Simone Forti “Largo Argentina” Sant’Andrea De Scaphis / Roma di

di 15 Marzo 2024

Quando penso al mondo, sento modelli mentali di dinamica. Vedo quasi vortici di storie e tensioni che si formano nello spazio e si estendono attraverso il mio corpo. — Simone Forti

Artista, ballerina, coreografa, scrittrice. Simone Forti è una figura che trascende ogni confine ed è incompatibile con ogni forma di coercizione espressiva. Forti nasce a Firenze nel 1935 dai genitori Milka e Mario Forti. Il padre di Forti era di Prato, dove il nonno Beniamino fondò un’importante azienda tessile, mentre la madre era di origine ebraica dell’Europa orientale. L’Italia è sia il Paese che le ha dato i natali, sia quello da cui dovette fuggire contro la sua volontà. Nel 1938, la famiglia Forti emigrò a Los Angeles quando Mussolini salì al potere. Dopo studi illuminanti, prima con Anna Halprin a San Francisco e poi con Martha Graham e Robert Dunn a New York, e due matrimoni, con Robert Morris e Robert Whitman, Simone tornò in Italia nel 1968 e scelse di trascorrere del tempo a Roma.

In un momento in cui la scena artistica era in lutto per la morte di Pino Pascali, Forti apparve e entrò in contatto con Fabio Sargentini. Forti utilizzò lo spazio della galleria di Sargentini per sperimentare i suoi studi sul movimento e fu proprio la Galleria L’Attico ad ospitare la prima performance dell’artista, Sleep Walkers (aka Zoo Mantras), sviluppata dall’osservazione di animali allo zoo della città. Forti, vivendo nelle vicinanze, visitava spesso lo zoo per osservare i movimenti degli animali, sviluppando la consapevolezza che ogni movimento – compreso quello non umano – avesse una potenzialità meritevole di essere esplorata. Attraverso lo studio dei movimenti di oscillazione della testa degli animali in cattività e dei ritmi ripetitivi seguiti da orsi polari ed elefanti all’interno dei loro recinti, l’artista scompose e ripeté i loro diversi movimenti. Forti creò una partitura musicale del corpo con pause, intervalli e tempi definiti, riflettendo e indagando l’equilibrio tra prigionia e libertà.

Forti rimase affascinata anche dallo strano amalgamarsi di memoria e trauma che oscilla tra movimento e spazio confinato di Largo Argentina, un sito archeologico inaugurato nel 1929 da Mussolini. Al tempo delle visite di Forti, le rovine di antichi templi erano diventate una colonia naturale per i gatti selvatici per bighellonare, mangiare, uscire e riposare. Qui Simone ha scattato una serie di fotografie che nel 2012 ha scelto di presentare sotto forma di installazione, dove le immagini sono proiettate sotto forma di slide-show su un telo bianco mosso dal vento di un ventilatore che anima e dà vita sia alle foto che agli animali.

Forti ha sempre affrontato il proprio lavoro in termini di laboratorio e improvvisazione piuttosto che orientati agli oggetti. Di conseguenza, ha sempre considerato il proprio lavoro come una materia viva che poteva essere ripensata e rimodellata sia nelle sue potenzialità che nelle sue forme attuali. Forti ha iniziato a confrontarsi con il medium mostra nei primi anni 2000 rafforzando questo approccio, mescolando perfettamente discipline, intrecciando danza, coreografia e parola scritta. Questa deliberata fusione serve come un toccante promemoria che l’espressione artistica, per lei, non è limitata a un singolo medium, ma piuttosto a un’interazione dinamica di varie forme.

Un nuovo libro di poesie di Simone Forti, pubblicato da NERO, sarà presentato a conclusione della mostra; inoltre, al finissage, saranno diffuse nella chiesa tre canzoni cantate in italiano dall’artista dall’album “Al di là”. La scrittura è un’estensione della sua voce e il disegno è un’estensione del suo corpo. Tre poesie compongono questo nuovo libro in cui l’artista investiga il mondo esterno, scrutando e sondandone i dettagli: suoni, luci e movimenti. L’immobilità del suo corpo è controbilanciata dalla vivacità del suo sguardo e dal fervore della città di Los Angeles. Leggendo queste poesie, si procede con meraviglia tra ricordi quotidiani, memorie di vita, impegno civile, scorci di un mondo precario, la bellezza della natura, malinconia e la rabbia da vivere.

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Luca Lo Pinto