Jenna Gribbon “Mirages” Collezione Maramotti / Reggio Emilia

7 Novembre 2022

Gribbon spesso raffigura persone a lei vicine: gli amici, il figlio, la compagna, i colleghi artisti. I suoi dipinti catturano le complessità e le dinamiche all’interno di queste relazioni, affrontando le implicazioni insite nel vedere e nell’essere visti. L’osservatore condivide il punto di vista dell’artista nelle scene rappresentate ed è incoraggiato a esplorare le relazioni interne all’opera, tra l’artista e il soggetto, così come i rapporti oltre la tela, tra partner, familiari o amici. L’intimità e l’empatia di queste relazioni sono assorbite nel gesto e nel linguaggio pittorico utilizzati dall’artista per rappresentarle.
Soggetto privilegiato dei quadri in mostra è la compagna dell’artista, la musicista Mackenzie Scott (TORRES). La protagonista è plasmata da Gribbon con colori vividi e pennellate fluide, sensuali, che sembrano quasi sciogliere l’uno nell’altro i diversi elementi dell’ambiente e del suo corpo – un corpo riflesso, plasmato, ispezionato, a volte ipertrofico –, su cui l’artista ha qui sperimentato in una scala e con composizioni inedite.

Se nei dipinti di grandi dimensioni l’energia visuale delle immagini irradia dalla distanza – e le forme divengono quasi astratte avvicinandosi alla superficie della tela –, le opere più piccole richiedono una prossimità, un movimento intimo verso l’interno dell’opera per coglierne dettagli e sviluppi narrativi.
In questo progetto Gribbon prosegue la sua esplorazione sullo sguardo, introducendo specifici elementi figurativi ricorrenti.
Lo specchio amplifica il rimbalzo degli sguardi, evocando anche il tema del doppio, e la benda diventa un ulteriore tassello per la costruzione di una narrazione sui rapporti di potere. I fasci bianchi e diretti delle lampade e il bagliore crepitante del fuoco si combinano a sfondi “green screen” che rimandano alla luminosità irradiata dagli schermi, su cui poter potenzialmente proiettare infinite visioni. Cieca vittima in cerca di orientamento tattile o soggetto passivo di indagine, dea Fortuna o assonnata divinità bendata della giustizia, creatrice di realtà fittizie o veggente colta nell’atto divinatorio, donna sezionata con un gioco di prestigio o in seduta operatoria, Fenice infuocata o rilassata gitante, Mackenzie è una figura mutevole che racchiude e intreccia variegate associazioni iconografiche e mitologiche, così come scene di vita quotidiana, momenti ludici e storie di prevaricazione.

I dipinti figurativi di Gribbon traggono ispirazione da memorie personali, dalla storia dell’arte e dall’esperienza quotidiana, combinando fluidamente stili differenti all’interno di una stessa tela. Rielaborando fotografie scattate con il suo smartphone per “catturare idee”, l’artista dà forma a ritratti e scenari dal taglio cinematografico, sospesi tra realtà, finzione e immaginazione.
Portatrici di una visione peculiare su un universo femminile in cui bellezza e piacere agiscono come dispositivi politici per scardinare i tradizionali schemi patriarcali ed eterosessuali, le sue opere pongono l’osservatore all’interno di complesse relazioni di sguardo, in cui si è coinvolti in quanto soggetti attivi.

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