Jorge Pardo “Zweigstelle Capitain VIII” Galerie Gisela Capitain / Napoli di

di 22 Ottobre 2025

Le combinazioni possiedono una forza propria, non sono semplici accostamenti, ma relazioni atte a generare nuove possibilità creando spazi in cui elementi diversi, non limitandosi a coesistere, producono un campo ulteriore, un terreno di esperienze che mette in discussione ciò che conosciamo e il modo in cui lo percepiamo.

In questo senso il dialogo tra Napoli, la galleria di Gisela Capitain e il lavoro di Jorge Pardo si presenta come una convergenza estremamente produttiva, poiché ciascuno di questi tre poli porta con sé un patrimonio culturale e simbolico distinto e, nel loro intreccio, si attiva un processo di trasformazione reciproca. Napoli — città di strati, contrasti e continue rigenerazioni — offre il perfetto contesto per ridefinire la percezione e restituire all’arte un vigore che altrove tende ad attenuarsi.
La mostra di Jorge Pardo per Zweigstelle VIII, allestita a Palazzo Degas, sede napoletana della Galleria Gisela Capitain, nasce da questa dinamica di scambio, in cui Capitain — figura di riferimento della scena internazionale da quasi quarant’anni — rinnova con Pardo una collaborazione di lunga durata, proponendo una lettura che nella cornice del mediterraneo assume una risonanza apparentemente inattesa.

Nelle sue mostre l’artista statunitense, cubano di nascita, supera i confini tra pittura, scultura, design e architettura, elaborando un linguaggio in cui tecniche e materiali si contaminano in modo coerente e fluido; la pratica si fonda su un metodo che alterna rigore e casualità, tecnologia e gesto manuale, mantenendo costante la tensione tra concezione e risultato.
Le grandi pitture in mostra derivano da un processo ibrido di elaborazione digitale e intervento diretto sulla superficie, dove immagini tratte da un ampio archivio — con riferimenti che spaziano dalla storia dell’arte del XIX secolo a motivi ricorrenti delle sue opere precedenti — vengono rielaborate e stratificate in composizioni complesse. Le superfici, incise al laser e completate con segni e campiture manuali, raggiungono un equilibrio misurato tra controllo e libertà.

In alcune opere sottili linee in foglia d’oro appaiono allo sguardo come intervalli di luce, che introducono ritmo e profondità; l’oro agisce al tempo stesso quale elemento di separazione e connessione, riflettendo e trasformando la luce naturale in un movimento percettivo continuo che dà vita a una visione dinamica, attraversata da vibrazioni e interferenze capaci di ampliare le possibilità di lettura. I lavori su carta hanno un sapore più intimo e, pur impiegando materiali affini, si sviluppano con un ritmo piuttosto lento e riflessivo, proponendo una dimensione mentale in cui il linguaggio dell’artista viene da questi osservato, ricomposto. A completare la mostra, un “oggetto” tipico nella produzione di Pardo: una serie di lampade in ceramica nella cui struttura è stato introdotto l’oro, conferendo alle superfici un carattere distintivo che modifica con discrezione la qualità della luce; il bagliore che ne deriva è morbido ma deciso, capace di rimodellare la percezione del luogo e instaurare un dialogo sensibile tra materia e luminosità.

L’interesse di Pardo più che concentrarsi sul risultato finale, è legato al processo che lo genera: i suoi lavori sono architetture aperte, in cui ogni decisione diventa parte di un percorso che tiene insieme metodo e imprevisto, e proprio da questa dialettica — tra rigore e intuizione — si origina l’energia del suo codice visivo.

Nel suo complesso, la mostra napoletana chiarisce gli intrecci di un percorso artistico che fonda i propri principi sulla combinazione e sulla trasformazione: in dialogo con la città e con la visione di Gisela Capitain, il lavoro di Jorge Pardo si dispiega come una costruzione di relazioni — tra immagine e oggetto, luce e superficie, memoria e invenzione.

A Napoli la sua opera acquisisce, quindi, il carattere dell’atto sociale, laddove luce, colore e teatralità — elementi centrali del suo linguaggio — dialogano con l’energia di una città in cui questi stessi ingredienti sono consapevolmente adottati nella vita quotidiana e determinano le relazioni tra le persone.

Altri articoli di

Gigiotto Del Vecchio