Centrale Fies, il centro per le arti performative attivo a Drò, dedica una cura editoriale alla tematizzazione dei suoi programmi pubblici. Alla fine dell’estate, con “Enduring Love”, ha scelto un’espressione sentimentale.
L’affetto duraturo è quello di una pratica di curatela più che decennale che sostiene performer e compagnie. In parallelo a un’azione strutturale, Centrale Fies assume il modo effimero del flirt, stabilendo relazioni affettuose, secondo un’attitudine inconsueta nel panorama del lavoro culturale e dei suoi rapporti.
Tra i soggetti seduttivi, tra i partner di queste relazioni, c’è l’edificio, la struttura stessa: una centrale idroelettrica parzialmente dismessa dei primi anni del Novecento, oggi proprietà di Hydro Dolomiti Energia, con una strana apparenza gotica imposta agli spazi industriali. I locali tecnici una volta destinati alla manutenzione locale e costante delle turbine originali, sono ora teatri, spazi scenici, gallerie espositive.
Gli spazi di Centrale Fies stabiliscono una prima forma di archivio dei programmi pubblici degli anni precedenti e del lavoro condotto dagli artisti in residenza durante l’inverno. La Centrale assume il tono hauntologico degli edifici che sono vissuti con intensità stagionale differente e le sue sale – Turbine 1, Turbine 2, Forgia, Mezzelune, Comando – offrono una proiezione e la sovrapposizione di lavori che permangono negli ambienti in cui sono stati prodotti.
La strana capacità di registrazione dell’edificio lo associa ad altri meccanismi celibi. Nel romanzo di A. Bioy Casares L’invenzione di Morel (1940) un fuggitivo, in una condizione ambigua e non descritta, naufraga su un’isola dove appaiono delle figure dai comportamenti ciclici e rituali. Tra queste presenze, una donna, Faustine, osserva il tramonto ogni giorno da una scogliera. Il fuggitivo, che se ne innamora, vorrebbe esprimerle i suoi sentimenti, ma un fenomeno anomalo li tiene distanti. Esplorando l’isola, scopre un macchinario di registrazione e riproduzione del paesaggio e degli abitanti dell’isola, che funziona grazie alle maree. Il fuggitivo accetta così l’esistenza dei “nuovi tipi di fotografia” e impara come azionare la macchina, inserendo sé stesso nella registrazione così che sembri che lui e Faustine siano innamorati.
La fine dell’estate, il lavoro di anni prodotto in un luogo distante, la lente sentimentale, la capacità mnemotecnica di registrazione degli episodi culturali attraverso gli spazi dell’edificio; seguendo un tono malinconico, diverse azioni del programma mettono in scena degli archivi.
Gli Anni di Marco D’Agostin e Marta Ciappina riproduce in due direzioni un archivio intimo di oggetti e gesti e di filmini familiari, una narrazione parallela in cui una linea temporale interpreta l’altra. Il patto dell’oblio di Sergi Casero Nieto offre ancora un montaggio di due linee temporali indiziarie, una intima e familiare, una pubblica e politica, in un’indagine sulla costruzione di due censure, familiare e sociale, generate dal Franchismo. Lourdes di Emilia Verginelli è un’altra indagine e montaggio di campionature di archivi differenti attorno al paesaggio dell’apparizione mariana. Un percorso personale che confonde le pratiche dell’accertamento canonico, tecniche del pellegrinaggio, della devozione e dell’assistenza ai pellegrini apprese di persona in una azione dal vivo, con dei lievi slittamenti rispetto al tempo corrente, provocati da device e riprese imperfetti, a bassa definizione.
Seguendo l’analisi di un loro rapporto con Centrale Fies e quell’Oz tetro e sfolgorante che è l’edificio, i lavori offrono altre memorie, delle messe in scena precedenti in altri spazi della Centrale e dell’uso di differenti sistemi audio e video che ne aumentano la complessità. Il videoclip dei White Stripes di Dead Leaves And The Dirty Ground (2001) può offrire un diagramma della capacità di registrazione su più tracce che la Centrale offre anche a chi l’ha incontrata da poco. Nel video, il regista Michel Gondry sovrappone due giornate differenti, proiettando sulle pareti della casa le riprese della giornata precedente in modo che nel girato i due tempi siano leggibili insieme.
Secondo questa capacità di immagazzinare lavori e relazioni, è diventato quindi difficile separare alcuni autori dall’edificio. Filippo Andreatta con OHT, Elisa Di Liberato, Lorenzo Facchinelli e Mara Ferrieri con Mali Weil hanno trovato nella Centrale la struttura che poi li ha proiettati verso altre giaciture. L’attitudine alla complessità rimane il sentimento che accomuna i loro lavori e la Centrale. In Frankenstein, Filippo Andreatta isola il momento dell’esperimento riproponendone i diversi livelli a diversi ingrandimenti. Mali Weil in The mountain of Avdanced dreams prosegue gli episodi surreali della Scuola di Diplomazie Interspecie e Studi Licantropici e una ricerca ossianica decennale che avverte sullo stesso piano istinti e azioni di specie diverse e ora anche di momenti reali e onirici.
Per comprendere l’intensità delle relazioni che hanno prodotto un programma come “Enduring Love”, occorre spostare frequentemente l’attenzione dalla seduttività della Centrale alla sua capacità gestionale e produttiva. Le compagnie Anagoor (Ecloga XI) CollettivO CineticO (In a lansdscape, How to destroy your dance) e Sotterraneo (L’angelo della storia) sono supportate attraverso Fies Factory, incubatore artistico a lungo termine, attivato dal 2007 e seguito poi da altre forme di sostegno attivate da Centrale Fies per compagnie italiane, fellowship internazionali e free school (i progetti Live Works e Feminist Futures), co-produzioni tramite nuovi network dedicati a performer emergenti e passaggi di relazione e residenza (il progetto Fondo).
In particolare, con Alessandro Sciarroni la Centrale ha stabilito una lunga relazione di supporto e residenze, oltre ad aver lì allestito la sua prima personale fotografica. Questo testo non offre un regesto critico o un resoconto dei lavori presentati a “Enduring love”, questo testo è una prima interpretazione dell’azione sentimentale del board curatoriale e forse degli spazi stessi della Centrale. Questo testo è interessato a che i lavori di “Enduring Love” agiscano in un confronto che rivela i caratteri comuni di una relazione poliamorosa. In Save the last dance torna allora una sensibilità alla campionatura di tracce deperibili estratte da archivi popolari: una danza in via di estinzione che è stata ricodificata e resa ripetibile grazie a una serie di workshop che accompagnano l’azione dal vivo. Ancora un lavoro su due linee temporali, una apparentemente contemporanea, una accompagnata dall’audio originale come rivelazione del processo di restauro e ridefinizione.
Con Inevitabile Giulia Crispiani lavora su un formato già apparso in Centrale, in uno spazio e con un supporto differenti: voce su un editing dal vivo di tracce audio. Crispiani offre i termini appropriati alla necessità sentimentale del programma di quest’anno. La frase che chiude il suo lavoro è già stata ripresa più volte e qui viene lasciata sospesa.