Una stanza che diventa una cappella sospesa, in una luce fredda e bianca, pura, su un tappeto dal giallo zafferano milanese ma rivisto, spezzato da un taglio bianco di Lucio Fontana, su una parete d’acciaio spazzolato, nell’oro delle sue due uova dorate, che aspettano i riflessi degli specchi, dei marmi venati e delle bruciature a parete di Augustas Serapinas.
Una sospensione atemporale e mistica dove viene sublimata in un’eleganza dimenticata e futuribile, sintesi poetica della riapertura del negozio Gucci di via Montenapoleone. Una capsula del tempo che porta avanti e indietro, in un presente di scelte minimali e rigorose, senza pregiudizi, dai monocromi di Michael Rey alle trasparenze materiche di Herbert Hamak. Tutto è spinto ai confini dei materiali e della ricerca, e delle forme, ci racconta Truls Blaasmo, che ha costruito questa narrazione artistica, in dialogo attivo e continuo con Sabato De Sarno. Tra pezzi storici, giovani e giovanissimi. Senza fatiche, in un viaggio naturale e speciale. Dove tutto è così nuovo. Ed è così raro avere questa sensazione. È tutto così preciso. È deciso. L’esperienza dell’arte del nuovo store di Gucci è discreta, assoluta e intima, composta quanto esaltante. Prima tappa a Londra con l’apertura del nuovo store e della grande mostra Cosmos. Oggi Milano, in via Montenapoleone. Un percorso coerente e senza sbavature, millimetrico come il nuovo corso di Sabato De Sarno, che comincia ad imporre ed esporre in pochi mesi, con una discrezione d’altri tempi, una nuova metrica al brand. Entrato come si doveva fare, dopo tanta attesa e clamori sospesi, con sorriso e dolcezza di modi, e chiarezza di idee, ha rinnovato, ancora, e ancora, un grande brand. E questa è la potenza dei marchi che conservano una lunga storia di invenzioni e passione, che li porta dritti alla mitologia. Non è mai semplice agire con la storia, De Sarno la risemantizza con un nuovo immaginario. Che si capisce da queste prime uscite, ci accompagnerà come un classico, senza tempo e ispirato dal proprio tempo. L’arte è così un elemento strutturale di dialogo costante ed indagazione per il nuovo direttore creativo. L’arte è ovunque, e ispira e respira ovunque lo spazio con esperienze riprese da un passato sofisticato milanese come Franco Mazzuchelli o Getullio Alviani (che fece il primo logo di Flash Art nel 1970) fino al video di Adji Dieye con Cultural lost and learned by Heart: memory, un gioco di carte memory, metafora dei nostri tempi. Quali tempi? La moda, quando ha queste altezze e questa densità, e profondità, sa ancora ispirare, proporre, indagare, anche in mezzo alle giornate complesse che ci circondano, tra guerre e guerre, economie affaticate e grandi sfide sociali e umane. E l’arrivo di Alessio Vannetti, con un ruolo fondamentale, porterà ragionamenti. Mai scontati su questi temi. E stati di avanzamento su genere, inclusione, cultura. È solo un negozio, si dirà. È solo un marchio, si dirà. In realtà è un prisma attivo di quello che siamo e saremo. E lo sarà ancora, perché la moda è parte del nostro mondo assai complesso, e non è solo un accessorio.