Per la prima volta in Italia la Fondazione Antonio Dalle Nogare ospita “FROM B TO E AND MORE”, una mostra esaustiva di Charlotte Posenenske, a cura di Vincenzo De Bellis. Posenenske è stata un’attenta studiosa della situazione artistica ed economica della sua generazione raggiungendo una posizione critica definitiva: per reazione alla dilagante deriva capitalista del sistema dell’arte, abbandona la propria ricerca a favore della sociologia e dell’impegno sindacale. Sin dagli anni della formazione accademica, l’artista si rivolge a tutte quelle esperienze non solo pittoriche che esplorano il rapporto tra spazio, tempo e materia di una precisa superficie. Le prime opere risalenti alla fine degli anni ‘50 rivelano attenzione e dialogo con tendenze contemporanee quali l’Informale e l’Espressionismo Astratto.
Negli anni Sessanta invece Posenenske riduce al minimo l’uso delle 14 cromie e delle forme su un supporto rifiutando qualsiasi rapporto con una realtà che diviene immateriale ed astratta. I diciassette disegni presenti in mostra testimoniano questa sua ferma volontà di sintesi e di riduzione a favore di un’indipendenza dal riferimento concreto.
La standardizzazione di forme facilmente riproducibili e ricollegabili a moduli standardizzati (come nella ripetitiva serialità industriale) è sempre più necessaria insieme all’avversione per la presenza egoica e vanitosa tipica dell’artista. Tempi, modi e linguaggi scelti da Posenenske risultano volutamente radicali, intrisi di un’intensa critica verso l’autoritarismo dell’economia artistica, e coscientemente
15 distaccati dalle imposizioni gerarchiche. Sempre a partire dalle opere su carta presenti in mostra si evince la messa in discussione del concetto di spazio alla luce della sua espansione, così come nelle cinque composizioni scultoree realizzate in cicli e composte dai rilievi delle serie “A”, “B” e “C”, nei tubi quadrati delle serie “D” e “DW”, e nelle ali rotanti della serie “E”. Un aspetto fondamentale della sua ricerca è la consuetudine alle forme geometriche e alla loro realizzazione industriale in moduli legata ai bassi costi di produzione che permettono a questi corpi scultorei di allargarsi, combinarsi, strutturarsi in rapporto alle variabili spaziali. Queste sculture si definiscono in quanto elementi “liberi” pronti ad adattarsi all’ambiente in cui sono collocate, ciascuna assemblata in uno schema di possibilità diverso e funzionale al contesto che diviene soggetto stesso dell’intervento. Le combinazioni di questi moduli riproducibili e riorganizzabili al variare dei presupposti collaterali, in questo caso specifico sono state studiate per lo spazio della Fondazione che le ospita.
La riduzione della funzione e l’ambiguità della definizione identitaria di queste installazioni diventano per l’artista il pretesto per effettuare uno svuotamento del valore artistico che finisce per lasciarle sospese tra ripetizione modulare, produzione industriale e oggetto plastico anonimo. Non a caso, a partire dal 1968, Posenenske sceglie di non essere più artista, non avendo più fiducia nel potere dell’arte di influenzare l’interazione sociale o di attirare l’attenzione sulle disuguaglianze non solo culturali. Diviene quindi sociologa fino alla morte avvenuta nel 1985, affermandosi come specialista in occupazione e processi del lavoro industriale. Posenenske comprende come la vera realizzazione del suo ruolo di artista, come anche la defunzionalizzazione degli oggetti realizzati, si possa ottenere solo tramite un antagonismo verso il proprio operato. Come sostiene anche Gilles Deleuze in Ripetizione e Differenza pubblicato nel 1968 (e tradotto in Italia solo nel 1971), l’originalità non appartiene più all’unicità bensì alla capacità di modulare una precisa “creatività” tramite il processo della ripetizione dei contenuti. Imperniare le radici della sua analisi al comparto industriale, permetteva all’artista di confrontarsi con una lunga serie di urgenze socio economiche e politiche affacciatesi in modo preponderante in quel periodo storico e oggi ancora così attuali.