Xong: una disco-collezione da rumore bianco di

di 17 Febbraio 2025

Premessa

Prima di addentrarci nelle storie dell’etichetta discografica Xong, credo sia fondamentale una breve premessa su ciò che Xing è e quello che persegue dal 2000. Questo veloce preambolo non ha tanto l’intenzione di fornire al lettore una biografia dettagliata, bensì funziona da cornice iniziale per inquadrare al meglio la produzione musicale che Silvia Fanti e Daniele Gasparinetti (alias Xing) curano e distribuiscono dal 2021. Istituzione indipendente fondata dai due attuali direttori artistici insieme ad Andrea Lissoni, Xing è prima di tutto una rete di professionisti che interroga, sollecita e lascia fermentare da diversi anni un’indagine sulla multimedialità, sulle pratiche performative e le forme della sonorità. La costellazione di personaggi che gli appartiene è una comunità dislocata e temporanea, il cui palcoscenico è anche platea, uno spazio in espansione e in lenta esplosione. Xing è un luogo di co-abitazione di pubblici e artiste, compositori, performer, critici e intellettuali che da sempre ha avuto una programmazione in-strumentalizzabile composta di festival, settimane dedicate alle live arts e di “archivi privati” attraverso l’ospitalità di presentazioni di disco-nastri-digi-teche di conoscitori del suono. È da questa dimensione dell’archivio che vorrei partire, dalla necessità di “attualizzare” questa ricerca per descrivere questi quattro anni di release giunti quasi alla conclusione di un ciclo.

Il catalogo

Xong è una collana di “Musica-Non-Musica”: questa la breve definizione per i sedici vinili usciti di Xing, una descrizione che ne predilige e sottolinea una dimensione in potenza. “This is not a study. It is a manifesto for a peculiar conviction: that music remains to be discovered, that it is still hidden. That, nonetheless, it does sometimes appear, but most often incompletely and unevenly. And that what we have hitherto referred to as “music” is in fact only a preliminary, a prodrome. That all musics produced up until now have been nothing but simulacra, rituals to call music forth. This may sound crazy, and indeed unwelcome. But the sole concern of the following text will be to make this statement legible, understandable, and perhaps even to some extent acceptable.”1 Con queste parole François J. Bonnet – nel volume The music to come (2020) – enfatizza la dimensione metabolica a cui il suono continua a essere sottoposto, riecheggiando gli intenti di Xing.

Ma ora porgiamo le nostre orecchie alle micro-scene che compongono o comporranno questa collezione: Scene o gruppi, famiglie o comunità sono quelle che è possibile trascrivere dopo l’ascolto. Questi nuclei sono quanto è emerso nel corso di questi anni a partire da una lista di figure molto precisa, che ha potuto mettere insieme una storia multipla e una sperimentazione aperta. La comunità di Xong ci riporta a casa, ci invita a guardare alle collaborazioni pregresse, ma al contempo vive in uno stato doppio tra immersione e dissoluzione. Non è un gruppo organizzato, ogni disco ci mostra infatti un ritratto (monologo o conversazione del caso) e al contempo è un pezzo di una fotografia più grande, quella che disegna l’indole che nella sua indipendenza non vive nel sottosuolo, ma al contrario esprime un’in-inquadrabile attitudine.

Micro-scena uno: #vociarum o biblioteca delle voci per la documentazione del parlato per i posteri. Un affondo sull’attenzione, sul bisogno di rivalutare chi e che cosa stiamo ascoltando, se non in che modo – culturalmente parlando – ci mettiamo in ascolto. Considerato che, rispetto agli altri sensi, le orecchie non si possono volontariamente chiudere, è importante dunque considerare il portato politico di un’intonazione, di un verso, un calato o inflessione nella sua dimensione di cultura materiale. Quale testimone di incarnazioni, in AMAZOOM (XX16 – 2025) Luca Trevisani si dedica alla traduzione di tutte quelle oralità e rumori che non passano per degli apparati fonatori. Durante un viaggio nella foresta amazzonica, l’artista descrive i suoni che ascolta senza sapere cosa o chi siano. La collezione di testi che raggruppano questa giungla canora è un tentativo di risposta all’effetto che può creare una voce quando isolata da altri stimoli sensoriali. Sul lato A del vinile questi scritti vengono interpretati in una nuova composizione, sul lato B a ogni lettera di questo racconto viene associato un suono e, il brano da tastiera generato viene mixato con tutto quello che rappresenta l’environnement da scrivania: tasti della tastiera, sbuffi, sbadigli, rumori di una sedia che si muove, il caos. A imprimere il bisogno di spostare i limiti sociali e culturali che ci appartengono è anche la riproduzione di un seme che le scimmie nella foresta utilizzano per pettinarsi, che Trevisani decide di proporre, forato e inserito nel perno di un possibile giradischi, come elemento della limited edition. Anche Very cheap non-human animal imitations (XX05 – 2022) dell’artista Luciano Maggiore cerca una connessione imitando gli animali con i quali sente di poter avere una vicinanza timbrica in comune. Considerati i limiti dell’udito umano rispetto a qualsiasi altro animale, la scelta di dialogo post-umano con un mondo fuori di sé ci pone in una prospettiva che accorcia il confine tra le cose creando un omaggio a un futuro più fluido. Nella collezione di scene dedicata alla voce, rientra anche la ricerca che il compositore e artista sonoro Alessandro Bossetti conduce dal 2016. Si tratta di un atlas di voci, della “parola prima del dire”, dove FasFari (XX13 – 2024) rappresenta l’ultimo episodio di Plane Talea, un’indagine che interroga la fonazione e la sua corroborante imprevedibilità e continua generazione. La peculiarità di questa declinazione rispetto alle trentacinque precedenti è il suo essere completamente devota alla voce. Non sono presenti, dunque, altre fonti di suono se non le vocalità dei volontari che prestano il proprio timbro e le proprie parole, accettando così di lasciarle libere a possibili riconfigurazioni e accostamenti.

L’impossessamento della voce scritta di Marcello Maloberti da parte di Lydia Mancinelli genera una dimensione metastorica. La famosa attrice romana, compagna di una vita di Carmelo Bene, collabora per la prima volta con l’artista per creare un ritratto collettivo instancabile e veloce, scritto a penna sulla carta bianca. Potremmo (in una totale apertura) mettere per un secondo il punto di questa sezione dopo aver descritto la composizione di Francesco Cavaliere. I-A-K INTERPLANETARY-ABYSSAL-KITE (XX15 – 2024) non parla di voci, ma strane creature di vetro trasparente che appartengono a un qualche mondo là fuori. Elaborazione del progetto Abyssal Creatures, il disco raccoglie una musica di vetro fatta del materiale di queste sculture-creature ma anche dell’intoccabile rarefazione del suono.

Micro-scena due: #conversazione privata. Molte delle produzioni Xong esplicitano rapporti consolidati nel tempo o collaborazioni di natura più che amicale, familiare. “As a form of aurally-written page to be perceived through the phonograph, the record is able to amplify writing and reading. As the mechanical extension of the written research from the immobility and passivity of the printed page and restore to communication those qualities of spoken language which printing removes.”2 Queste parole di Germano Celant possono essere utilizzate per descrivere perfettamente il progetto Livre d’images sans images (XX10 – 2023), elaborato da Mette Edvarsen in collaborazione con la figlia Iben, nel quale a partire da una serie di novelle di Andersen dal titolo Dialoghi con la luna, le conversazioni tra le due assumono innumerevoli forme (disegno, registrazioni, testi, anche performati dal vivo, etc). Si tratta più che altro di un predisporsi insieme all’ascolto e alla registrazione (o meglio alla ‘cattura della presenza attraverso il suono’), dando spazio a suoni concreti che sfiorano lo zero acustico: porgere l’orecchio attraverso il muro della vicina mentre suona il pianoforte, registrare i pipistrelli nella notte o il suono dei pennarelli sulla carta, ma anche concetti e liste di immagini scambiati dalle due autrici. Potente e punk, è invece ONCE MORE (XX01 – 2021) di Kinkaleri e Jacopo Benassi. I due, che collaborano insieme dal 2017 da quando hanno realizzato No title yet, danno forma a una composizione afterlife del live shooting performativo fatto di corporeità e crudezza, luce-buio-flash. Doppio dialogo per l’artista Margherita Morgantin che con le sound makers e musiciste Ilaria Lemmo e Beatrice Goldoni compone COSMIC SILENCE 5, fluorescence 4 (XX06 – 2022). I due dialoghi esplicitati sui due lati del vinile appaiono quasi come due viaggi. Il primo, in una dimensione esistenziale-spettrale, è il risultato dell’esperimento VIP (Violation of the Pauli exclusion principle, 2020-21) realizzato all’interno dei Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso LNGS e parte del più ampio progetto di ricerca in cui l’artista si pone in relazione con immagini della fisica subnucleare e astroparticellare operando sopra e sotto la montagna del Gran Sasso. Il secondo è la ri-narrazione e ri-elaborazione di un viaggio solitario dell’artista da Milano a Porto, le cui registrazioni lo-fi dalla macchina disegnano una composizione emotiva fatta di vento metallico, rumore del mare e rombi di motore, scanditi dalla rilevazione chilometrica delle maniche a vento incontrate dall’artista lungo il percorso. Altre due collaborazioni consolidate da lungo tempo sono quelle tra Muna Mussie e Massimo Carozzi e tra Romeo Castellucci e Scott Gibbons. In quest’ultimo caso vediamo, alla pari del caso Kinkaleri/Jacopo Benassi, un tentativo di traduzione postuma dell’opera Il Terzo Reich (XX04 – 2022). Se nell’installazione lo sguardo veniva compresso su tutti i nomi degli oggetti della realtà in una sequenza in cui un ventesimo di secondo era il tempo commisurato alla capacità retinica, il tempo-suono dell’edizione su vinile – simbolicamente recuperato e riarrangiato a partire dalle trasmissioni della sonda Voyager 1 inviate dall’esterno del nostro sistema solare – porta a esperire attraverso un martellamento quasi ‘techno’, il senso di oppressione universale della nostra specie operato quotidianamente dalla ‘trasparenza totalitaria del linguaggio‘. Quasi simmetricamente, la ricerca di Muna Mussie e Massimo Carozzi approfondisce il tema dell’oblio collettivo e personale. Curva Cieca Oblio ኩርቫ ዕውር ምርሳዕ (XX12 – 2023) si compone di tre parti (Cieca, Curva e Oblio) in cui l’arte tessile e il ricamo attivano la memoria e la sua tattilità. Cieca apre il flusso sonoro attraverso una “break dance della parola” cedendo poi il passo a Curva, una fusione tra un frammento di musica Tigrinya e il ritmo tecnico-tecnologico di una macchina da cucire, chiude Oblio che nasce dal rituale collettivo di cucire parole su un tessuto.

Micro-scena tre: #transitorio. Un momento dedicato alle piccole e grandi situazioni complesse della vita, in cui ci lasciamo andare. Il cadere, la caduta sono omaggiate da Cesare Pietroiusti nell’opera sonora NEWTON (XX14 – 2024). Nel lato A del vinile confluiscono le registrazioni raccolte in circa due mesi attraverso un piccolo registratore portatile tenuto per lo più attaccato alla cinta dei pantaloni. Si tratta di un’analisi volontaria e involontaria, dalle mani cadono oggetti di tutti i tipi, le cosiddette ‘mani di ricotta’ che, come microtraumi del quotidiano, ci insegnano il bisogno di aderire e lasciarsi scivolare. A Circle of Grey (XX11 – 2023) di Valerio Tricoli è una composizione elettroacustica sulla fugacità e labilità, sul non colore, su ciò che possiamo stringere tra le nostre mani e ciò che appare inarrivabile. Nel campo acustico di Tricoli emerge un lavoro sulla profondità del suono, dove suoni rutilanti e al contempo aridi si compongono a formare una grammatica di suoni sintetici provenienti dal mondo, tanto ambigua da insinuarsi nella mente dell’ascoltatore. Seize the Means of Complexity (XX09 – 2023) dell’artista basco Mattin è un manifesto, un appello, un richiamo preoccupato su come i social media influenzino i nostri stati emotivi, una collezione di domande per trovare, insieme, una soluzione allo strazio da essi generato. Dalla portata quasi politica, la raccolta di registrazioni provenienti da Tik Tok e da Instagram, è un ritratto intangibile dei media globali, che ci invita a immaginarci al di là delle restrizioni capitalistiche messe in atto trasparentemente da queste tecnologie, e ci abbandona in uno stato paranoico di messa in discussione. In transito si pone anche Ehm di Canedicoda e Renato Grieco: una composizione in crescendo, un tentativo complesso e incerto di tracciare la tattilità del suono e la fermentazione di micro suoni come fondi d’ambiente, silenzio e rumore.

Micro-scena quattro: #theory. Riprendendo il titolo di uno scritto di Gianni Emilio Simonetti3: è possibile tradurre in suono una forma di “critica dell’orecchio”? Questa ultima sezione è un esperimento aperto. La figura militante e complessa di Giampiero Cane, critico musicale e docente, in Postfantamusicologia (XX03 – 2021) dà voce ai propri testi successivamente manipolati elettronicamente dalla compositrice Daniela Cattivelli. Il titolo recuperato da un trattato di filosofia musicale di Giuseppe Chiari, ci invita a percorrere nuovi percorsi di interpretazione. VERNASCACADABRA (XX08 – 2023) è un percorso-musicale che intreccia cultura vernacolare e pop realizzato da Invernomuto e dedicato allo strumento a fiato chiamato ocarina. Oltre agli utilizzi di natura folkloristica e in una serie di anime giapponesi degli anni Settanta, lo strumento è stato utilizzato a più riprese anche da figure di rilievo come Ennio Morricone e Duran Duran. Le composizioni sono un mix di repertori medievali, suoni di rituali arabeggianti immaginati, o di urban tribes taglienti, che tendono a incantesimarci. Si potrebbe descrivere come un tentativo aperto per un etnomusicologo di riconoscere tutte le tradizioni e gli immaginari generati dallo strumento in terracotta. In arrivo il progetto discografico di Michele Di Stefano dal titolo L’altro Hotel: una letteratura diaristica trasformata in un programma radiofonico di cui il coreografo è il conduttore nel quale finzione e realtà si uniscono in un atto di conversione che vede una raccolta di memo vocali personali convertiti in brani di musica ispirati alle teorie dell’ascolto selettivo.

Ma parliamo anche della comunità che viene o che verrà. Sono già in programma le prossime uscite che brevemente elenchiamo in ordine sparso: Silvia Costa e Claudio Rocchetti con Keyhole Mouth (in uscita a marzo 2025) pongono le cavità sonore, nella solitudine e nel pudore di stanze chiuse a chiave, come canale centrale attraverso il quale micro accadimenti e l’ambiente circostante vengono messi in relazione (nature morte o enigmi da decifrare?), Nico Vascellari continua la sua indagine dedicata alla comunicazione non verbale esplorata nella recente performance Alessio (Palazzo Vecchio, Firenze 2023; Haus der Kunst, Münich 2024), poi anche Elvin Brandhi, con OWsT (in uscita ad aprile 2025), “tentativo vociferante, rumoroso e chiaro, di Urlare Fuori Il Sè”, e infine Luca Vitone che chiuderà la collezione.

Ultima retromarcia: la geografia si scompone e ricompone. Le scene o gruppi, famiglie o comunità possono essere ricollocati o affiancati a nuove potenziali scene di senso. La “catalogazione” non è finita, il catalogo di Xong è caratterizzato da tutti i toni possibili nello spettro sonoro.

Note tecniche

Ogni disco si compone di un vinile bianco con un design che riunisce cromaticamente, grazie alla costa dell’album, la cromia del logo della casa discografica. La cover è solitamente selezionata o creata dall’artista e la tiratura di ciascun disco non supera le 150 copie (di cui alcuni titoli già esauriti e ristampati), di cui una trentina sono edizioni speciali pensate per il collezionismo. Come ha indicato Daniele Gasparinetti per descrivere tutti gli eventi di Xing, anche il disco è un display o impaginazione.

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Lisa Andreani