“The Upsweep Paradox” è la prima mostra, a cura di Atto Belloli Ardessi, di Alexander Tillegreen in Italia. La personale racchiude una totalità di lavori inediti realizzati nel corso di una residenza di oltre tre mesi presso gli spazi di FuturDome, durante la quale l’artista ha avuto l’opportunità di accedere e ricercare negli archivi di Isisuf, Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo, da cui nasce nel 2004 il progetto FuturDome. Nello specifico, Tillegreen attinge dall’archivio dell’artista brasiliana Mary Vieira, conservato presso la sede dell’istituto, di cui vengono esposte due opere.
La pratica di Tillegreen, partendo dall’uso del suono come vettore percettivo, integra fotografia, scultura, pittura e installazione, indagando la relazione tra i fenomeni sonori psico-acustici e il loro potenziale di riflettere e risvegliare la situazionalità linguistico-culturale dell’ascoltatore e la fluidità psicologica del subconscio. La mostra si articola attraverso i 4 livelli del corpo interno del palazzo, innescando una sorta di esperienza oggettiva nell’attivazione di eventi/accadimenti passati e presenti, atti a ridefinire i limiti percettivi di tempo e spazio. Una progressione strutturale e temporale nell’architettura cognitiva della nostra mente, caratterizzata da illusioni fonetiche Phantom Words che inducono l’ascoltatore in una condizione narrativa di inferenza inconscia.
Il fenomeno delle Phantom Words si riferisce ad una serie di illusioni sonore dovute a differenze nell’organizzazione del cervello a seconda della lingua e soggettività dell’ascoltatore, che inducono a percepire parole differenti da quelle ascoltate. Scoperto e teorizzato negli anni ‘70 dalla psicologa Diana Deutsch, il fenomeno è l’espediente utilizzato da Tillegreen per condurre l’ascoltatore in una condizione di neutralità, anche di genere, dove le frontiere sia fisiche che sensoriali si annullano costituendo uno spazio sociale altro. Gli studi di Deutsch hanno portato alla scoperta di una serie di illusioni sonore della musica e del linguaggio, che dimostrano varie caratteristiche della percezione e della memoria del suono, confermando che sussistono notevoli variazioni nel modo in cui le persone tendono a percepire la musica. Le illusioni sonore dimostrano anche l’importanza della memoria, della conoscenza e delle aspettative nelle modalità in cui percepiamo la musica e la parola, indicando forti connessioni tra i sistemi cerebrali responsabili di queste due forme di comunicazione.
Con l’installazione che introduce la mostra, Suspended Loop (gathering), l’artista opera una traslazione strutturale dell’appartamento di FuturDome già meta di ritrovo e dibattito negli anni ‘40 degli ultimi Futuristi. La fluttuazione, l’assenza di peso degli oggetti nell’aria (uno specchio, un lampadario, una griglia per fornelli e uno scuro della finestra) riporta una condizione spettrale; gli elementi sono mantenuti sospesi, fuori dal tempo e dal luogo, nello spazio, per una istanza eterna.
Costituito da oggetti ritrovati nei seminterrati di FuturDome, Situated states (absorption and shift), è una installazione composta da due teste di manichino e lastre di legno. Entrambe si riferiscono agli stati psicologici dell’ascolto profondo e al nostro assorbimento nel processo uditivo. Le due teste, agli estremi opposti della stanza potrebbero anche essere percepite con un tono più politico, a cui si riferiscono anche i lavori sonori, uno stato di situazionalità e di incorporazione culturale che non ci permette di interpretare il mondo in cui ci troviamo.
Un ambiente asettico monocromo delimita A+A (five phantom streams for FuturDome), opera composta da 5 Phantom Words italiane che inducono l’ascoltatore ad attivarsi come co-compositore della propria esperienza, oltrepassando la propria nazionalità, cultura o genere. Proiezioni della propria mente di mutazioni della parola originale in cui l’interprete-ascoltatore è privato dell’argine protettivo che la partitura rappresenta. Traslare il gesto artistico dall’artefice allo spettatore è anche la peculiarità dell’opera di Mary Vieira, pioniera dell’arte cinetica e concreta, a cui Tillegreen dedica una sala allestita con due lavori dell’artista brasiliana che sintetizzano le condizioni di tempo e movimento, partecipazione e co-creazione. Condizioni, le prime, anche se instabili, che ci consentono di attivare un unico, perpetuo stato di transitorietà. Gestire il tempo e ridurlo a variazioni modulari di proporzioni armoniche immanenti diventa per Vieira, l’idea di una nuova realtà.
Il dialogo con la scultrice brasiliana si intensifica con Correspondence (before thought), installazione sonora composta da campioni della voce di Vieira estratti da una delle sue rarissime interviste video. L’opera può considerarsi una sorta di conversazione chiamata-risposta tra i due artisti, in cui Tillegreen comunica con la scultrice generando tappeti sonori che identificano temi comuni che ricorrono nella pratica di entrambi gli artisti. Un suono, strutturato o meno, quando viene eseguito, diviene una forma di scultura. L’aria nello spazio della rappresentazione è scolpita come una scultura molecolare nel tempo, viene quindi osservata dalle orecchie degli ascoltatori o dallo spazio che la delimita, permettendoci di interpretare il mondo o i mondi in cui ci troviamo.
Persino nei momenti di maggiore disperazione e caos, quando la cicatrice con il mondo si fa più profonda, la musica vorrebbe precipitare nella nostra coscienza per evocarne mistero e sacralità, o forse soltanto mostrare le fratture tra le radici autentiche di un’umanità e di un genere che non esiste più e la nuova mitologia del consumo.
Se il suono è funzionale a definire e formare lo spazio, nelle architetture acustiche di Alexander Tillegreen l’ambiente sonoro attua dei processi di annullamento sensoriale, innescando uno stato primario che oltrepassa le classificazioni di umano e animale, di identificazione di genere e provenienza, rappresentando uno stato neutrale oltre ogni concetto di tempo, che si insinua e solca gli abissi transitori della realtà.