Ordet presenta “Tracer Recordings”, la prima mostra personale in Italia di Jeremy Shaw.
Le opere in mostra di Jeremy Shaw (1977), artista canadese di base a Berlino, evocano l’interesse costante dell’artista nei confronti degli stati di alterazione e dell’ampio spettro delle loro manifestazioni, da quelle somatiche e comportamentali a quelle sociali e scientifiche. Con una pratica che adotta mezzi di comunicazione che spaziano dalla fotografia analogica a installazioni video multi-canale, Shaw appare alla costante ricerca della qualità sfuggevole di qualsiasi strategia documentaria di fronte all’alterazione, indagando il suo potenziale riverbero e disorientamento nei confronti dello spettatore. Curiosamente, tutti i lavori esposti rappresentano o proiettano un movimento, ma non emettono alcun suono. Il tappeto che ricopre l’intero pavimento dello spazio amplifica ulteriormente il silenzio delle opere.
Le Cathartic Illustrations costituiscono un nuovo corpus di serigrafie. Le immagini tratte da archivi di giornali che ritraggono soggetti impegnati in attività catartiche – spirituali, edonistiche, tecnologiche – sono manipolate in un processo di ripresa analogica attraverso vari obiettivi e lenti speciali, accentuando l’apparente stato alterato delle figure, e restituendole ancor più possedute, in trance, come sospese nel tempo. La serigrafia, sviluppata per la diffusione iconografica di massa, è usata in mostra per tappezzare in modo irriverente ampie sezioni dello spazio con immagini tratte dalla serie; e tuttavia, come in un’ennesima distorsione, ogni Cathartic Illustration è un’edizione unica.
Exorcism in Essex. 15-4-75 (2020) è parte della serie Towards Universal Pattern Recognition. Un’altra foto d’archivio è filtrata da una cornice prismatica disegnata dall’artista. Questo elemento poliedrico focalizza direttamente lo sguardo sul volto esasperato della protagonista della foto, approssimando visivamente il suo apparente stato alterato con ripetizioni caleidoscopiche. Poiché ogni sfaccettatura è un obiettivo che riflette rifrazioni multiple, la cornice stessa, posizionata tra l’immagine e lo spettatore, riflette anche i fattori che caratterizzano la produzione e la ricezione dell’immagine: dallo sguardo del fotografo, alle prospettive della fotocamera, alle convinzioni e alle aspettative dello spettatore stesso.
This Transition Will Never End (2008-in corso) consiste in una sequenza di vortici tratti da film a basso budget, serie TV cult e classici di Hollywood, una catalogazione che illustra come questo fenomeno sia stato adottato con sorprendente coerenza per rappresentare una transizione tra due stati, tra due realtà, o uno slittamento temporale. Attraverso una storia degli effetti speciali impiegati per illustrare il topos – dalle costruzioni fisiche in Kronos – Sfida al passato (1958) all’animazione in split screen in 2001: Odissea nello spazio (1968), dalla prima computer grafica in Tron (1982) alla CGI altamente avanzata in Enter the Void (2008) – assistiamo al consolidamento di una metafora visiva.
La mostra è stata prodotta in collaborazione con König Galerie, Berlino.