La carriera artistica di Dadamaino (pseudonimo di Eduarda Maino, Milano, 1930 – Milano, 2004) è stata influenzata da tendenze e movimenti artistici diversi, sviluppatisi in Europa alla fine degli anni Quaranta. Il suo approccio allo spazialismo è evidente nel suo lavoro, così come l’influenza di altri gruppi, da ZERO in Germania ad Equipo 57 in Spagna, passando per Azimuth in Italia, a cui prese attivamente parte. Molto presto, Dadamaino giunse a una propria ricerca artistica, sviluppando contemporaneamente un crescente interesse per l’attivismo sociale e prendendo parte, a partire dal 1968, a numerose proteste del movimento femminista italiano.
Dal 1958 Dadamaino ampliò la nozione di spazialismo iniziata da Fontana, trasformando il vuoto del Concetto spaziale in Volumi. La serie “Volume” in tele non perfettamente tagliate che generano una spazialità volumetrica caratteristica della sua produzione. L’artista muove da una sensibilità scientifica e da un gusto per la realtà matematica per sviluppare riflessioni analitiche e modelli strutturali che permeano la sua ricerca. La serie la condusse a una linea di lavoro incentrata sulle vibrazioni ottiche.
Il titolo della mostra, “Dadamaino: 1930 – 2004. Dal movimiento alle proteste mute”, deriva da una risposta che Dadamaino diede nel 1980 in un’intervista con Francesco Vincitorio: “Mi limito, ancora una volta, a delle proteste mute”. Il titolo riflette in qualche modo il carattere mutevole dell’artista, le molteplici linee di ricerca che ha intrapreso durante la sua carriera e il cambiamento vitale che può essere percepito nella produzione iniziale legata soprattutto al colore, al movimento e alla ricerca della Luce, e in quella più matura, più silente, elegante e concettuale. Ma mette in luce anche la sua dedizione all’attivismo politico e femminista. La mostra vuole quindi presentare la visione di un’artista, attivista e pensatrice poliedrica.