che recentemente ha portato alla collaborazione con animali. Un altro gesto ricorrente include l’utilizzo di oggetti trovati appartenenti al suo archivio personale o collezionati durante i viaggi da nomade nel Mediterraneo, che assembla in poetiche tracce con la funzione di fluido connettivo tra gli elementi, lo spazio e l’osservatore.
Dopo aver trascorso qualche giorno nella galleria il gregge se n’è andato insieme all’artista lasciandosi alle spalle tracce e infondendo lo spazio con il sentore di una partenza recente.