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14 Marzo 2017, 12:23 pm CET

Eugenia Vanni di Daniela Ambrosio

di Daniela Ambrosio 14 Marzo 2017
Repetition is Competition (2009). Still da video. Courtesy Galleria Riccardo Crespi, Milano.
Repetition is Competition (2009). Still da video. Courtesy Galleria Riccardo Crespi, Milano.
Repetition is Competition (2009). Still da video.
Courtesy Galleria Riccardo Crespi, Milano.

Daniela Ambrosio: Di recente hai affermato che fare funzionare l’opera è parte fondamentale della tua ricerca. Cosa significa?

Eugenia Vanni: Le tecniche artistiche non sono più mezzi di rappresentazione, ma vogliono essere fisicamente utili. I miei lavori si trovano a metà strada tra il progetto e la sua realizzazione, quindi ogni opera nasce con l’idea di un’applicazione fisica. Nel processo di realizzazione, però, essa si avvicina a un fallimento, finché il lavoro non trova altre soluzioni di sopravvivenza. In questo senso, le opere “devono” funzionare e avere un utilizzo pratico.

DA: Osservando i tuoi lavori, sembrerebbe che l’arte possa, in un certo senso, fungere da “protesi” per facilitare la comprensione del mondo. Tuttavia, a volte tale impresa sembra impedita dalla presenza di ostacoli (onde insidiose, distanze inarrivabili, ecc.), come nel caso dei trampoli Mediterranei (2009). Allo stesso modo, la pratica del disegno spesso incontra la riluttanza di certi materiali — per esempio la gomma —, che oppongono resistenza rifiutando di trattenere la grafite. Potremmo parlare di “fallimento” nei confronti dell’opera?

EV: Mi piace rimettere in discussione il concetto di disegno come tecnica artistica, considerandolo invece come una qualsiasi attitudine pratica. In questo caso, è come se l’artista trovasse nel disegno le stesse difficoltà e resistenze sperimentate con le altre discipline. Il fallimento nei confronti dell’opera è in realtà uno sforzo, lo stesso che proviamo nella vita quotidiana rispetto alle cose che ci sono oscure. Tuttavia, è proprio quando non conosciamo una disciplina che sviluppiamo attitudini per conquistarla.

Il mio rapporto con la scultura, invece, è frutto della mia parziale conoscenza di alcune discipline rispetto a un’intenzione, quindi in questo caso parlerei di “approssimazione per eccesso”.

DA: Il tuo approccio all’arte è molto fisico, come se la manualità fosse un elemento indispensabile al tuo lavoro. Puoi spiegarmi il perché di questa scelta?

EV: Tutta la mia ricerca si basa  sul concetto di conoscenza nei confronti di ogni genere di disciplina o attitudine umana; ogni volta che mi metto al lavoro cerco di scoprire le mie capacità. Nella vita quotidiana, abbiamo continuamente a che fare con oggetti costruiti da altri, che utilizziamo spesso senza conoscerne realmente il funzionamento: questo aspetto mi fa sentire inerme. È una sensazione che cerco di evitare quando lavoro: uno degli elementi fondamentali della mia ricerca è proprio l’indagine attorno alla natura degli oggetti e al loro funzionamento.

DA: Quali sono i tuoi prossimi progetti?

EV: La trasformazione di alcuni progetti cartacei in grandi sculture.                      

Daniela Ambrosio è assistente alla redazione di Flash Art. Vive e lavora a Milano.

Eugenia Vanni è nata a Siena nel 1980. Vive e lavora tra Siena e Milano.

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