«Non abbiamo sentito parlare della cosa dove mettere le cose, il contenitore della cosa contenuta. Questa è una storia nuova.»
– Ursula K. Le Guin, The Carrier Bag Theory of Fiction (1986)
Quando la scrittrice femminista di fantascienza Ursula K. Le Guin usa la metafora della sacca per suggerire forme alternative di narrazione, propone un’inversione di punti di vista per sottolineare ciò che le narrazioni universali hanno tralasciato. Invece di imprese eroiche, racconta le storie degli esseri umani, meno spettacolari ma altrettanto preziose, privilegiando la raccolta rispetto alla caccia, o la borsa da viaggio rispetto alla lancia. Questo spostamento simbolico di prospettiva è un buon punto di partenza per comprendere il lavoro dell’artista Alfredo Aceto. La mostra “Builders Supply” è uno spazio dalle molteplici potenzialità, come una cassetta degli attrezzi non convenzionale o un armadio dove le opere si rivelano portatrici di messaggi sovversivi e distorti.
La mostra ha origine nei negozi di edilizia fai-da-te. Dal 2015, l’artista ha sviluppato una fascinazione per questi ambienti mentre ristrutturava la casa dell’artista Paola Pivi in Alaska. Esposizione di una mascolinità stereotipata e luogo di approvvigionamento per artisti, artigiani e artigiani, questi negozi di forniture per costruttori diventano per Aceto fonti di riflessione e contemplazione.
Considerando gli strumenti necessari alla costruzione e alla distruzione come oggetti estetici e significanti, Aceto suggerisce un gioco di idee che porta lo spettatore a riconsiderare le loro presunte sfumature eteronormative. Questa è la sua tecnica preferita: sovvertire l’oggetto, staccarlo dalla sua funzione primaria per esporre un più ampio spettro di significati e simbologie. La tendenza metonimica a trasporre una parola o un’immagine per un’altra è alla base di gran parte del lavoro dell’artista. La mostra diventa quindi una sorta di esposizione volontaria e intima, come aprire l’anta del proprio guardaroba per svelare i propri oggetti preferiti ma anche le armature e i segreti.
L’opera Campanula si confronta con il corpo attraverso la sua verticalità. Realizzata in vetroresina, la scultura ha il potenziale di disturbare il vagabondaggio nello spazio attraverso l’eventuale attivazione delle sue piccole campane intarsiate. Con Tongue Twister, Aceto devia la sfera della costruzione verso quella del corpo. Fotografate sul cofano della sua Subaru bianca, queste immagini evocano un universo erotico e tradizionalmente maschile. L’artista assembla oggetti dalla consistenza viscida e dura come nature morte e vi versa sopra dell’olio motore unto, un liquido che feticizza per il suo fascino sofisticato e libidico. Ama anche le lingue, organi del gusto e del linguaggio, e la porta tra l’interno e l’esterno, che stratifica nelle immagini.
Le bocche compaiono frequentemente nell’opera di Aceto, suggerendo sia connotazioni sessuali che di espressione orale. In particolare, Bocca con pennello fa riferimento a esercizi di logopedia. Il pennello in bocca è quindi al servizio della comunicazione intelligibile piuttosto che della creatività pittorica. Affascinato da questi strumenti, Aceto li trasforma in sculture di bronzo, dipinte a olio – un’illusione ottica e un riferimento alla storia dell’arte canonica e all’arte alta, di cui le forme tradizionali di pittura e scultura sono emblemi.
L’ambivalenza tra contenitore e contenuto è espressa anche in Svuotatasche, che fa riferimento alle ciotole poste all’ingresso delle case per svuotare le tasche. Modellate al contrario, queste sculture rivelano gli attributi sociali che vengono indossati all’esterno e tirati fuori all’interno. Questo rapporto interno-esterno è onnipresente nel lavoro di Aceto, in particolare attraverso l’immagine dell’armadio come luogo dedicato agli effetti personali e alla segretezza, uno spazio non sociale legato alla conservazione e all’isolamento. Il chiuso diventa così metafora di un territorio in cui si negoziano questioni di sessualità e di genere e, per estensione, di identità. Nel suo testo “Epistemology of the Closet” (1990), la teorica queer Eve Kosofsky Sedgwick dimostra come la società condizioni e nasconda i desideri omosessuali attraverso l’immagine dell’armadio, eminentemente simbolica nella costruzione delle culture occidentali moderne.
Pertanto, l’armadio può essere visto da un lato come il contenitore dell’emancipazione intima e dall’altro come il deposito dei desideri oppressi. Aprendolo, ci si espone al mondo esterno. Tenendolo chiuso, si mantengono fantasie e un mondo proprio. Nella mostra, la dualità tra interno-esterno/ contenitore-contenuto è illustrata anche dalla figura della falena. Con Hummel, Aceto rende omaggio a questi piccoli insetti, noti per la loro masticazione delle strutture portanti. Che si tratti della termite per il legno o della falena per i vestiti, essi hanno la capacità di sconvolgere le fondamenta che li ospitano. Questa rivalutazione delle gerarchie è al centro del pezzo di abbigliamento, in cui la tarma prende possesso. Alla fine, il contenuto diventa il contenitore. La falena diventa la giacca.
Il ciclo è completato (proprio come il ciclo infinito di Copy-quick). “Builders Supply” riflette un fascino distinto per l’oggetto emancipato dalla sua funzione utilitaria. Nel negozio di bricolage, nella cassetta degli attrezzi o nell’armadio, gli oggetti sono disponibili in base ai propri desideri e alle proprie esigenze: sabotare le convenzioni, sbarazzarsi degli incarichi sociali, indossare i propri abiti migliori e toglierseli. “Builders Supply” consiste nell’entrare nell’armadio dell’artista, nelle sue molteplici versioni e nei suoi aneddoti. “È la storia che fa la differenza”, scrive Ursula K. Le Guin. Attraverso una serie di oggetti banali, Aceto parla di estetica ma anche di anti-normatività, anti-eroismo e di tutte quelle storie banali e complesse che ci abitano e ci definiscono.
– Camille Regli