Riar Rizaldi “Fanfictie” Almanac / Torino

17 Novembre 2025

In occasione della mostra personale “Fanfictie” di Riar Rizaldi, presso Almanac, Flash Art Italia propone il testo che accompagna il percorso espositivo.

 

La pratica artistica di Riar Rizaldi indaga le relazioni tra scienza, tecnologia e finzione attraverso la costruzione di narrazioni speculative. I suoi video e installazioni esplorano come i sistemi di conoscenza e le credenze plasmano la comprensione umana del mondo e come si intrecciano nella nostra vita sociale e culturale.

Per la sua prima mostra personale in Italia, a seguito di una residenza da Almanac nel 2024, Rizaldi presenta il primo capitolo di “Fanfictie”, una trilogia di opere video che esamina l’attività scientifica coloniale in Indonesia tra il XVIII e il XIX secolo. Questa nuova serie esplora il modo in cui la scienza occidentale ha cercato di significare il mondo osservando i paesaggi e le popolazioni di un arcipelago tropicale ricco di vulcani, inquieti spiriti ancestrali, un oceano impetuoso e complesse storie di migrazione tra isole.

Fanfictie: Volcanology è incentrato sulla vulcanologia, introdotta attraverso il lavoro del geologo olandese Franz Wilhelm Junghuhn, e su come le sue teorie si sono scontrate con la concezione locale dei vulcani.
In questa installazione video, Junghuhn appare come un simbolo della scienza coloniale, incarnando l’attrito tra diverse interpretazioni della realtà e il potenziale radicale e poetico che può nascere dall’incontro con altre modalità di concepire il mondo naturale.
Nel video, Rizaldi indaga e sviluppa l’approccio naturalista di Junghuhn. Il pensiero dello studioso olandese rasenta una forma di pandeismo nel sostenere che Dio esiste in tutte le cose. Credeva infatti che la natura stessa fosse la “fonte di tutte le verità” e l’unica “manifestazione del divino”, una convinzione che trovava riscontro nel misticismo giavanese. La sua ricerca della conoscenza richiedeva non solo osservazione, ma immersione: per comprendere la natura, bisognava diventare parte di essa.

Nel lavoro di Rizaldi, questa sovrapposizione di visioni del mondo – in cui il razionalismo scientifico occidentale collassa nell’incontro spirituale e religioso – si dispiega in una scena grottesca e allucinatoria in cui, all’interno di un vulcano, un alter ego indonesiano di Junghuhn divora l’icona di un vulcano. Il video immagina un processo in cui il simbolo vulcanico non solo viene osservato, ma anche assorbito, ingerito e metabolizzato. La conoscenza qui diventa un atto corporeo, la digestione della sostanza materiale e simbolica del mondo.
In Fanfictie: Volcanology, l’iconofagia, ovvero l’ingestione di immagini come veicolo di contatto e guarigione spirituale, diventa una metafora della fusione metabolica tra immagine, corpo e natura. Per comprenderla occorre andare oltre la ragione o l’esperienza sensoriale.
L’installazione invita gli spettatori in uno spazio oscuro e avvolto dalla nebbia, dove sui muri emergono alcuni dettagli delle litografie di Junghuhn raffiguranti paesaggi indonesiani che mescolano romanticismo e osservazione naturalistica coloniale.
L’interesse di Rizaldi per la produzione di conoscenza, il pensiero cosmologico e la costruzione di mondi si estende alla sua pratica filmica, dove la finzione e lo stesso mezzo cinematografico vengono spesso esposti o rivelati allo spettatore. Gli oggetti di scena utilizzati per creare l’icona carnosa divorata da Junghuhn riappaiono nello spazio espositivo come sculture, riecheggiando la presenza di figure del teatro d’ombre Wayang, le cui performance, nella tradizione giavanese, iniziano e finiscono spesso con il Gunungan. Questo elemento teatrale, il cui nome significa “montagna”, può anche segnalare una rivelazione o uno spostamento spazio-temporale nella scena. Il vulcano è l’alfa e l’omega di tutte le storie.

Questi elementi sfumano il confine tra film e installazione, narrazione ed esposizione, evidenziando la performatività della creazione di mondi. Questa dimensione metalinguistica richiama la relazione tra teatro e teoria, entrambi derivanti dalla radice greca thea, che significa “spettacolo” o “visione”, e dal verbo theorein, “osservare” o “contemplare”. La loro etimologia comune rivela un profondo legame tra l’atto del vedere e la ricerca della comprensione, che passa attraverso la fabbricazione, la finzione.

La mostra e la nuova produzione sono il risultato di un dialogo tra Almanac e Rizaldi iniziato nel 2024 con una residenza in Italia, tra Stromboli, Napoli e Torino, dove negli archivi del Museo di Antropologia ed Etnografia ha studiato le marionette wayang golek e wayang kulit di origine giavanese che hanno ispirato direttamente alcuni elementi dell’installazione video.

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