Il ciclo della vita attraverso gli occhi di Doug Aitken: Saint Laurent, P/E 2022 di

di 29 Luglio 2021

I molti passaggi di colore del cielo, all’Isola della Certosa di Venezia, sono resi ancora più complessi dagli specchi dell’installazione Green Lens (2021) di Doug Aitken, concepita appositamente per ospitare la sfilata P/E 2022 di Saint Laurent. I visitatori sono invitati a camminare attraverso e intorno a una struttura a specchio colma di piante, che in qualche modo suggerisce un teatro europeo del XVII secolo. Attraversare questo paesaggio vertiginoso evoca simultaneamente sentimenti di meraviglia, perdita, alienazione e rinnovamento. La Certosa, un’isola della laguna a nord-est di Venezia, che è stata sottoposta a una vasta riqualificazione e restauro agricolo, sembrava essere il luogo perfetto per accogliere una piattaforma come Green Lens, interagisce da caleidoscopio espandendo così la crescita del verde che la circonda e nel suo interno.

Centrale nella preparazione di ogni evento Saint Laurent è l’impegno a utilizzare materiali e attrezzature locali che vengono poi riutilizzati, riciclati o donati a sostegno di progetti artistici e culturali. Tutte le emissioni di gas serra (GhG) legate all’evento sono compensate attraverso programmi di riforestazione specificamente dedicati al giardino dell’Isola della Certosa, rispettando il suo ecosistema originale con la collaborazione di specialisti ambientali locali. Tutte le piante che vivono all’interno di Green Lens saranno ripiantate, oltre a quelle che Saint Laurent donerà all’Isola della Certosa nell’ambito del programma di riforestazione e del progetto di ristrutturazione, che renderà le rovine del convento nuovamente accessibili ai locali e ai visitatori internazionali. Saint Laurent ricostruirà anche il muro della Certosa che è stato danneggiato nel 2019. Al tramonto, con le varie sfumature di rosa e viola del cielo, è iniziato lo spettacolo. Green Lens è diventata una struttura dinamica, con creature fantasma che si muovevano in tutte le direzioni, davanti a un pubblico completamente immerso e incantato.
In occasione della sfilata Doug Aitken è stato intervistato a Venezia poco prima dell’evento.

Gea Politi: Qual è stato il punto di partenza per Green Lens? Quali sono state le tue influenze?
Doug Aitken: Prima di iniziare questo progetto, ho pensato tra me e me: “Dove può arrivare l’arte?”. L’arte del passato che abbiamo ereditato è dinamica e ho capito che la maggior parte di essa riguarda il completamento. Si tratta di arte, ma anche della sua esecuzione. Per esempio un bicchiere d’acqua svuotato non lo si deve toccare o usare, rimane così com’è, un pezzo di cultura congelato. Vorrei che l’era glaciale della cultura si sciogliesse, che la cultura prenda vita, e progetti come questo guardino ad altre possibilità per vedere dove può dirigersi l’arte, qual è il suo potenziale e il suo ciclo vitale. Può bruciare velocemente o può essere infinito. Credo che in questa installazione non ci sia una gerarchia; è singolare, nel senso che si può essere soli e vivere una sorta di momento esistenziale, o può essere completamente inclusiva e avere una folla di persone e performance dentro e intorno. L’architettura dell’installazione non ha entrata né uscita, è universale in un certo senso. Ci si può camminare dentro, fuori, intorno. Ma in realtà l’opera è anche botanica e cresce continuamente, di giorno sfrutta la luce del sole per espandersi e diventare più “verde”. Nel pomeriggio si possono vedere le nuvole mentre il mare si alza e si abbassa con la marea. Tutti diventano parte del campo visivo, quindi Green Lens non è un’installazione ermeticamente sigillata e immersiva, è l’esatto opposto, proietta l’opera d’arte verso l’esterno, in modo che lo spettatore sia davvero potenziato. È come se fosse il tuo lavoro, tu sei l’autore, sei il creatore del campo in tempo reale, quest’idea mi ha affascinato.

GP: Come avete scelto la location per il progetto?
DA: La storia dell’isola è piuttosto interessante. In passato era un luogo di munizioni per le armi e lo stoccaggio. Invece negli anni ‘60 è stata abbandonata a causa degli alti livelli di tossicità. Il luogo suggeriva un paesaggio post-apocalittico quando sono stati rimossi alcuni pezzi. Venezia ha un bellissimo arcipelago che esprime questa sensazione di “dimenticato e proibito”, come se fosse bruciato. Così ho scelto la location per questo progetto, lavorando in collaborazione con l’isola. Tutta la vegetazione della scultura verrà trapiantata intorno all’isola e inizierà a crescere. Essenzialmente, l’opera d’arte esiste in questa forma ora e poi si dissolverà nella terra per poi risorgere e diventare parte dell’ecosistema il più a lungo possibile.

GP: La moda e i direttori artistici stanno diventando più che mai produttori di contenuti. Credi che questa connessione con l’arte stia diventando più sottile o più necessaria? Il tuo lavoro entra nel lavoro di Anthony Vaccarello e viceversa, anche se il tuo lavoro rimane. Cosa ne pensi?
DA: Sento che questo progetto è quasi una realtà incastrata; è una scultura, un momento nel tempo, un’installazione, una piattaforma per un individuo o una collettività. Sono profondamente interessato a questa idea di scolpire il tempo, e per me è uno dei valori dell’arte, specialmente in questo momento (quasi) post-pandemico. Mi chiedo costantemente dove stiamo andando, quali decisioni prendiamo, eticamente, culturalmente, come individui o come società. Mi concentro sul presente e sul futuro, e ho voluto realizzare quest’opera, che ho concepito durante la quarantena. Il fatto che il lavoro sia stato presentato in questo periodo dimostra una visione più ampia: che finalmente possiamo essere nello stesso spazio.

GP: Pensavi già di creare questa piattaforma organica prima di collaborare con Saint Laurent?
DA: Con questo lavoro ero molto interessato al presente. Se un individuo entra nell’installazione quando nessun altro è all’interno, la narrazione dell’opera è il presente. Tutto ciò che lo circonda lo diventa attraverso i riflessi. Anche il suono è una componente importante del lavoro. Ho elaborato una composizione registrata interamente dai suoni dell’isola dove si possono sentire gli insetti, il vento e il movimento dell’acqua. Il suono dell’isola viene trasformato in una composizione del presente.

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Gea Politi