La nuova mostra di Marco Giordano presso la galleria Umberto Di Marino, intitolata “Un—Shaped Breath”, combina installazioni scultoree, lavori a parete e opere su carta. Diversi materiali, dall’organico al sintetico e industriale, sono combinati per creare nuove possibilità di restituzione.
I nostri suoni attraversano l’aria, in una frizione perpetua e frammentazione tra corpi e movimenti. Scambiamo respiri e, attraverso un ascolto attento, possono emergere modalità alternative e diverse di comunicazione, non solo mentali ma anche sensoriali, attraverso la reciprocità e la partecipazione di esseri diversi.
La mostra si concentra sul linguaggio come una forza dinamica in relazione ai movimenti geologici, esplorando il concetto di disfluenza come una spontanea interruzione nel flusso del linguaggio. La disfluenza può essere profondamente interrelata con la discontinuità geologica e del terreno, risultando in tremori sismici e verbali, esitazioni, ripetizioni, prolungamenti, coaguli o revisioni. Il linguaggio, come fenomeno corporeo, coinvolge tutti gli enti espressivi, non solo gli esseri umani. La disfluenza sfida il concetto di flusso e fluidità come un punto di riferimento fisso e stabile, e interrompe la dominanza delle sequenze lineari e della funzionalità come unica logica produttiva, stabilendo un pensiero non lineare. Mette in moto le crepe della fluenza, ponendosi come alternativa per sanare la separazione tra l’umano e il non umano.
L’artista ha sviluppato una tecnica altamente sperimentale per le sculture, che coinvolge la fusione di rocce laviche espulse dal Monte Etna. Questo processo riflette sul movimento geologico dall’interno verso l’esterno della Terra, in relazione al movimento del linguaggio dall’interno verso l’esterno del corpo umano, aprendo vie alternative di comunicazione con il mondo non umano. Un’ installazione scultorea ellittica invita lo spettatore a entrare nell’opera cosi’ da essere circondato da formazioni geologiche che ripercorrono un’eruzione vulcanica. Una varietà di materiali, originariamente estratti e emersi dal terreno, sono stati ricomposti e organizzati in strutture legate, da confini porosi. I lavori a parete sono poemi visivi formati da lettere che si muovono e si scontrano sulla superficie, interrompendo la linearità delle parole e giocando con i confini del linguaggio, occupando lo spazio liminale tra di essi. Questo stimola un approccio alternativo all’atto di lettura, interrompendo la sua fluidità e automatismo, estendendo e rallentando il tempo e il linguaggio. Marco Giordano manifesta altre possibilità di relazione attraverso il linguaggio e la lettura disfluente. I lavori a parete sono realizzati utilizzando alluminio vetroresina, un materiale resistente adibito a scopi industriali per proteggere il corpo dalle alte temperature, e termoplastica, un materiale per la letteratura e la segnaletica stradale generalmente utilizzato come un sistema standard per indicare direzioni, corsie e velocità regolando il movimento umano sulle strade. Allo stesso modo, le opere su carta, che fanno parte della pratica quotidiana dell’artista, presentano pensieri personali e interessi di ricerca che si scontrano su una sorta di libro aperto. Un punto di attrito brilla. Si raffredda e si spacca, lasciando spazio per coltivare. Sconfinato, per potenziali connessioni.