“The Floating Collection”, a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, trae ispirazione dal dibattito e dai processi di decolonizzazione avviati nei musei etnografici e antropologici di tutto il mondo che, dagli anni Novanta, si sono impe-gnati in una revisione della storia dei propri patrimoni, sperimentando nuovi approcci di indagine sulle collezioni e di mediazione con il pubblico. Inscrivendosi in tale contesto, la mostra pone attenzione sui linguaggi delle arti visive proponendoli come strumenti in grado di rileggere le storie della città, riattivarle e re-immaginarle con gli occhi sgombri dalle strutture narrative e dagli approcci metodologici consueti. All’impostazione enciclopedica e catalogatoria che caratterizza il modello museale occidentale e moderno, la “collezione fluttuante” si contrappone muovendosi sui confini delle discipline senza delineare regole o letture unitarie ma ponendo domande, offrendo immaginari e tenendosi aperta a continue oscillazioni e variazioni.
Protagonisti del progetto non sono tanto gli oggetti delle collezioni dei musei bolognesi, quanto le idee e gli immaginari emersi da una loro riconsiderazione. Le artiste e gli artisti ci accompagnano così in una riflessione sulla museologia e sulle sue sovrastrutture, sulla storia socio-culturale del territorio, sulla natura evocativa di manufatti e altre curiositates, sulle potenzialità della creazione di mondi fittizi in grado di fare luce sul modo in cui a tutt’oggi organizziamo e valorizziamo le informazioni. Soffermandosi sui metodi tramite cui le arti visive si rapportano allo studio della società, la mostra diventa anche un esempio della polifonia di stili, tecniche e approcci che caratterizzano le arti contemporanee più recenti.
Nella programmazione del MAMbo, “The Floating Collection” si inserisce e al contempo tenta di andare oltre il filone d’indagine inaugurato nel 2020 e proseguito nel 2021, in piena situazione pandemica, dal ciclo di focus espositivi RE-COLLECTING, in cui opere già esistenti, appartenenti alle collezioni dei musei civici, erano sottoposte a nuove prospettive interpretative con l’obiettivo di rinnovare e rendere più dinamica la relazione con i visitatori e proporre inusuali percorsi di senso. Tra le fonti d’ispirazione comuni sia a RE-COLLECTING che a The Floating Collection, come evidenzia Lorenzo Balbi in uno dei saggi introduttivi della pubblicazione in uscita con l’apertura della mostra, vi è la visione di Franco Solmi, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, che nel suo discorso di insediamento nel 1975 delineava l’identità, la missione e la visione della nascente GAM.
Facendo propria e attualizzando tale visione, The Floating Collection si spinge oltre quanto già attuato con RE-COLLECTING, chiedendo ad Alex Ayed, Rä di Martino, Cevdet Erek, David Jablonowski, Miao Ying e Alexandra Pirici di produrre, dopo aver visitato e conosciuto le collezioni dei musei bolognesi, opere completamente nuove, ispirate alle suggestioni ricevute durante le visite, che del patrimonio culturale cittadino propongono interpretazioni comple-tamente nuove e originali. Lo spazio della Sala delle Ciminiere diventa così contenitore di una nuova “collezione fluttuante” che ci interroga, lasciandoci tutt’altro che passivi spettatori, come spiega efficacemente Caterina Molteni nel suo saggio introduttivo sulla mostra:
“La collezione fluttuante galleggia nell’aria per essere nuovamente osservata chiedendosi quali altre traiettorie possono essere generate da essa, in che modo le sue parti, con le storie che custodiscono, sono in grado di sugge-rirci nuove vie di indagine, non solo sul museo ma sul mondo che ci circonda. L’assenza di gravità diventa quindi l’occasione per togliere le mani dai fianchi, alzarle verso gli oggetti, iniziare a rigirarli con attenzione e porci alcune domande.”
Sono diverse le fonti e gli spunti che si possono rintracciare nei lavori in mostra: Alex Ayed, per arrivare alla realizzazione della serie Sun Drawings, che include strisce per eliofanografo provenienti dal Museo della Specola, ha trascorso diverse settimane a Bologna visitando le collezioni museali della città, con particolare attenzione a quelle del Sistema Museale di Ateneo. Affascinato dalla natura enciclopedica delle collezioni scientifiche e didattiche raccolte dall’Università di Bologna nei secoli, l’artista si è interessato ai diversi metodi di catalogazione e misurazione messi in atto dall’essere umano per studiare il cosmo e le altre creature terrestri.
Rä di Martino, nelle musiche composte da Mauro Remiddi per il video Moonbird, rielabora campioni sonori di strumenti musicali antichi, parte della collezione del Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna. Cevdet Erek, per la sua installazione architettonica site-specific ha adottato una prospettiva ampia: in un processo di misurazione esteso all’intera città, l’artista si è interessato ai ritmi e alle pause rintracciabili lungo le strade, i musei, tra i portici e le torri, fino alla Sala delle Ciminiere del MAMbo che ospita il lavoro. La sua opera include un prestito del calco in gesso del XIX secolo della croce scolpita (IX-X secolo) originariamente posta all’esterno di San Lorenzo a Varigna-na, proveniente dal Museo Civico Medievale di Bologna.
David Jablonowski presenta in mostra, oltre a una serie di lavori scultorei esistenti, una nuova produzione dal titolo Geo-fenced commodity futures (renewable, traced, hard) IV, nata da una riflessione sulla storia dei materiali all’interno delle collezioni museali, luoghi in cui è possibile osservare come i concetti di innovazione e di obsolescenza hanno plasmato l’identità di specifici oggetti, e come gli stessi insieme alla tecnologia che proponevano sono stati significanti nel tempo di una certa idea di progresso.
Miao Ying, per Surplus Intelligence, nuova produzione filmica nata da una riflessione sull’azione di collezionare nella società contemporanea, ha tratto spunto dalle collezioni del Museo Civico Medievale e altre testimonianze del Medioe-vo in città per dar vita a un’opera che mette in relazione forme di sorveglianza e influenza del passato, come il sistema di indulgenze con processi contemporanei di raccolta di dati.
Alexandra Pirici, infine, porta a Bologna una versione a due interpreti della performance Re-collection, che si struttura come una collezione “vivente” i cui oggetti sono trasformati in movimenti, senza etichette né bisogno di classifi-cazione. Opere d’arte reali e fittizie, frammenti di canzoni o poesie, oppure forme di vita reali e immaginarie sono ricordati attraverso i corpi, le voci e i movimenti dei performer.