Al Museo Villa dei Cedri arte e natura s’intrecciano per disegnare un futuro sostenibile.
La mostra “Underground. Ecosistemi da esplorare” indaga l’interdipendenza tra esseri viventi esplorando il mondo dei funghi, in particolare il micelio e le sue funzioni. Opere uniche e site-specific traggono ispirazione dagli ecosistemi del sottosuolo per elaborare nuovi modelli creativi e di cooperazione sociale. Partendo da diversi approcci, i nove artisti in mostra costruiscono tracciati, riferimenti culturali e geografici, così come confronti visivi che si snodano dal Parco alla Villa.
L’intero progetto ha avuto come punto di partenza le riflessioni generate dalle precedenti esposizioni organizzate al Museo Villa dei Cedri e gli scambi tra le tre curatrici (Carole Haensler, Joana P. R. Neves e Luce Lebart) sulla fitta interdipendenza degli organismi del mondo naturale.
Nel suo sviluppo si è posto l’accento su quelli che proliferano, silenziosi e nascosti, nel sottosuolo, e in particolare sul micelio. Generalmente poco visibile, il micelio è composto da una rete di strutture filiformi, più o meno ramificate, chiamate ife, che si sviluppano nel terreno o nel substrato nutritivo, alla ricerca di nutrienti e acqua. Durante questo processo, possono interagire con le radici delle piante, formando una simbiosi benefica nota come micorriza. Le ife assorbono quindi i nutrienti necessari per la crescita del fungo e, allo stesso tempo, possono trasferire sostanze nutritive alle piante ospiti. Questa relazione simbiotica è vantaggiosa per entrambi gli organismi, in quanto il fungo riceve zuccheri prodotti dalla fotosintesi della pianta, mentre la pianta beneficia dell’aumento della capacità di assorbimento di acqua e nutrienti fornita dal micelio.
Alle curatrici e agli artisti internazionali coinvolti nella mostra, il confronto con il ciclo di vita dei funghi fornisce innumerevoli spunti di riflessione, che mettono in discussione anche il processo creativo e i relativi metodi di produzione delle opere d’arte, riconducendoli ai ritmi naturali. L’impatto dei progetti esposti e la loro durata nel tempo sono stati profondamente indagati dagli artisti, che hanno tratto dagli organismi vegetali non soltanto l’ispirazione per la concezione delle proprie opere, ma anche le materie prime per la loro realizzazione. L’artista svizzero Mirko Baselgia, ad esempio, ricava dal fungo Coprinus comatus l’inchiostro per la sua serie di disegni; Stephen Gill seppellisce le fotografie della serie Buried nel sottosuolo o inserisce nella macchina fotografica oggetti e creature per la realizzazione della serie Talking to Ants; Pepe Atocha lavora con la luce del sole e della luna nel mezzo dell’Amazzonia peruviana; Laurie Dall’Ava utilizza per una delle opere esposte un pigmento verde smeraldo di origine vegetale che, grazie alla lavorazione in laboratorio, conserva il suo colore e le sue proprietà farmacologiche senza che si degradi se esposto al calore o alla luce.