Shahryar Nashat “Deeper and Deeper” Ordet / Milano

27 Marzo 2023

Nella sua prima mostra a Milano, Shahryar Nashat presenta una nuova installazione che incorpora liquidi viventi in dialogo con nuove sculture e lavori della sua serie di “meat objects”.

Nashat osserva i modi in cui il corpo è fonte di fascino, attrazione e tensione. Proprio come il desiderio ha la comprovata abitudine di proiettare qualità corporee su oggetti e artefatti, vedendoli come sostituti, così l’artista utilizza le tecnologie, sia digitali che analogiche, per creare lavori che estendono e sono pervasi da proprietà e implicazioni fisiche e biologiche.

Nello spazio centrale, Nashat ha collocato un gruppo di cinque vasche di vetro di varie dimensioni, ricoperte da strati di incrostazioni di sale, adagiate su materassi di gommapiuma macchiati dal tempo e segnati dall’esposizione alla luce e all’uso. Esse sono diventate l’habitat di un organismo che si fa pigmento: il colore apparentemente artificiale dell’acqua che riempie le vasche, raccolta nelle saline della Camargue e in cui, in un clima più mite, prolifera l’alga Dunaliella salina, è in effetti la manifestazione cromatica di una forma di sopravvivenza, fuori contesto e fuori stagione. Come per enfatizzare ulteriormente la salinità dell’acqua, lacrime umane sono state versate in questi ecosistemi traspiranti.

Anche le altre sculture in mostra sono tipi di contenitori. Tre frullatori monocromi stampati in 3D – totem per la generazione di prodotti nutrienti – e tre vassoi di plastica. La lucentezza della resina li fa sembrare bagnati, quando in realtà sono vuoti. Appaiono come ricordi, o presagi. Proprio il loro essere vuoti pone in primo piano la loro natura di polimeri stagnanti, fossilizzazioni di colore digitale. Recipienti per fluidi che sono evaporati o devono ancora condensare.

I nuovi “meat objects” in mostra fanno parte della serie di stampe a getto d’inchiostro imbrattate di gelatina acrilica, raffiguranti carne parzialmente avariata in quello che sembra lo stesso interno della gabbia toracica, patinati in superficie da ciò che sembra una secrezione organica.

L’iconografia del corpo più persistente nella civiltà occidentale, fatta a pezzi e allungata, tratta lo scioccante realismo della carne in decomposizione evocato da Holbein il Giovane come una traccia campionata.

Con stanze rivestite di pannelli laminati di formica e compensato a vista, il design della mostra amplifica le tensioni tra interno ed esterno, contenuto e contaminato, autentico e surrogato, rintracciabili all’interno delle opere.

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