10 mostre da vedere a Venezia durante la 59a Biennale d’Arte

21 Aprile 2022

Ugo Rondinone “burn shine fly” Scuola Grande di San Giovanni Evangelista

Ugo Rondinone, “burn shine fly”. Veduta dell’installazione presso Scuola Grande San Giovanni Evangelista, Venezia, 2022. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy l’artista; Galerie Eva Presenhuber, Zurigo; Esther Schipper, Berlino; Sadie Coles HQ, Londra; Gladstone, New York; Kamel Mennour, Parigi; Kukje Gallery, Seoul.

Con due corpus di lavori inediti e la scultura the sun II (2018), Ugo Rondinone occupa la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista inserendosi naturalmente, non senza generare stupore, in un luogo che trasuda di storia. Attraversato il cortile in cui si staglia il sole monumentale in bronzo dorato, rispettivamente al cielo della chiesa e sul pavimento della seconda sala troviamo le nuove produzioni dell’artista, concepite per l’occasione con il supporto di Eva Presenhuber, Esther Schipper, Sadie Coles HQ, Gladstone, Kamel Mennour e Kukje Gallery. Sette corpi mimetizzati in cieli di nuvole pendono dal soffitto mimando il volteggio di corpi danzanti (da cui l’artista ha ricavato i calchi); mentre intima e più contenuta è la serie di candele still life poste a pavimento: sebbene contingenti, il piombo attraverso cui sono fissate ci porta a considerare una condizione di eternità imperfetta a cui è destinata l’opera di Rondinone.

Marlene Dumas “open-end” Palazzo Grassi

Marlene Dumas, Smoke, 2018. Olio su tela. Fotografia di Kerry McFate, New York. Courtesy Collezione Privata, Germania. © Marlene Dumas.

Oltre cento opere in mostra a Palazzo Grassi celebrano l’artista sudafricana Marlene Dumas. I lavori esposti, dal 1984 a oggi con opere inedite della Collezione Pinault e provenienti da prestiti istituzionali e privati, restituiscono esaustivamente la ricerca pittorica di Dumas che sperimenta con il collage e il testo per arrivare a una pittura pastosa, visibilmente più materica, fatta principalmente di olio su tela o inchiostro su carta. Anche il lavoro su diversi formati caratterizza questa antologica, che mette in risalto l’attenzione quasi perversa di Dumas al dettaglio, all’uso maniacale delle cromie che si fondono nei lavori rendendo laschi i contorni dei volti, così come dei corpi. Questioni razziali o di genere si alternano a dettagli corporali che rilasciano un erotismo legato intrinsecamente all’uso del colore.

“Penumbra” Fondazione In Between Art Film Complesso dell’Ospedaletto

Emilja Škarnulyté, Aphotic Zone, 2022. Veduta della mostra “Penumbra” presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia, 2022. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy l’artista; Erik Cordes e The Schmidt Ocean Institute; e Fondazione In Between Art Film.

La Fondazione In Between Art Film di Beatrice Bulgari sotto la direzione curatoriale di Alessandro Rabottini presenta la sua prima mostra istituzionale all’Ospedaletto e nella Chiesa di Santa Maria dei Derelitti. Intitolata “Penumbra”, l’esposizione – con la doppia curatela di Rabottini e Leonardo Bigazzi – comprende otto nuove produzioni commissionate per l’occasione agli artisti Karimah Ashadu, Jonathas de Andrade, Aziz Hazara, He Xiangyu, Masbedo, James Richards, Emilija Škarnulytė e Ana Vaz. La collettiva intende indagare anche (e soprattutto) le modalità allestitive delle immagini in movimento, oltre a fornire uno spaccato della diversità del panorama artistico nazionale e internazionale nell’approccio alle produzioni time-based media. L’allestimento, a cura di Ippolito Pestellini Laparelli con il suo studio 2050+, lavora sull’atmosfera rarefatta di Venezia dialogando con l’architettura non neutrale dello spazio. Ogni lavoro trova puntualmente la sua dimensione, la sua zona di (pen)ombra.

“Human Brains” Fondazione Prada

The Conversation Machine. Video, interviste e orchestrazione di Taryn Simon. Prodotto da Fondazione Prada per il progetto “Human Brains: It Begins with an Ida”. Fotografia di Marco Cappelletti. Courtesy Fondazione Prada, Milano / Venezia.

Ogni singolo individuo è un’entità unica e complessa e il cervello umano è un territorio tanto esplorato, quando ancora oggi misterioso. I ricordi si accumulano nel cervello, vengono modificati, alterati, adattati, investiti di nuovi significati. La volontà di comprensione dell’origine e della funzione della sede del nostro pensiero caratterizza una costante nella storia dell’uomo così come del progetto “Human Brains”, primo tentativo “fisico” dell’ambiziosa ricerca condotta da circa due anni da Fondazione Prada, concretizzatosi nella sede veneziana. La messa in mostra della complessa ricerca, con un allestimento dal design perfettamente riconoscibile, ripercorre la storia della nascita e dello sviluppo della conoscenza neuroscientifica attraverso proiezioni video che introducono l’osservatore al campo di studi e ai suoi misteri e oggetti risalenti ad ogni epoca e area geografica. Un percorso fra i simboli dei tentativi fatti, nel corso della storia, di comprendere il cervello umano.

Danh Vo, Isamu NoguchiPark Seo-Bo Fondazione Querini Stampalia

Park Seo-Bo, Ecriture No. 220125, 2022. Acrilico su ceramica. 73 x 91 cm. Fotografia di Ollie Hammick. Courtesy e © l’artista.

In collaborazione con la galleria White Cube di Londra, Danh Vo insieme a Chiara Bertola, ripensa gli spazi di Querili Stampalia intervenendo lateralmente, o potremmo dire in maniera quasi camaleontica. Come le nomenclature in latino scritte a matita dal padre accompagnate da fotografie dei fiori nel suo giardino a Güldenhof, o a Pantelleria per citare alcuni luoghi a lui cari: fotografie scattate con lo smartphone poi stampate a colori che restituiscono una delicata soggettività, evocando un approccio archivistico e riflettendo sul rapporto tra funzione e forma. Vo introduce una selezione di lampade di carta Akari dell’artista Isamu Noguchi, che disturbano per certi versi la coerenza stilistica del luogo, pur abitandolo dignitosamente, in cui si inserisce molto bene anche l’artista coreano Park Seo-Bo con un corpus di lavori realizzati su carta Hanji che rimanda alla texture delle iconiche lampade di Noguchi trattenendo anche una dimensione meditativa.

Francesca Leone, “Take Your Time” Nomas Foundation

Francesca Leone, Space 4, 2021. Dettaglio. Foglio di metallo riciclato arrugginito. Dimensioni variabili. Fotografia di Sebastiano Lucian. Courtesy l’artista.

Le restrizioni imposte dalla pandemia e la sospensione del tempo collettivo e individuale sottendono “Take your time”, un progetto di Francesca Leone per la Nomas Foundation. L’artista si interroga sul rapporto tra umano, tempo e materia, e lo fa scomponendo, plasmando e dipingendo materiali di scarto per restituirvi un nuovo rapporto con la dimensione umana. Attraversando gli spazi del percorso, si entra in una condizione sospesa tra esperienza e opera, tra immaginario e universale, tra dimensione terrena e cosmica. Il tempo diventa uno strumento di conoscenza, in grado di andare oltre una quotidianità spesso assente e superficiale.

Joseph Beuys “Finamente Articolato” Palazzo Cini

Joseph Beuys, Supporto per la schiena di un essere umano finamente articolato (tipo lepre) del XX secolo d.C., 1972-82. Schienale in ghisa e vetrinetta. Schienale: 15 x 94 x 45 cm; vetrina: 183,5 x 155 x 64,5 cm. Courtesy Galerie Thaddaeus Ropac, Londra / Parigi / Salisburgo / Seoul. © Archivio di Joseph Beuys, Bonn.

Supporto per la schiena di un essere umano finamente articolato (tipo lepre) del XX secolo d.C. (1972) è l’opera che dà il titolo alla retrospettiva dedicata a Joseph Beuys, a cura di Luca Massimo Barbero, realizzata in collaborazione con la galleria Thaddaeus Ropac. Quella della lepre, a cui allude il titolo della scultura in ferro, parte della serie Processi arrestati, è una forma fondamentale nel simbolismo artistico e concettuale di Beuys. Il ruolo simbolico dell’immagine animale nella pratica dell’artista e lo studio del corpo umano sono le due direttrici della mostra, che presenta una selezione di quaranta opere, tra sculture, lavori su carta e disegni realizzati da Beuys a partire dalla fine degli anni Quaranta.

Louise Nevelson “Persistance” Procuratie Vecchie

Louise Nevelson, “Persistence”. Veduta della mostra presso Procuratie Vecchie, Venezia, 2022. Courtesy Louise Nevelson Foundation.

A sessant’anni dalla partecipazione di Louise Nevelson alla Biennale d’Arte del 1962, la sua opera viene celebrata con una mostra che segna anche la riapertura delle Procuratie Vecchie dopo un lungo restauro. “Persistance” riunisce sessanta opere di Nevelson realizzate tra gli anni Cinquanta e Ottanta che mettono in luce il suo approccio unico all’astrazione e all’assemblaggio: dalle monumentali sculture nere in legno dipinto a quelle bianche, o l’installazione Dawn’s Presence – Three (1975), o ancora le opere realizzate in oro come The Golden Pearl (1962) e i collage che hanno caratterizzato l’intera ricerca dell’artista.

Hermann Nitsch “20th Painting Action” Zuecca Projects / Oficine 800

Hermann Nitsch, “20th Painting Action”. Veduta della mostra presso Oficine 800, Venezia, 2022. Fotografia di Marcin Gierat. Courtesy Zuecca Projects, Venezia.

Pochi artisti hanno sfidato i propri limiti e quelli della libertà come Hermann Nitsch, pioniere dell’Azionismo viennese, scomparso nel giorno di apertura della mostra alla Giudecca. Le opere della ventesima azione pittorica – per la prima volta esposte in Italia – riempiono e si integrano con gli spazi storici delle Oficine 800, offrendo al pubblico la possibilità di ripercorrere il pensiero di Nitsch. Nell’ambiente pittorico si diffondono le costanti del suo lavoro, tra momento presente ed eterno, reale e simbolico, purezza e profanazione. L’azione pittorica di Nitsch ha da sempre innescato in chi osserva un’esperienza della realtà sensoriale intensificata, portando lo spettatore a una riflessione inevitabile sulla propria esistenza.

“ALLUVIUM” OGR TORINO

“ALLUVIUM”. Veduta della mostra presso Complesso dell’Ospedaletto, Venezia, 2022. Fotografia di Andrea Rossetti. Courtesy OGR, Torino.

“ALLUVIUM” è il nuovo progetto site-responsive degli artisti iraniani Ramin Harizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian, che segna la presenza di OGR Torino a Venezia, negli spazi del Complesso dell’Ospedaletto. I lavori nascono da un processo di rielaborazione e negoziazione, in una stratificazione di livelli concettuali e materiali che si sommano per dare vita a opere in costante trasformazione. La ricerca dei tre artisti muove da oggetti accumulati per creare un paesaggio mentale e fisico, e nuove narrazioni. “ALLUVIUM” si compone di sculture in ferro che reggono piatti in terracotta, che a loro volta accolgono i dipinti degli artisti che sono il risultato un processo di riscrittura di immagini ricavate dalle news quotidiane capaci di generare un immaginario inedito.

Tomaso De Luca Casa Venezia

Tomaso De Luca, Trödel (thirst traps), 2022. Proiezione di 40 slide, stampa digitale su pellicola. Courtesy l’artista; LIAF – Lofoten International Art Festival; Case Chiuse by Paola Clerico, Milano; e Monitor, Roma / Lisbona / Pereto.

Gli spazi domestici di Casa Venezia ospitano la nuova installazione video di Tomaso de Luca, che insieme a fotografie e sculture rappresenta uno dei due atti di “Something Out of It”, il progetto espositivo del duo curatoriale Francesco Urbano Ragazzi. Con questo intervento, De Luca prosegue la sua indagine all’interno della crisi dell’età moderna, guardando soprattutto ai processi di gentrificazione. Muovendo da un fatto di cronaca realmente accaduto a Philadelphia nel 2019, stravolge l’ambiente domestico solitamente accogliente, e la casa diventa un luogo insidioso, dove ogni oggetto è una potenziale trappola. L’intervento diventa strumento di critica delle conseguenze della gentrificazione climatica che sempre di più colpisce le città americane.

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