Maurizio Cattelan: Elad, ti ho appena incontrato in occasione della tua prima mostra da Massimo De Carlo. Come è andata?
Elad Lassry: È stata veramente una bella esperienza trascorrere un po’ di tempo in Italia. Ho presentato un nuovo film e una serie di immagini su cui ho lavorato nell’ultimo anno. La mostra, in generale, è in linea con il mio lavoro; si potrebbe definire un mix fra le fotografie realizzate in studio e quelle che risultano dai negativi e dalle immagini che erano già in circolazione.
MC: È importante che i tuoi film e le tue fotografie vengano allestiti insieme?
EL: Nel passato, è accaduto qualche volta che i film e le fotografie fossero in mostre diverse. Il Whitney Museum e l’Art Institute of Chicago hanno presentato in una black box delle proiezioni leggermente più larghe: erano scelte curatoriali pensate appositamente per questi film, ma in quest’ultimo lavoro è importante che i film mantengano le stesse proporzioni e le stesse condizioni di luce delle fotografie.
MC: Ci puoi raccontare qualcosa del tuo nuovo film? Qual è l’idea di base?
EL: Questo film si rifà a uno precedente, Passacaglia (1938), che narra la storia della coreografa americana Doris Humphrey e che nel 1966 fu mandato in onda sulla National Educational Television. Come in molti dei miei film, anche in questo lavoro ho rivisitato le tecniche utilizzate per documentare e mediare quella storica performance di danza. Le angolature della camera che ho utilizzato si basano sui diagrammi di Humphrey e sulla sua teoria delle “diagonali invisibili” che creano la struttura del palcoscenico su cui si esibiva.
MC: Pensi che i tuoi film e le tue immagini siano belli?
EL: Credo che non sia così facile guardare le mie fotografie. Descrivendo la mia mostra alla Kunsthalle Zürich nel comunicato stampa si sottolineava quanto fossero irritanti, e penso che in generale questa sia una delle loro caratteristiche più accattivanti.
MC: Ma talvolta trovo che il tuo lavoro sia anche molto divertente. Credi che esprima un certo humour?
EL: Molte volte quello che trovo divertente io non lo è necessariamente per gli altri, e viceversa. Anche se riesco a capire il perché alcuni scorgono nel mio lavoro degli aspetti umoristici, non cerco di essere divertente. L’umorismo pervade gran parte del mondo, non so se nel mio lavoro ci sia abbastanza spazio per esso.
MC: Capisco cosa vuoi dire, Elad; ma in genere a cosa ti ispiri? Guardi in modo particolare alcuni programmi televisivi o film?
EL: Questa domanda mi è già stata fatta in passato. No, non guardo la televisione. Dato che non ne ho avuta una per anni, mi sono informato su certe attrici e certi attori attraverso altri mezzi di comunicazione. Di solito so molto poco delle caratteristiche professionali di chi lavorerà nei miei film. Immagino che si crei una sorta di rapporto con le condizioni intrinseche del cinema, piuttosto che con qualsiasi cosa che abbia a che fare con una data attrice o un dato attore che ha avuto esperienza in un film specifico o in un programma televisivo. È importante che loro si adattino perfettamente allo scopo dell’immagine.
MC: Vorrei chiederti qualcosa sugli animali, ma non so come farlo.
EL: Hai visto qualcuno dei video più recenti di William Wegman?
MC: No, non molti. Comunque vorrei saperne di più sui tuoi animali, quanti ne hai?
EL: Ho due Poodles neri di taglia media, Carter e Jessica; un Chihuahua di nome Tuna e Judd, un gatto persiano.
MC: Pensi che sia importante essere un amante degli animali? Mi sembra che gli artisti abbiano una notevole sensibilità nei loro confronti.
EL: Sì, in effetti non capisco come si possa vivere senza di loro né come gli animali possano essere irrilevanti nell’esistenza di qualcuno. Penso che siano affascinanti tanto quanto gli umani.
MC: Hai mai preso in considerazione l’idea di fare il ritratto dei tuoi animali?
EL: Tutte le mie fotografie si basano su immagini preesistenti. Per me sarebbe difficile giustificare un’immagine che ha la pretesa di essere originale. Se avessi bisogno di ricreare l’immagine di due Poodle, utilizzerei dei cani ammaestrati. L’aspetto ready made dei cani che sono stati educati a stare di fronte all’obiettivo per me è uno dei più intriganti. Comunque, uno dei miei Poodle è veramente maleducato.
MC: I tuoi animali ti danno qualcosa in più rispetto al tuo essere artista?
EL: La routine di prendermi cura di loro mi dà un senso di rifugio rispetto al mondo esterno.
MC: Mi sembra che ti stanchi facilmente. Pensi che le richieste che ti vengono fatte a volte siano un po’ troppo? Credo che questo sia un aspetto che ha a che vedere con tutti noi in modo individuale. Sei stanco?
EL: Non lo sono, nel senso che non ho bisogno di dormire, ma forse sarebbe carino fare una pausa.
MC: Va bene, cosa facciamo?
MC: Elad, perché hai deciso di vivere a Los Angeles invece di un posto più esotico o affascinante?
EL: Ho una routine molto rigida e l’atmosfera rilassata di LA è la più adatta al mio lavoro attualmente. Questo aspetto della città infatti fa da contraltare alle mie nevrosi, è un luogo facile dove riuscire a raggiungere un certo equilibrio fra l’essere isolati e la voglia di socialità. Anche se mi sto accorgendo che non è semplice spostarsi da qui per viaggiare regolarmente, perché Los Angeles è molto lontana dal resto del mondo.
MC: Sei soddisfatto da un punto di vista intellettuale.
EL: Sì, ho un ristretto circolo di amici e di persone alle quali voglio bene.
MC: Anche loro artisti?
EL: Sì, la maggior parte di loro sono artisti e scrittori con cui sono andato insieme a scuola o persone che in qualche modo hanno influenzato il mio lavoro. Ma mi trovo a mio agio anche con chi incontro al parco dove porto i cani.
MC: Hai trentatré anni, ti senti vecchio?
EL: Di recente mia madre in Israele mi ha detto che lo sono sempre stato, fin da quando ero un bambino…
MC: Allora forse sei già un artista maturo? In effetti mi sembri leggermente più vecchio di quanto mi aspettassi.
EL: Ho sempre preferito la compagnia delle persone più grandi. Mi ricordo che da bambino mi sentivo leggermente più vecchio dei miei coetanei, che chiedevano di avere le caramelle, mentre io volevo sempre la frutta secca.
MC: Prima di incontrarti avevo un’idea diversa del tuo aspetto.
EL: Sei deluso ora che mi hai conosciuto?
MC: No per nulla, e tu? Deludi mai te stesso?
EL: Di solito no. Anche se comunque ormai ho raggiunto una notevole confidenza con il mio lavoro, nutro sempre qualche dubbio, e credo che sia naturale. Sono scettico nei confronti di certi giovani artisti che non hanno tentennamenti a un certo livello.
MC: Potresti descrivermi cosa provi ora che siamo arrivati quasi alla fine dell’intervista?
EL: Mi chiedo perché mi hai invitato.
MC: Perché trovo il tuo lavoro interessante.
EL: Mi puoi spiegare un po’ meglio?
MC: La prima volta che ho visto le tue fotografie è stato al New Museum di New York, in occasione della mostra “Younger Than Jesus” e ho pensato che fossero tutte indeterminate e con alcune impostazioni peculiari. Quindi sapevo che avremmo potuto discutere della loro origine e di cosa ti spinge a realizzarle in questo modo.
EL: È qualcosa che ha a che fare con le fotografie che un tempo si erano esaurite. Quando faccio le mie ricerche in studio cerco di immaginare come certe immagini potrebbero essere riutilizzate in modo da avere la loro originale funzione. In genere sono immagini che sembrano avere esaurito la loro funzione, ma io voglio capire se vale la pena rivisitarle.
MC: Ricordo che mi sono sentito leggermente smarrito quando le ho viste per la prima volta.
EL: Che cosa intendi?
MC: Preferirei parlare di qualcos’altro.