Bellissimo il giardino:
qui dall’alto dello
scaléo di legno la pianura
della tela sessantasei
mi appare inutilmente
percorsa dai versi, dalle linee
dai colori accumulatasi fin qui
al centro della rotonda,
per i viali del labirinto.
Più facile tenersi
al piano di campagna
che lasciar fare alla pittura:
limiti inesistenti, assenza
di sintassi, passaporti, per la follia.
Bellissimo il giardino
invece, come cosa cui afferrarsi
quando la mano, il vuoto
bianco dall’alto in basso
ti diano la vertigine,
quando l’inquinata
officina dell’alchimia
ti costringa alla fuga.
Gianfranco Baruchello, 1989.
Pubblicato originariamente su Flash Art Italia n. 183 Aprile 1994
E tornando al “qui”, faremo insieme lo stesso, adoperando — per facilitare immaginazione e arbitrio — una specie di polimorfa autobiografia ricca di effimere terminologie e nomenclature inventate che ci consentano di percorrere le tracce di una possibile pittura (chiamiamola così). Tenendoci alla larga dai canoni tradizionali del gusto, della logica, della somiglianza troppo fedele al reale e dell’accademia astratta. Una pittura più adatta al racconto libero come può esserlo un film o un fumetto girato o scritto alla rovescia e che non debba per forza tendere a diventare il Grande Murale Rivoluzionario o il Vasto Affresco Storico completo di tutti i Volti-Che-Contano.
Sia perché Grandi Murali e Vasti Affreschi già abbondano e sia perché la società non ci fornisce ancora gratis tutto lo spazio necessario. Basta inoltre dare un’occhiata alla televisione per capire quali sono i limiti e il territorio che questa impone oggi alle arti figurative, analogamente a quanto ha fatto la fotografia nell’Ottocento.
Facciamo per prova e insieme, altri quadri “a parole” per minare la cultura e la comunicazione… rendiamoci disponibili a ipotesi che siano né scrittura né disegno ma contenuto diretto e spontaneo del SENTITO VIVERE, macchie che la spugna della mente può lasciare quando vogliamo e dove vogliamo, dove l’alfabeto si mescola con imprevisto ordine alla memoria al sogno al bisogno alla paura. Ecco il panorama davanti al quale recarsi “col cavalletto e i pennelli”: un assortimento di soggettività individuali espropriate e in corso di esproprio che scelgono rivolta e guerriglia per raccontarsi.
Chiameremo, a bassa voce, questa pittura: esercizi individuali anti potere.
Gianfranco Baruchello, 1978.